La prima radice, dialogare o perire, Franco Ferrarotti, Edizioni di Comunità. (Scopri di più su:
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Il nostro tempo ha negato la tensione di ogni uomo verso qualcosa di più grande, e forse di irraggiungibile, sostituendola con una cultura degradata e ristretta dove i diritti universali sono privi di concretezza e la libertà è intesa come semplice cancellazione di qualsiasi dovere.
Ancora più dei diritti, sono invece proprio i doveri, verso se stessi e verso gli altri, ad ancorare l’uomo alla realtà e alla società in cui vive, evitando il rischio di sentirsi sradicati e in balia degli eventi.
Secondo Simone Weil, voce inascoltata e profetica del XX secolo, interessarsi davvero del destino dell’uomo significa, quindi, prima di tutto aggrapparsi saldamente e rimanere fedeli alle proprie radici.
Potrebbe sembrare un banale richiamo alle tradizioni; invece non è così, perché le radici dell’uomo hanno origine oltre la sfera temporale, nell’eterno e umanissimo desiderio di verità e di bene.
- Non è possibile soddisfare l’esigenza di verità degli uomini se non si riescono a trovare uomini che amino la verità.
Simone Weil (1909–1943) è una figura femminile unica nel panorama intellettuale del Novecento. Di origine ebraica, affascinata allo stesso tempo dal marxismo e dal cristianesimo, ebbe una vita inquieta, divisa tra l’impegno filosofico e letterario e l’impiego come operaia alla Renault, scelto consapevolmente e coerentemente per condividere in prima persona la condizione dei lavoratori, cui dedicò gran parte della sua opera. La pubblicazione dei suoi lavori in Francia fu fortemente voluta da Albert Camus, mentre tra i suoi principali estimatori in Italia vi furono Adriano Olivetti, Elsa Morante, Roberto Rossellini e il poeta Franco Fortini, che fu il suo primo e più importante traduttore.