Il codice del terzo settore, recentemente diventato legge, ha introdotto importanti cambiamenti. Tra le novità, anche l'introduzione di una definizione generale di impatto sociale. In quest’ottica, per la comunicazione si aprono nuove prospettive come sostiene Giulio Sensi, ospite della rubrica di Letizia Di Tommaso. (Scopri di più su: Ferpi.it)
  • di Giulio Sensi, Comunicatore sociale, direttore di VolontariatOggi.info
Il tema dell’impatto sociale è centrale nella riforma del terzo settore e nel nuovo codice che ne regolamenta e indirizza le evoluzioni. Fra le novità del nuovo codice c’è l’introduzione di una definizione generale di impatto sociale, intesa come la “valutazione qualitativa e quantitativa, sul breve, medio e lungo periodo, degli effetti delle attività svolte sulla comunità di riferimento rispetto all’obiettivo individuato”. Una definizione molto generica che verrà sostanziata con delle Linee Guida a cui sta lavorando un gruppo di lavoro ministeriale formato anche da esperti e accademici. Dalle linee guida ci si aspetta di avere, se non un metodo univoco, almeno un approccio comune ben definito, orientato alla costruzione di un processo di valutazione che, come ben sintetizza la coordinatrice dell’area ricerca di Aiccon Sara Rago, “si caratterizzi per essere un’autovalutazione delle attività attraverso la produzione di dati oggettivi e verificabili, mettendo a disposizione di terzi soggetti un sistema di indici ed indicatori individuati coerentemente rispetto alla dimensione e alle finalità dell’organizzazione”.


L’evoluzione della misurazione: trasparenza e reputazione asset principali

La valutazione dell’impatto sociale non è certo una novità per il terzo settore e per gli enti che lo finanziano, in particolare le fondazioni di origine bancaria. In linea con le evoluzioni delle teorie e delle tecniche affermate su scala internazionale, anche in Italia si sono assunti in questi anni alcuni metodi per poter elaborare delle valutazioni precise, se non vere e proprie misurazioni, di quanto producono gli interventi in campo sociale. E non solo nel sociale, ma in tutti quei settori a forte valore aggiunto. I motivi per cui il terzo settore è chiamato, anche tramite precise disposizioni normative, a valutare l’impatto delle proprie azioni sono molteplici: primo fra tutti la necessità di assumere in maniera rigorosa una responsabilità e un’affidabilità verso le comunità di riferimento, in un modello di welfare society in cui gli attori del terzo settore hanno assunto un peso sempre più forte insieme alle imprese e alle pubbliche amministrazioni. Un peso esercitato anche nella programmazione, co-progettazione e co-produzione di servizi. La necessità di una valutazione compiuta, e non più artigianale e fondata solo su generici valori e buone azioni, può essere orientata anche a costruire e rafforzare la trasparenza, l’accountability, la fiducia e la reputazione di un settore – quello che il nuovo codice ha ufficializzato ormai come Terzo – scalfite da recenti e meno recenti scandali e casi giudiziari (a cominciare da Mafia Capitale). Un settore che non cerca solo di dimostrare meglio ciò che fa e nemmeno solo di affermare la propria immagine: cerca anche ulteriori possibilità di reperire risorse con strumenti nuovi di finanza sociale, soprattutto nella sua forma di impresa sociale.

Un contesto di potenziale nuovo sviluppo di un mondo che già negli anni ha dimostrato la propria capacità di crescere economicamente e di mantenere, se non rafforzare, livelli occupazionali importanti. Se valutare l’impatto sociale vuole dire dimostrare con metodi rigorosi e condivisi i cambiamenti che vengono prodotti sui territori e le comunità, la sua valutazione rappresenta una grande opportunità per la comunicazione e la valorizza anche dal punto di vista economico. La comunicazione sociale, quella prodotta dagli enti di terzo settore, ma non solo, può trovare in questi metodi una risorsa fondamentale per migliorare e rendere più credibile la propria immagine. Può aiutare a rimodellare un’efficace strategia di comunicazione che sia parte integrante della scelta di raccontare come cambiano i contesti in cui opera l’azione degli Enti del Terzo Settore: può renderla più credibile, più interessante, più notiziabile, più fruibile.


Il valore, la leva del Social impact report

A patto che i comunicatori e i player delle relazioni pubbliche e media siano coinvolti da subito nell’elaborazione dei “social impact report” e che essi siano orientati anche a rendere divulgabile, comprensibile e condivisibile l’impatto generato. La valutazione di impatto sociale oggi, come e più del bilancio sociale ieri, rappresenta una delle opportunità per svecchiare una comunicazione sociale ancora troppo fondata su stereotipi superati (“l’esercito del bene”, “gli angeli del fango”, “le buone azioni”) e mostrare a media, stakeholder e comunità locali il valore effettivo dei progetti e dei processi di cambiamento.

Un’occasione per modificare approccio alla comunicazione, qualificandola e fondandola su nuovi principi:
  • impostare la comunicazione come un’urgenza funzionale a tutte le attività nei loro ideazione, progettazione, sviluppo, rendicontazione, valutazione;
  • assumere la responsabilità della comunicazione a livello politico e strategico;
  • coinvolgere le risorse umane della comunicazione fin dal principio;
  • lavorare alla costruzione di competenze diffuse della comunicazione nei contesti associativi e dell’impresa sociale;
  • lavorare al rafforzamento della propria identità e immagine online e offline per rendersi “media” e “community” ed aumentare la visibilità nei propri contesti di riferimento;
  • creare comunità di conoscenza basate su adeguati strumenti di comunicazione e utilizzarli anche come strumenti di partecipazione e discussione;
  • pianificare la comunicazione nei dettagli per dare ritmo e continuità, senza conferire troppa rigidità alla programmazione;
  • definire budget e investimenti solo a valle di una valorizzazione complessiva dei contenuti notiziabili e delle alleanze possibili basate sulla reciprocità e la condivisione di obiettivi e interessi; comunicare come cambiamo i contesti in cui si opera: cosa c’era prima, cosa è arrivato dopo e in che modo è stato modificato;
  • lavorare alla definizione di una valutazione di impatto della comunicazione stessa.
Sono solo alcune delle azioni di un possibile cambiamento di approccio che buona parte del terzo settore può sperimentare e concretizzare. Ma la sfida non è solo per il terzo settore: anche imprese e pubbliche amministrazioni possono aprire nuove prospettive da una migliore comunicazione. E farlo con maggiore consapevolezza rispetto a quello che è il suo impatto sulla società; anche per non rimanere schiacciato e messo in ombra da quelle poche e molto efficaci centrali di comunicazione che hanno in questi anni, giustamente dal loro punto di vista, monopolizzato il campo della comunicazione sociale con maggiori mezzi e maggiori capacità.

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