Cuba è l’unico paese dell’America latina ad avere uno specifico divieto costituzionale sui media privati indipendenti. In pratica alle autorità cubane è consentita una forma di censura preventiva.
In tutta risposta, una nuova generazione di giornalisti indipendenti opera ai margini della legalità a Cuba e rischia ogni giorno di essere arrestata arbitrariamente.
Censura online a Cuba: i dati dell’Osservatori aperto sulle interferenze della rete (Ooni)
Un pioniere di questo genere di giornalismo investigativo è la testata “14ymedio“, un quotidiano indipendente pubblicato on line.
Il sito di 14ymedio è uno dei siti bloccati in base a un rapporto pubblicato il 28 agosto dall’Osservatorio aperto sulle interferenze della rete (Ooni), che raccoglie dati su come venga eseguita la censura di Internet e valuta come funziona o non funziona Internet in un determinato paese.
Utilizzando software open source (pubblicamente disponibile), tra maggio e metà giugno 2017, Ooni ha testato 1.458 siti web da otto località diverse a L’Avana, a Santa Clara e a Santiago de Cuba. L’elenco comprendeva siti di 30 differenti categorie. Di questi, 1.109 erano siti internazionali. Presenti nell’elenco anche importanti siti di interesse generale, tra cui Facebook e Twitter. I restanti 349 siti erano specifici del contesto cubano.
Durante la sua indagine, Ooni ha trovato 41 siti bloccati. Si tratta però di verifiche solo su un piccolo campione: altri siti, che non sono stati testati, sono probabilmente bloccati.
Tutti i siti bloccati hanno una cosa in comune: aver espresso critiche sul governo cubano, affrontato il tema dei diritti umani o hanno avuto a che fare con strumenti di elusione della censura.
Secondo Ooni, il modo in cui avviene il blocco della pagina web è “nascosto”. Quando gli utenti tentano di accedere a un sito bloccato, vengono reindirizzati a una pagina di blocco senza una spiegazione del perché non è possibile accedere al contenuto. Questo rende difficile per un utente capire se sono sottoposti a censura o se si tratta di un guasto transitorio della rete o un errore nel caricamento della pagina.
Il blocco dei siti internet solo per limitare la critica politica e limitare l’accesso alle informazioni è ovviamente contrario alla legge internazionale sui diritti umani ed è una violazione del diritto alla libertà di espressione.
Censura online a Cuba: gli sms e le applicazioni
La censura online a Cuba non si limita ai siti internet. Secondo 14ymedio, Cubacel – la rete cellulare nazionale – ha censurato messaggi di testo (sms) contenenti termini quale “democrazia” e “sciopero della fame“. Quando l’artista ed ex prigioniero di coscienza, Danilo Maldonado, era in carcere nel gennaio del 2017 per aver dipinto “Se fue” su un muro dopo la morte di Fidel Castro, sembra che i messaggi di testo contenenti “El Sexto” (il suo nome d’arte) siano stati bloccati.
Anche Skype è bloccato a Cuba, ma viene utilizzata una tecnologia diversa. Per Ooni questa tipologia di blocco è “molto interessante” e non comune, anche se pratiche simili sono state già utilizzate in Cina. Le ipotesi sono che il governo cubano si sia dotato di una sofisticata tecnologia, o che ci siano alcune persone specializzate nel blocco. Per gli utenti la percezione è che Skype funzioni molto male. La maggior parte del tempo non è possibile accedere o inviare messaggi o visualizzare l’elenco dei contatti. Ma secondo Ooni, questo è “decisamente intenzionale”. E il blocco viene fatto non da Skype, ma da server probabilmente presenti nel paese. Per maggiori informazioni è possibile consultare il rapporto completo di Ooni.
Nonostante tutti gli sforzi, molti siti web e applicazioni molto diffuse non sono bloccati – WhatsApp non lo è e lo stesso vale per Facebook e Wikipedia.
La grande domanda è perché no? Beh, per ora, sembra che il governo non abbia bisogno di impiegare blocchi e filtri sofisticati.
Censura online a Cuba: il doppio sistema di navigazione
Come la sua doppia valuta, Cuba dispone anche di un doppio sistema di navigazione: l’internet globale – irraggiungibile per la maggior parte dei cubani – e la sua intranet, più economica e altamente censurata.
Il governo cubano controlla tutte le infrastrutture di comunicazione nel paese. Da tempo le autorità considerano internet un “cavallo di Troia” per l’infiltrazione statunitense e l’embargo statunitense è costantemente incolpato per la cattiva connettività a Cuba.
