Alla vigilia di nuovi negoziati sullo status del Kosovo, buona parte dei politici serbi affila la retorica polemizzando con Usa e Nato: il più recente sondaggio dell'opinione pubblica dimostra che il grado di identificazione dei cittadini col Kosovo è notevolmente alto, ma allo stesso tempo la maggior parte degli intervistati afferma di essere consapevole della possibilità che il Kosovo in breve tempo possa essere riconosciuto come stato indipendente - riporta Danijela Nenadic in un articolo per l'Osservatorio sui Balcani. "L'opinione pubblica serba non è a conoscenza della nuova strategia negoziale, proprio come non lo era delle precedenti, ma si sa comunque che le posizioni non cambieranno, almeno per quel che riguarda lo status. Dopo svariati mesi di attesa, all'inizio della settimana è stato confermato che il presidente serbo Tadic e il premier Kostunica sono i co-presidenti del team negoziale. Mentre la composizione dell'intero team sarà resa nota nei prossimi giorni" - afferma la giornalista.

A novembre si voterà in Kosovo e saranno un nuovo governo e un nuovo parlamento ad affrontare la questione dello status. L'appuntamento elettorale dovrebbe seguire ai 120 giorni di negoziazioni gestite dalla cosiddetta "Troika" - Ue, Stati uniti e Russia - che si conlcuderanno con un rapporto consegnato nelle mani del Segretario Generale Onu Ban Ki Moon, il prossimo 10 dicembre. "Anche se in Kosovo un'ampia sezione del panorama politico è a favore di nuove elezioni vi è anche chi preferirebbe posticiparle. Tra questi vi è l'AAK, partito il cui presidente è Ramush Haradinaj, attualmente all'Aja ed ex primo ministro ed i cui rappresentanti occupano ruoli chiave nell'attuale governo tra i quali la poltrona di primo ministro, con Agim Ceku. L'AAK teme, nel caso di nuove elezioni, di ottenere meno seggi rispetto alla tornata elettorale precedente" - scrive Sasa Stefanovic sempre per l'Osservatorio sui Balcani. La comunità albanese del Kosovo deve comunque essere in grado di scegliere l'élite appropriata per traghettarla in un Kosovo indipendente, quella serba vuole invece ritornare sul palcoscenico per difendere i propri diritti prima che sia troppo tardi - conclude la giornalista.

E l'Associazione per i Popoli Minacciati (Apm) lamenta che per i colloqui siano state coinvolte le sole rappresentanze serba e albanese e non la molteplicità delle minoranze discriminate del Kosovo. "Questo disprezzo dei gruppi etnici minori contraddice la tanto sbandierata ma mai rispettata dichiarazione della comunità internazionale di voler creare nel Kosovo una situazione multiculturale impegnata nella tutela delle minoranze" - denuncia il comunicato di APM che chiede alla comunità internazionale di riconoscere una rappresentanza delle minoranze, indipendente dalle autorità albanese e serba del Kosovo, come terzo e egualitario interlocutore permanente dei colloqui.

Intanto i rapporti interetnici stanno cambiando in Kosovo. Un gruppo di operatori kosovari che lavorano con il Tavolo Trentino con il Kossovo raccontando a Osservatorio sui Balcani la loro esperienza affermando che c'è "un punto su cui sia serbi che albanesi sono d'accordo: no alla spartizione del Kosovo". "Per quanto riguarda il gioco di chi tira da una parte e chi dall'altra che si sta svolgendo fuori dal Kosovo, non so se riusciremo a reggerlo" -afferma un operatore. "Personalmente credo che così, i problemi potranno solo moltiplicarsi, non certo risolversi. In quanto serbo-kosovaro mi irrita la retorica che viene usata quando si parla dello status e quindi degli Usa che appoggiano una parte, e della Russia che appoggia l'altra. Certo negli anni novanta la stampa serba era stracolma di retorica e di violenza ed oggi non è più così, si sente che c'è un tentativo di risolvere i problemi attraverso la diplomazia. Ma nonostante ciò si ricomincia a sentire di nuovo tensione, sotto la pressione legata allo status" - conclude l'operatore. [GB]

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