Dalla ricollocazione efficiente delle (scarse) risorse pubbliche all'efficientamento di quelle private: quali gli ambiti di rinnovamento del welfare integrativo alla luce della crescente complessità della dimensione sociale? (Scopri di più su:
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La crescente complessità della dimensione sociale e le sempre più numerose interconnessioni tra le varie sfere che la compongono, dal lavoro alla famiglia, dalla previdenza alla cura della salute, aprono nuovi spazi di tutela nei quali nuovi attori possono operare con strumenti e modalità innovative in risposta alle nuove esigenze emergenti.
Come è emerso nel corso del
Forum sul Welfare Integrativo, organizzato da Itinerari Previdenziali lo scorso 5 aprile, restano ancora numerose le sfide da superare e gli interventi da realizzare per fornire coperture a una domanda di welfare quanto mai dinamica e che con sempre maggiore consapevolezza può essere soddisfatta da una platea composita di soggetti, sia a livello individuale che collettivo.
Dal fronte del welfare aziendale, anche sulla scorta degli incentivi contenuti nelle ultime Leggi di Bilancio, provengono i segnali forse più incoraggianti, come dimostrano l’ampliarsi delle iniziative in essere e le possibilità di scelta per i lavoratori che ne sono coinvolti, sebbene siano le realtà già attive nell’ambito del welfare aziendale – segnatamente quelle più strutturate – a dimostrarsi più dinamiche, mentre la forza propulsiva si va esaurendo tra quelle più piccole.
Altro fronte “caldo” è quello della non autosufficienza, verso il quale si registrano le maggiori criticità nel nostro Paese, peraltro amplificate dalle profonde differenze qualitative che si rilevano nell’offerta di servizi e nella capacità di presa in carico tra le varie regioni. Sulla Long Term Care, inoltre, anche le Casse di previdenza private hanno da tempo focalizzato l’attenzione, incrementando l’offerta di servizi, polizze e convenzionamenti per presidiare un tema che certamente si porrà con sempre maggiore attenzione, di pari passo con l’invecchiamento della popolazione.
Se a mancare, in Italia, è una diffusa e radicata cultura della prevenzione nell’ambito della non autosufficienza, realizzabile attraverso coperture ad hoc e ben presidiate dal mercato, sul lato dell’offerta le buone pratiche sperimentate restano confinate all’interno delle esperienze delle singole categorie e faticano ad essere ricondotte entro un disegno organico, aperto e potenzialmente più efficace.
In un Paese in cui l’assistenza domiciliare erogata dal pubblico alle persone non autosufficienti è ben lontana dall’assestarsi su livelli perlomeno accettabili, e la risposta privata (i servizi di badantato) per come è configurata al momento non è in grado di rispondere in maniera efficace ai crescenti bisogni per le ben note questioni (intermediazione della domanda e dell’offerta di lavoro, certificazione delle competenze e qualità dell’offerta di lavoro, ecc.), urge mettere in moto un percorso di riallocazione efficiente delle (scarse) risorse pubbliche e di efficientamento di quelle private, anche attraverso la sperimentazione di soluzioni abitative, tecnologiche e contrattuali nuove, e la sinergia tra i vari attori coinvolti, resa possibile attraverso la creazione di reti.