A partire dalla normalizzazione delle relazioni promosse dall’amministrazione Obama e le modifiche politiche che hanno aperto le possibilità alle società di telecomunicazioni degli Stati Uniti di lavorare a Cuba, questo è diventata una tesi più difficile da sostenere. L’inversione di marcia del presidente Trump nella retorica politica consente alle autorità cubane di rilanciare questa scusa, sebbene la politica statunitense legata a Internet resti in gran parte invariata.
Invece, negli ultimi anni, il governo cubano ha privilegiato la “digitalizzazione della società“. Ma questa digitalizzazione deve sostenere “l’invulnerabilità della rivoluzione, la difesa della nostra cultura e il socialismo sostenibile che la nostra gente sta costruendo“.
Il governo ha anche fissato obiettivi ambiziosi. In una strategia del 2015, tra l’altro, ha dichiarato che avrebbe collegato il 50% delle case entro il 2020. Ha detto che entro il 2018 gli enti del partito comunista, organi dello Stato, banche e alcune società saranno collegate al 100%. Entro il 2020 è prevista una connettività a banda larga del 95% nei centri educativi e sanitari e nelle istituzioni scientifiche e culturali.
Tuttavia, il progresso è stato lento. Nel 2014, il gestore nazionale dei cellulari ha lanciato Nauta – un servizio di posta elettronica mobile che consente agli utenti di inviare messaggi di posta elettronica tramite il servizio fornitao dal governo. Nel marzo 2015, il governo ha approvato il primo Wi-Fi pubblico a L’Avana e da allora ha aperto centinaia di hotspot in tutta l’isola. Le connessioni Internet a casa sono state legalizzate in un programma pilota lanciato solo nel dicembre 2016. Google Global Cache ha anche messo un server sull’isola per accelerare l’accesso ai contenuti nel dicembre dello scorso anno.
Ma mentre le autorità cubane continuano con la strategia di digitalizzazione, il governo rimane riluttante a porre fine ai programmi di censura. Al contrario, il governo ha sviluppato una rete nazionale – una specie di intranet – come quella che si potrebbe ottenere in un posto di lavoro o una scuola in un paese connesso. Nel frattempo, a 1,5 dollari l’ora, il costo dell’accesso al web rimane proibitivo per la maggior parte dei cubani, che ha uno stipendio medio mensile di 25 dollari, e la maggior parte lo usa solo per parlare con la famiglia e gli amici nella diaspora. Le stime di accesso ad internet variano da 5 a 40% (a seconda della fonte), ma di questa percentuale molti potrebbero avere accesso all’intranet controllato dal governo e non all’internet globale. È interessante notare che le tariffe per l’intranet sono in calo.
Cosa significa in pratica? Coloro che accedono all’esperienza di internet a livello internazionale sono altamente censurati e indirizzati dal governo. EcuRed, la versione cubana di Wikipedia – un’enciclopedia cubana in linea – per esempio, sfida i difensori dei diritti umani. Cercando Laritza Diversent Cambara, avvocata per i diritti umani, alla quale è stato recentemente concesso asilo negli Stati Uniti, insieme ad altri 12 membri del CUBALEX, Centro de Información Legal, si scopre che il sito la descrive come un “mercenario anti cubano” e la sua organizzazione come “sovversiva”.
Yoani Sanchez, fondatrice di 14yMedio, viene descritta su EcuRed come “una cyber mercenaria“.
Ted Henken, professore associato di sociologia presso il Baruch College, specialista di Cuba, che ha pubblicato diverse ricerca sul tema dei media e internet, dice: “Per la maggior parte dei cubani l’intranet è uno scherzo, perché è solo una nuova versione di quello che è stato per 50-60 anni (la propaganda), ma sul web. È antiquato, e i collegamenti sono non funzionano“.
Eppure qui sembra che il governo cubano voglia investire.
Solo pochi giorni fa, in un video apparentemente trapelato, il primo vicepresidente Miguel Díaz Canel, considerato da molti il prossimo presidente, afferma che il governo avrebbe chiuso il sito web di OnCuba, definendo il sito “molto aggressivo nei confronti della rivoluzione“. Uno scandalo assicurato. “Lasciate dire che censuriamo, va bene. Tutti censurano“, ha detto.
In altri discorsi, ha riferito di aver parlato della necessità di “perfezionare la nostra piattaforma” – la rete nazionale – e di sviluppare il lavoro contro “progetti sovversivi“. Ha inoltre promosso la necessità di accrescere l’accesso a fini scientifici ed educativi e per ragioni economiche. Allo stesso modo ha parlato della necessità di generare la produzione di contenuti propri di Cuba, per mettere in linea il “contenuto della rivoluzione“.
Nonostante i piani ambiziosi del governo per l’espansione di internet, molti cubani dicono che Internet è disponibile solo in modo limitato nei settori educativi e addirittura alcuni sono stati espulsi dall’università per aver avuto accesso ad informazioni “non approvate”.