Contro il furto della dignità degli esseri umani e della vita. L’insostenibile indifferenza mondiale. Nel 2017 gli arricchiti sono cresciuti in ricchezza nel mentre gli impoveriti sono diventati più numerosi e più poveri. (Scopro di più su:
BanningPoverty.org)
Nessuno più urla di fronte alla crescita indicibile delle inuguaglianze tra gli arricchiti e gli impoveriti nel mondo, salvo i soliti “fanatici” – dicono i dominanti – anticapitalisti. Anche la ribellione degli impoveriti sembra indebolirsi. E sempre meno numerosi sono coloro che danno la parola alle centinaia e centinaia di milioni d’impoveriti senza voce.
Lasciamo perdere gente come Donald Trump tutto felice di essere riuscito a imporre la riforma fiscale, la più ingiusta mai adottata negli Stati Uniti, ed i vari gruppi sociali dominanti nel mondo per i quali l’inuguaglianza è un indicatore di vitalità di una buona società capitalista guerriera, ad alta tecnologia innovatrice. Ma che pensare di tutti gli altri “dirigenti”, “elite” e membri del mondo scientifico e universitario, imprenditoriale, sindacale, artistico, commerciale, mediatico, socio-culturale? È possibile che siano tutti affetti da anestesia o da deliberata passività generale?
Vediamo prima alcuni dati pubblicati in questi giorni di bilancio di fine anno, e poi faremo un tentativo di dare una spiegazione plausibile.
Secondo Bloomberg, l’agenzia americana di affari, il patrimonio finanziario delle 500 persone più ricche al mondo è aumentato di 1.000 miliardi nel 2017 principalmente a causa dei forti rialzi dei valori borsistici (l’indice MSCI World ha fatto un salto di 20%). Ciò ha accresciuto considerevolmente il patrimonio degli azionisti delle più grandi imprese mondiali a elevata capitalizzazione borsistica. Quando si parla da anni di “finanziarizzazione” dell’economia, ebbene non si tratta di noccioline. Da qui il balzo in avanti del capo dell’Amazon, Jeff Bezos, diventato l’uomo più ricco del mondo (99,6 miliardi di patrimonio finanziario personale), superando cosi i “famosi” Bill Gates e Warren Buffett (da anni n°1 e n°2 fra dei più arricchiti al mondo). Nel 2017, Jeff Bezos ha “guadagnato senza lavorare un minuto” 34,2, miliardi, pari a 93,6 milioni al giorno e 65.000 $ al minuto.
Si tratta di cifre spaventose, se si pensa che un insegnante di scuola elementare italiano nel corso dei primi dieci anni di esercizio deve lavorare un anno per raggiungere 1.500 euro netti al mese, pari a 18.000 euro l’anno, cioé qualche dollaro in più di 20.000 $ annui.
Il calcolo è rapido: l’insegnante italiano deve lavorare 1,7 milioni di anni per guadagnare quanto Jeff Bezos ha guadagnato di rendita in un anno, ovvero ci vogliono 1,7 milioni d’insegnanti elementari. Ancor più forti dovrebbero essere le grida per la giustizia se il dato è calcolato in minuti: l’insegnante deve lavorare 3 anni e 3 mesi per guadagnare quel che il capo di Amazon ha ricevuto in regalo ogni minuto. Non approfondiamo ulteriormente la situazione citando l’insegnante elementare dell’Argentina che deve considerarsi “fortunato” se guadagna 8.000 $ annui, o un operaio di una fabbrica indiana di microinformatica che guadagna 1000 $ annui.
È inammissibile giustificare siffatte inuguaglianze che polverizzano nel nulla il lavoro di un insegnante o di un operaio in confronto all’azionista principale di Amazon, sulla base del criterio del loro contributo alla creazione di valore aggiunto per il capitale. È inammissibile argomentare che il lavoro dell’insegnante ha una bassa remunerazione perché esso è visto come un costo per la società, perche “servizio non produttivo” (sic!), mentre quello di Bezos è considerato da tutti un investimento utile e redditizio.
Insieme, nel 2017, le 500 persone più ricche al mondo hanno accumulato una potenza finanziaria di 5.340 miliardi di $.
Una delle più grandi difficoltà che bloccano dei pur piccoli progressi nella realizzazione degli obiettivi in reazione al cambiamento climatico risiede nella difficoltà di trovare la somma di 100 miliardi di $ annui (pubblici e privati) a partire dal 2020 per il fondo comune per la transizione energetica post-fossili. Com’è possibile che il sistema trovi il modo e “la ragione” di remunerare con dovizia 500 azionisti privati, nel mentre non permette all’insieme degli Stati del mondo di racimolare quei “miserabili” 100 miliardi eppur cosi importanti, per quanto insufficienti, per le politiche di “salvataggio della vita del pianeta terra?”.
Ebbene, in fondo, è proprio il ragionamento sul contributo alla creazione di ricchezza per il capitale che è il principale fattore che spiega il fatto che il ritorno alle crescenti inuguglianze di reddito e, concretamente, di potere sociale e politico, cui si assiste almeno dal 2007, sia accettato con soddisfazione compiaciuta nell’indifferenza dei più.
Il 2017 ha confermato che viviamo sempre di più in un mondo dominato dall’ingiustizia capitalista. Ci sono limiti invalicabili all’ingiustizia. Verosimilmente, come è anche il caso dei limiti ecologici, li stiamo travalicando. Ma non è detto che ciò sia inevitabile. È evitabile che il deterioramento del mercato di lavoro in Italia continui ad accentuarsi con il crescere dei contratti atipici e delle forme di lavoro non stabili, precari, traducendosi in un aumento degli impoveriti.
È tempo che la nebulosa dei “mille e più” buoni cambiamenti molecolari, in corso attraverso il mondo, non resti un mondo di aggiustamenti “calmanti” in seno al sistema capitalista, in una logica di mitigazione della sua violenza strutturale. Essa deve, senza tardare, diventare la nebulosa della rivolta per un mondo abitato da persone, comunità umane, città e popoli animati dallo spirito di uguaglianza nei diritti, di giustizia per tutti e di fraternità e democrazia fra e per tutti. Non si tratta di parole. Ma anche se fosse così, preferisco queste parole agli atti inammissibili di violenza collettiva, in corso nelle nostre società, e di furto di ogni forma di vita perpetrati “in nome del denaro”.
PS: Il secondo comma dell’articolo 3 della Costituzione italiana stipula: “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.