Non esistono vere e proprie stime sull’estensione delle terre abbandonate in Italia. Tuttavia, per averne almeno un’idea, basti pensare che nel solo Alto Adige, notoriamente attento al territorio, è stato calcolato che ci sono 30 mila ettari di terreni dedicati alla coltura intensiva e 100 mila ettari abbandonati all’incuria. Riuscire ad arginare questo fenomeno che, anche in conseguenza della crisi, sembra essere tornato all’attenzione della collettività, come dimostrano il fiorire di orti urbani o l’impegno di molti giovani in agricoltura, è importante su almeno due fronti: ambiente e occupazione. (Scopri di più su: ConMagazine.it)
I terreni abbandonati e, più in generale, l’incuria del territorio sono una causa di dissesto idrogeologico. Ogni ettaro di terreno incolto, invece, è una potenziale fonte di lavoro non sfruttata. Potrebbe servire a rilanciare un modello economico e culturale, antico e innovativo allo stesso tempo, basato sulla cura del suolo e sul coinvolgimento diretto di ogni persona che vive nel territorio. In definitiva, il recupero dei terreni abbandonati è una forma concreta di contrasto al fenomeno del (cattivo) consumo di suolo pubblico e di promozione dello sviluppo locale.

Alcuni dati ci danno l’idea della dimensione e della portata del fenomeno, soprattutto in un’ottica di valorizzazione. L’Italia è leader in Europa per il numero di giovani in agricoltura. Secondo le elaborazioni dell’Ufficio Studi Cia – Agricoltori italiani, sono circa 95 mila le aziende condotte da under 35 e rappresentano oltre il 4% del totale in agricoltura. Per un quarto, i titolari sono donne. Nell’ultimo anno i giovani impegnati in agricoltura nel Sud Italia sono cresciuti del 13%. La tendenza è positiva, ma in generale c’è un problema di ricambio generazionale. Per ogni agricoltore under 40 ce ne sono 10 over 65. Per i giovani, nel 50% dei casi, l’accesso alla terra resta il principale ostacolo. Acquistare a prezzi di mercato è quasi impossibile. In Francia un ettaro di terreno costa mediamente 5.500 euro, in Germania 6.500, in Italia siamo sui 18.000 euro.

Dunque le nuove generazioni stanno scoprendo o rivalutando l’agricoltura, un settore storicamente importante per l’Italia, specialmente per l’economia del Sud. Forti le spinte motivazionali a innovare nel territorio e le scelte etiche, come dimostra anche la crescita del biologico (circa il 56% delle aziende con certificazione bio ha sede al Sud). Sono in costante aumento i laureati nelle materie umanistiche, in economia o marketing che si avvicinano all’agricoltura, trovando in questo mondo una opportunità concreta. Questi giovani rappresentano di fatto una forte spinta verso l’innovazione sociale non solo per il comparto, ma per tutto il territorio. E’ la “filiera colta” che avanza, usando una definizione di Giuseppe Savino fondatore di Va’zapp. In questo numero abbiamo raccolto diverse testimonianze ed esperienze che lo confermano e che ci aiutano a comprendere meglio le motivazioni di scelte simili e cosa possono rappresentare per il futuro. Esistono già molte buone pratiche di recupero dei terreni abbandonati in Italia. Promuovere questi temi e proporre soluzioni innovative nel Mezzogiorno significa fare della terra non solo una fonte di reddito e lavoro, ma anche una spinta al benessere e al senso di felicità della comunità.

Mentre scriviamo è online il bando “Terre Colte” (scade il 23 febbraio 2018), una iniziativa sperimentale promossa dalla Fondazione CON IL SUD in collaborazione con Enel Cuore, rivolta agli enti del Terzo settore. L’obiettivo è valorizzare i terreni agricoli incolti o abbandonati nelle regioni meridionali, anche attraverso l’inclusione sociale e lavorativa di persone in condizione di disagio, offrendo nuove opportunità per i giovani e favorendo l’introduzione di innovazioni tecnologiche e colturali. Come ha sottolineato più volte nel suo intervento il ministro per le politiche agricole Maurizio Martina, “il Sud è la palestra fondamentale della nuova interazione fra sociale, agricoltura e sfida generazionale”. Attendiamo i risultati del bando per aggiungere un altro tassello a questo nuovo percorso che vede protagonisti i giovani, il non profit e il settore agricolo. Una grande sfida per il nostro Sud e per il Paese che ha però tutte le premesse per rappresentare una ulteriore opportunità e una spinta per il cambiamento.

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