Hanno collaborato alla stesura dell’articolo: Giovanna Giuliano, Paolo Raciti e Paloma Vivaldi Vera, ricercatori Struttura Inclusione Sociale INAPP. (Scopri di più su: WelForum.it)

Cos’è MACAD?

Da ormai molti anni si è sviluppata sia a livello scientifico che, in alcuni paesi, anche a livello istituzionale una sensibilità sempre maggiore nell’interpretare la povertà come fenomeno multidimensionale, ancorato dunque non solo alla componente reddituale ma anche ad altri aspetti della vita quotidiana delle persone. Molti sono gli esempi cui poter fare riferimento sia a livello internazionale, con il lavoro portato avanti da OPHI (Oxford Poverty and Human development Initiative) coordinata da Sabine Alkire, sia a livello nazionale con il progetto BES dell’ISTAT, sia, infine, con esperienze regionali/locali come il caso dell’Indice di Deprivazione Multipla della Regione Sardegna.

La ricchezza informativa dell’approccio multidimensionale ha ovviamente, come contraltare, la maggiore complessità nella misurazione del fenomeno nonché molteplici implicazioni in termini di policy. Rispetto alla prima questione domande da porsi sono notoriamente: quali dimensioni scegliere? Come misurarle? Pesano tutte alla stessa maniera? A quale livello territoriale è necessario spingersi? Riguardo alle conseguenze in termini di policy, la prospettiva multidimensionale prevede che la risposta in termini di policy/di intervento pubblico sia (o debba essere) anch’essa multidimensionale: aumentare il reddito di una famiglia in condizioni di bisogno non è detto sia risposta sufficiente se, ad esempio, tale reddito è acquisito tramite un’attività lavorativa che incide negativamente sugli equilibri familiari o, ancora, se il reddito percepito, anche con schemi di reddito minimo, di fatto, non permette al nucleo di superare la soglia di povertà assoluta (come succede nella gran parte dei paesi europei, vedi Busilacchi 2015.

E’ in questo spazio ampio di riflessione teorica ed empirica che nasce e si sviluppa il modello di analisi della deprivazione in prospettiva multidimensionale denominato Multidimensional Analysis of Capability Deprivation (MACaD). Tale modello, elaborato e sviluppato da un gruppo di ricerca multidisciplinare dell’ISFOL (oggi INAPP), assume come orizzonte teorico di riferimento il Capabilty Approach ideato e sviluppato da A. Sen e M. Nussbaum. Secondo tale framework teorico la povertà può essere intesa come deprivazioni in termini di capabilities, dove l’espressione capability assume il significato alto di reale potenzialità di scelta che un individuo possiede con riferimento ad un insieme (finito) di stati di essere e di fare: abitare una casa non significa solo possederla (in affitto o di proprietà) ma anche avere le possibilità (capacità) di mantenerla e curarla o avere la possibilità di spostarsi agevolmente perché la zona di abitazione è servita da una rete di trasporti adeguata.

L’esempio appena riportato su una delle dimensioni più importanti del vivere quotidiano, la casa appunto, pur rischiando di semplificare eccessivamente l’apparato teorico cui ci si riferisce, è tuttavia efficace nel descrivere il metodo utilizzato nella costruzione del modello di analisi.

Il modello si basa, infatti, sulla scelta di una serie di dimensioni di vita della persona che sono le seguenti: abitare una casa; vivere l’ambiente; generare reddito; affettività; salute; conoscenza. Per ogni dimensione sono stati identificati degli indicatori di endowments e degli indicatori di funzionamento in modo tale da individuare in maniera sufficientemente completa lo spazio di scelta a disposizione dell’individuo rispetto a una determinata dimensione. Gli indicatori individuano una situazione di deprivazione o di non deprivazione a seconda delle risposte fornite in sede di somministrazione di un questionario. Alcuni esempi, sulla scia di quanto riportato in precedenza sull’abitazione, aiuteranno a comprendere meglio il funzionamento del modello. Nell’ambito della dimensione vivere l’ambiente non è importante solo rilevare le criticità presenti nella zona di residenza (indicatore di endowments) ma anche comprendere il livello di attivazione (agency) della persona rispetto a tali problematiche (indicatore di funzionamento); nell’ambito della dimensione generare reddito, accanto alla rilevazione dell’adeguatezza del proprio reddito ai bisogni della persona (o della famiglia) è utile rilevare anche le possibilità di migliorare il reddito a disposizione.

Il modello si basa sull’elaborazione di un indice multidimensionale sviluppato secondo l’approccio del conteggio che prevede l’utilizzo di variabili binarie che assumono valore unitario (uno) se l’individuo è deprivato, zero in caso contrario. Tale approccio consente, sia sull’asse degli endowments che su quello dei funzionamenti, un ordinamento degli individui per grado di fragilità attraverso il conteggio delle variabili deprivate, determinando una scala progressiva con valore minimo 0 e valore massimo coincidente con il numero di variabili considerate.

