Le virtù del privato, la visione del pubblico: fondazioni di origine bancaria e crescita (di qualità). (Scopri di più su:
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Un modello, quello delle fondazioni di origine bancaria, che condensa in sé le virtù del privato e quelle del pubblico, pur dovendosi confrontare con sfide impegnative sia a livello di impatti attesi sia di risorse e patrimoni: il punto su prospettive future e prossimi orizzonti di sviluppo.
In uno scenario in cui i segnali di ripresa restano fin troppo timidi e le criticità strutturali del Paese si ripropongono costantemente, quasi a rimarcare quali siano state le cause e al tempo stesso gli effetti di occasioni di riforma puntualmente mancate, quello offerto dalle fondazioni bancarie è uno spaccato dalle grandi potenzialità, cui appigliarsi per contribuire a cogliere quella crescita duratura, sostenibile e di qualità evocata dal Sottosegretario al MEF Pier Paolo Baretta nel corso dell'appuntamento con l'
Annual Meeting di Studio dedicato alle Fondazioni Bancarie.
Le fondazioni di origine bancaria nella loro duplice veste di enti a tutti gli effetti no-profit, quando erogano risorse nel perseguire le finalità statutarie, e di investitori (istituzionali) alla ricerca di rendimenti adeguati per mantenere il patrimonio e continuare a sostenere lo sviluppo delle collettività di riferimento, si candidano a rappresentare il campione di questa sfida, il soggetto che la può intraprendere frontalmente o che può fare da collettore tra i vari soggetti in essa coinvolti.
Se la prova è impegnativa a livello di output, di impatti attesi, lo è altrettanto a livello di input, di risorse e patrimoni da mettere al servizio del Paese per rimetterlo in moto. Coniugare adeguata redditività e ragionevole sicurezza è la prima sfida che le fondazioni di origine bancaria si trovano ad intraprendere, sfida peraltro tutt’altro che scontata in un’epoca che viene ricordata dai più come quella “dei tassi zero”. Dare forma a questa sostanza è quindi la seconda componente di un compito arduo: mettere a frutto rendimenti e patrimonio al servizio delle comunità locali che, in numero sempre maggiore, chiedono alle fondazioni di presidiare quello spazio lasciato ormai sguarnito dagli enti locali, a corto di idee e di risorse.
Sanità, cultura, sociale e welfare sono i terreni sui quali con maggiore voce si chiede la mobilitazione di risorse, idee, e progettualità delle fondazioni di origine bancaria. Ambiti che racchiudono una buona fetta delle funzioni fatte proprie, tempo addietro, dagli enti locali, oggi alle prese con l’effetto spiazzamento. Ma non è solo questo: le fondazioni hanno avocato anche compiti di contrasto alla povertà educativa, allo sviluppo del territorio, alla cultura, al sostegno alle imprese, all’occupazione e alla coesione sociale, spaziando entro coordinate sempre più ampie e che, pur mantenendo il terzo settore al centro del loro target (il 70% delle erogazioni è destinato a questo campo), non di rado assumono funzioni e ruoli strategici per la crescita e lo sviluppo.
Le fondazioni di origine bancaria raccolgono e rilanciano, dunque, la sfida a candidarsi una volta ancora come uno dei soggetti portanti per riagganciare la ripresa, alle quali il Paese non può non fare a meno di affidare molte delle chiavi dello sviluppo sia economico sia sociale, componente imprescindibile per un Paese che nel locale, nei suoi territori, nei suoi distretti ha la sua colonna vertebrale per ritrovare lo slancio della crescita.
Le fondazioni sono tuttavia chiamate, oggi, a compiere un passo in avanti in questo percorso complesso: integrazione e sinergia sono le partite sulle quali si gioca il salto di qualità delle fondazioni, l’asticella da innalzare per elevarsi a soggetto davvero strategico per lo sviluppo. La prima rimanda ai fondi Ue, alla necessità di fare sistema e sfruttare a pieno le innumerevoli possibilità offerte dai fondi comunitari, dal campo infrastrutturale a quello sociale, da quello occupazionale alla ricerca, per incrementare le potenzialità e il conseguente effetto moltiplicatore dei progetti realizzati dalle varie realtà, senza tuttavia diluire le specificità dei singoli territori coinvolti; la seconda concerne il mondo imprenditoriale che, in troppi casi, non si sta dimostrando all’altezza della sfida e al passo con i tempi, e tende a perdere quella funzione di cinghia di trasmissione, nel locale, di sviluppo, crescita e innovazione, ancora una volta non soltanto economici, ma anche sociali.
L’esperienza maturata, la conoscenza dei rispettivi territori e la lungimiranza, unita alla capacità di sperimentazione e innovazione, è quanto le fondazioni di origine bancaria, oltre ai rispettivi patrimoni, sono in grado di offrire al servizio del Paese: asset strategici per innescare circoli virtuosi in grado di ri-mettere in moto territori e categorie più esposti alla crisi, e che a tendere, come ha affermato il Prof. Alberto Brambilla nel corso del Meeting, “potrebbero condurre le erogazioni a puntare sempre meno sull’assistenza e più sullo sviluppo che a, sua volta, sarà in grado di garantire maggiore redditività per gli investimenti e un minore fabbisogno di interventi per la coesione sociale, il contrasto alla povertà”.
Un modello, quello delle fondazioni di origine bancaria, che condensa in sé le virtù del privato e quelle del pubblico, uno dei pochi in grado oggi di garantire la crescita di qualità, l’antidoto ai colpi della crisi che tuttora si fanno sentire nel nostro Paese.