P er il principe Firas Bin Raad, nipote dello scomparso Re Hussein di Giordania e consigliere per i problemi sanitari dell'attuale Re Abdullah, nel tormentato conflitto arabo-israeliano è "meglio accendere una candela che maledire l'oscurità"; per Samer Jabbour, dell'Università americana di Beirut, con tutto il rispetto per Confucio, un ponte di pace stretto da pochi individui non allontana la guerra. Anzi, può inasprire le relazioni, facendo calare sospetti del collaborazionismo in ambedue le parti in lotta. Mistifica, comunque, le veri ragioni di una convivenza impossibile. Difficile dire chi ha ragione. Sta di fatto che grazie all'obiettivo comune, faticosamente raggiunto nell'arco di sei anni, di ridurre le conseguenze della sordità congenita (in Medio Oriente ha una frequenza doppia rispetto ai Paesi occidentali per i tanti matrimoni fra consanguinei), medici israeliani, palestinesi e giordani hanno lavorato assieme, arrivando a visitare 17.000 bambini dei tre Paesi. Il programma di cui è Presidente e accesso sostenitore il principe giordano, si è concluso poi nel 2003 indirizzando 300 dei piccoli pazienti alla riabilitazione, all'apparecchio acustico, oppure all'impianto clocleare, a seconda del deficit uditivo.
Un difficile dialogo
Il ponte di pace fra medici di popoli in guerra, il più vasto fra quelli tentati finora tra arabi e israeliani - come sottolinea la rivista Lancet che gli dedica un lungo articolo - ha coinvolto 21 ospedali (12 nella terra di Davide, otto in Giordana, uno in Cisgiordania), nove Università - tra queste due palestinesi, l'università di Al Quds in Cisgiordania e quella di Betlemme - e il Royal Medical Service della Giordania.
E altri progetti di prevenzione sono ora in cantiere per la salute materno-infantile e per quella dei giovani. L'iniziativa è andata in porto nonostante le continue tensioni e l'inevitabile interruzione dei rapporti in seguito alla seconda Intifada, l'insurrezione palestinese del 2000.
Iniziativa di pace
Ma com'è stato possibile il dialogo? Tutto inizia nel 1995, all'indomani della soluzione del conflitto giordano-israeliano: Re Hussein di Giordania si rivolge ad un'organizzazione non governativa canadese fondata nel 1984 da un medico del Mount-Sinai Hospital di Toronto, il Cisepo (acronimo che sta per Canada International Scientific Exchange Program), per trovare "un ombrello" sotto il quale consolidare la pace appena siglata con un'iniziativa che risponda ad esigenze sanitarie comuni. Poco dopo l'idea attira anche lo Stato di Israele e l'Autorità palestinese.
I finanziamenti per l'operazione arrivano al Cisepo (250.000 $) attraverso la Canadian International Development Agency. Si individua nella sordità congenita un bisogno medico condiviso. Nasce così, nel 1998, l'Associazione per la sordità infantile del Medio Oriente che oltre a concretizzarsi nel 2001 nello screening dei bambini, si rivela proficua per la ricerca.
Nel 2002 il gruppo di lavoro arabo-israeliano pubblica studi importanti sulla genetica della sordità congenita sulla rivista Human Genetics, organizza congressi e nel 2003 avvia, in Giordania, gli interventi di impianto cocleare ai bambini che possono trarne beneficio.
Le critiche
L'operazione si è conclusa con un indiscutibile successo. Ma Samer Jabbour, in un lungo commento sulla rivista Lancet , solleva non poche perplessità: «I medici palestinesi, dai colleghi israeliani, più che offerte di cooperazione, si aspettano solidarietà; perché dovrebbero gettare le basi per una collaborazione prima che lo Stato di Israele abbia reso giustizia al loro popolo? Evitare la politica è comunque una presa di posizione politica, controproducente per chi è oppresso». E ricorda l'esistenza di un'organizzazione non profit di medici israeliani - Physycians for Human Rights - che, in disaccordo con il governo Sharon, cerca di tutelare i diritti negati dei palestinesi nei territori occupati e nella stessa Israele. E quello alle cure mediche è solo uno dei tanti diritti da rivendicare. Prima una presa di posizione chiara - facciamo capire da quale parte stiamo -, poi la cooperazione, ammonisce, in sostanza, Jabbour.
«Concordo: vedere in questo lavoro di medici giordani, israeliani e palestinesi sulla sordità congenita un'iniziativa di pace è illusorio - commenta Piera Redaelli, Responsabile progetti di Terre des Hommes Italia, organizzazione non profit impegnata nella difesa dei diritti dell'infanzia nei Paesi in via di sviluppo, che in Cisgiordania e in Israele ha lavorato a lungo e conosce bene il territorio e le esigenze del popolo palestinese - . Con questo non voglio dire che l'iniziativa è velleitaria: qualsiasi occasione capace di favorire il dialogo in una situazione dove la tensione è altissima, ha effetti benefici. Dico, soltanto, che non influisce sul processo di pace. Resta il fatto che sotto il profilo sanitario si è ottenuto un risultato importante: 17.000 bambini visitati e 300 avviati alla riabilitazione o alla protesi acustica».
Corriere Salute, 6 febbraio 2005