La raccolta di informazioni utili al funzionamento dell’indice si basa, come accennato, sull’utilizzo di un questionario che si sviluppa lungo le dimensioni indicate. A seconda del livello di deprivazione sia in termini di endowments che in termini di funzionamento dell’individuo, la condizione della persona potrà essere visualizzata all’interno di uno spazio cartesiano – definito come spazio delle capabilities – che la identifica rispetto agli altri individui (condizione relativa). Valore aggiunto del modello e dell’indice è che questo può essere scomposto a seconda delle diverse dimensioni che lo compongono, identificando quelle che pesano maggiormente nello spiegare il livello di deprivazione. Di seguito una elaborazione grafica che aiuta a comprendere il tipo di output grafico prodotto dal modello e che indica come più ci si allontana dall’origine degli assi più la situazione peggiora.
Il modello è stato testato in diversi contesti, prevalentemente urbani, intercettando nella maggior parte dei casi utenti dei servizi sociali. In qualche modo potremmo affermare che il modello nasce dall’interazione con i servizi sociali poiché sono tali servizi e gli operatori che vi lavorano i primi a incontrare le diverse forme di povertà presenti nel nostro paese. Ed è proprio dall’input di alcuni assistenti sociali nella fase iniziale di sviluppo del modello (presso la municipalità di Centocelle a Roma) che si è deciso di formulare uno schema interpretativo cosi come sopra brevemente descritto. Secondo il punto di vista di tali operatori, infatti, una delle questioni principali nel relazionarsi con l’utenza in difficoltà è la mancanza di progettualità delle persone, l’incapacità perfino di immaginare un futuro stante la situazione di fragilità nella quale vivevano. Situazione determinata da una molteplicità di aspetti che in molti casi definiscono un processo di impoverimento più o meno repentino della persona che di fatto ne limita lo spazio di scelta: perdita del lavoro; perdita di relazioni familiari e/o amicali; perdita di un abitazione; perdita di fiducia in se stessi. Un circolo vizioso multidimensionale.


Come e dove è stato applicato il modello?

Come accennato in precedenza, i contesti nei quali il modello è stato applicato in maniera più strutturata sono l’area urbana capitolina (Municipio di Ostia) e l’area urbana di Napoli nella versione destinata agli utenti dei servizi sociali.

Il questionario è stato applicato dai ricercatori INAPP agli utenti segnalati dal servizio sociale successivamente ad un colloquio preparatorio gestito dagli assistenti sociali che avevano in carico il caso.

Successivamente, è stata sviluppata una versione del questionario dedicata ai minori appartenenti alle famiglie destinatarie della Carta acquisiti sperimentale (o Nuova social card) in alcune delle aree metropolitane coinvolte. La tabella seguente permette di visualizzare in maniera sintetica alcune caratteristiche delle principali esperienze.
Ciò che emerge dalla lettura della tabella in maniera abbastanza netta è che le differenti applicazioni permettono di individuare quote significative di individui deprivati in senso multidimensionale, aspetto che assume rilevanza proprio per il fatto che le rilevazioni si sono focalizzate su platee comunque mediamente fragili, confermando il fatto che non tutti sono poveri alla stessa maniera e sulle stesse dimensioni di vita.


Lezioni apprese e possibili sviluppi

L’applicazione del modello in contesti molto diversificati, su destinatari profondamente differenti e la condivisione dei risultati con operatori sociali, policy maker e ambiente accademico ci permette, oggi, di individuare sia i punti di forza del modello sia numerosi aspetti sui cui continuare ad investire e migliorare.

Rispetto ai primi, quelli da evidenziare in maniera prioritaria sono almeno tre:
  1. La scomponibilità dell’indice e la visualizzazione grafica dei risultati rendono il modello più intellegibile (e dunque efficace) nel confronto con operatori e politici;
  2. La valutazione dei bisogni in entrata e in uscita della popolazione destinataria di misure di contrasto alla povertà (vedi SIA, REI ma anche misure regionali) potrebbe rappresentare un buon banco di prova per il modello, proprio perché già testato nell’ambito dei servizi sociali e di persone in situazione di difficoltà;
  3. L’efficacia in chiave longitudinale, permettendo di osservare nel tempo lo spostamento degli individui nello spazio delle capabilities a fronte della realizzazione di specifici piani di intervento (ad esempio, progetti personalizzati sviluppati dai servizi sociali nell’ambito del REI). Rispetto a quest’ultimo punto è bene mettere in evidenza come il modello riesca ad individuare anche le diverse capacità trasformative di risorse materiali e immateriali degli individui, aspetto di assoluto rilievo proprio nel momento in cui si cerca di elaborare una proposta progettuale efficace.
Riguardo alle prospettive di miglioramento del modello, come considerazione generale, riteniamo si possa (e si debba) adattare un modello di rilevazione, nato nell’ambito di un progetto di ricerca, il più possibile utilizzabile in termini operativi anche dagli operatori dei servizi. Due sembrano essere, dunque, le aree su cui focalizzare maggiormente l’attenzione: la prima è quella di rendere lo strumento di rilevazione (questionario) di più semplice utilizzo, soprattutto in alcune parti, migliorandone la comprensibilità da parte dell’utenza intercettata; la seconda area di sviluppo è quella che prevede l’utilizzo di nuove tecnologie (ICT) al fine di velocizzare il passaggio tra somministrazione del questionario e risultato in termini di deprivazione dell’individuo e, dunque, suo posizionamento nello spazio delle capabilities.

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