C'è un filo rosso che unisce le capitali europee: l'offensiva contro la povertà. L'ultimo arrivato è il Reddito di inclusione, ma nell'ultimo decennio i big europei hanno messo in campo, con tempi e formule diverse, misure per il sostegno al reddito delle famiglie in difficoltà. (Scopri di più su:
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Per consentire alle fasce più deboli di raggiungere il livello di sussistenza e cercare di attenuare la portata di una delle eredità più pesanti dell'austerity imposta dalla crisi. Il Sole 24 Ore le ha messe a confronto. Ecco il risultato.
Il reddito di inclusione: progetto su misura per ritrovare l'autonomia
È la prima misura unica nazionale di contrasto alla povertà in Italia. Dal 1° dicembre potranno essere presentate le domande, con le prime erogazioni dal 1° gennaio 2018.
Lo strumento è rivolto a cittadini italiani e comunitari o stranieri con permesso di soggiorno Ue residenti in Italia da almeno due anni. Nella prima fase la misura riguarderà famiglie con figli minorenni o con disabilità, con una donna in gravidanza o componenti disoccupati over 55.
Il Rei è compatibile con lo svolgimento di un'attività, ma nessun componente deve percepire altre prestazioni di welfare. Tra i requisiti figura anche un valore Isee del nucleo familiare che non deve superare i 6mila euro. I beneficiari devono attivarsi sulla base di un progetto personalizzato condiviso con i servizi territoriali per raggiungere l'autonomia di reddito.
Il sostegno si può ottenere per un periodo continuativo non superiore a 18 mesi. Occorreranno almeno 6 mesi dall'ultima erogazione prima di poterlo richiedere di nuovo. In caso di rinnovo, la durata massima è di 12 mesi.
Il beneficio massimo mensile va dai 187,5 euro per un single fino a 485,411 euro per una famiglia di 5 componenti. Le domande dovranno essere presentate al Comune che le raccoglie e le trasmette all'Inps.