Con l'espressione “intermediazione filantropica” si intende l'attività svolta da enti senza finalità di lucro che mettono a disposizione di chiunque voglia donare, ma non abbia i mezzi o l’intenzione di costituire una propria fondazione, la possibilità di usufruire dei benefici della filantropia istituzionale. (Scopri di più su:
IlGiornaleDelleFondazioni.com)
Oltre alle fondazioni di comunità, in Italia, tale servizio è offerto dalla
Fondazione Italia per il Dono (F.I.Do) che ha tra i suoi soci fondatori importanti realtà come
Fondazione Allianz Umana Mente,
Assifero,
Fondazione italiana Charlemagne a finalità umanitarie onlus,
Gruppo ERSEL Investimenti S.p.A.,
CFO Sim S.p.A.,
Consiglio Nazionale del Notariato,
INTEK Group S.p.A.. A quasi tre anni dalla sua istituzione, abbiamo provato a tracciare un bilancio delle azioni intraprese da F.I.Do. Alla luce della ripresa della generosità degli italiani - messa in evidenza dalle ultime rilevazioni sulle donazioni - l'operato degli intermediari filantropici risulta essere doppiamente rilevante in quanto, se guidato nella giusta direzione, permetterebbe al settore filantropico di crescere e di sviluppare un sistema di welfare integrativo dell'intervento pubblico.
Non è passata inosservata la notizia, diffusa in questi giorni, della riduzione della spesa pubblica italiana per le politiche sociali e assistenziali in virtù dell'accordo fra Stato e Regioni. Oggetto dell'intervento governativo sono stati in particolare il Fondo nazionale per le politiche sociali e il Fondo per le non autosufficienze, che rischiano di perdere rispettivamente 211 milioni di euro sui 311,58 milioni stanziati nell’ottobre 2016, e 50 milioni di euro passando da 500 a 450 milioni1. Un segnale non positivo che rischia di aggravare ulteriormente le fratture sociali presenti nel nostro Paese in un momento in cui – come ha evidenziato il coordinamento del
Forum del Terzo Settore - «la spesa sociale necessiterebbe di maggiori investimenti per rafforzare le misure di inclusione sociale delle persone svantaggiate, non certo di tagli che minacciano la realizzazione di servizi sociali di base e rappresentano inaccettabili passi indietro».
Verso una cultura del dono
A fronte di un welfare pubblico che si indebolisce - come dimostra il ridimensionamento del Fondo nazionale per le politiche sociali, che nel 2017 potrà contare su un ammontare pari ad appena il 5% di quanto aveva a disposizione nel 2004 - aumenta la generosità degli italiani che negli ultimi anni hanno sviluppato una maggiore propensione alla solidarietà nei confronti delle fasce più deboli e vulnerabili della popolazione. A metterlo in evidenza sono sia le stime elaborate dal
Censis sia i dati raccolti dal mensile
Vita nella seconda edizione del rapporto “Giving Italy” sulle donazioni degli italiani. L'indagine condotta dal Censis evidenzia che sono 32 milioni gli italiani (il 64%) che hanno fatto almeno una donazione nell'ultimo anno a enti che svolgono attività di utilità sociale. Per il Censis sono gli adulti tra i 35 e i 64 anni (il 69,5%) e le persone con più di 65 anni (il 65%) a donare con maggiore frequenza, anche se la quota di aiuti risulta essere rilevante pure tra i giovani di 18-34 anni (il 47%). Confrontando tra loro i risultati dell'indagine, emerge che gli italiani più altruisti sono donne (il 66% contro il 62% degli uomini) di 45-64 anni (il 72%), con il diploma o la laurea (il 68%) e residenti nelle regioni del Nord-Est (il 72% rispetto al 59% del Centro)2.
Allo stesso tempo la ricerca realizzata da Vita, incrociando i dati di Istat, Istituto Italiano della Donazione, Doxa e Gfk Eurisko, stima che nel 2015 sono stati versati oltre 4,5 miliardi di euro a favore di associazioni senza fini di lucro. Sebbene dal 2011 al 2015, 2 milioni di persone hanno deciso di non effettuare donazioni, tale perdita è stata compensata dal maggiore impegno dei filantropi con patrimoni di oltre 1 milione di euro, che nel 50% dei casi hanno aumentato le offerte proprio nel 2015. Prendendo in considerazione il reddito pro-capite, il rapporto mette in luce che «i donatori appartengono in maggioranza alla classe media, mentre i “poveri” sono in proporzione più generosi dei ricchi». Analizzando le erogazioni che permettono di usufruire delle agevolazioni fiscali per le Onlus, lo studio rileva che nel 2014 il 46% dei donatori aveva un reddito compreso tra i 15mila e i 35mila euro. Significativo anche il dato relativo all’erogazione media pro capite: se le persone con redditi superiori ai 300mila euro l'anno donano 580 euro a testa, gli indigenti (ossia coloro che hanno un reddito nullo dichiarato ai fini Irpef) offrono 233 euro a testa, cifra non molto distante dai 368 euro a testa donati da coloro che hanno un reddito compreso tra i 100 e i 300mila euro l'anno3.
Le informazioni offerte dal Censis e da Vita testimoniano che alcuni segnali di cambiamento iniziano ad essere visibili all'interno della nostra società. Anche se l'Italia presenta un notevole ritardo rispetto a contesti caratterizzati da una lunga e consolidata tradizione filantropica, come gli Stati Uniti e il Regno Unito, il contributo dei privati sta diventando sempre meno marginale a causa della necessità di trovare soluzioni alternative agli investimenti pubblici che lo Stato italiano non è più in grado di garantire, soprattutto nell'ambito delle politiche sociali. A questo proposito il Censis parla di un significativo cambio di rotta, precisando che non si tratta di «sporadici slanci di generosità» ma della creazione di una vera e propria «rete di aiuto informale sostenuta dalle donazioni e da una responsabilità individuale diffusa». Gli italiani dimostrano, quindi, di essere più consapevoli dei benefici derivanti dall'essere cittadini attivi e scelgono di contribuire in prima persona alla costruzione di una comunità maggiormente coesa e inclusiva. Tuttavia questo orientamento spontaneo e vitale verso la generosità rischia di non riuscire a massimizzare i propri risultati se non inserito in un ambiente in grado di dargli forza e concretezza. È quanto sostiene Riccardo Bonacina, presidente di Vita, che ritiene indispensabile «ricreare consenso sulle attività meritorie e generose che la società sviluppa, quasi da sé» per far sì che la solidarietà si affermi come una risposta concreta capace di creare valore non solo per chi la riceve ma anche per chi la dona.
Il contributo della Fondazione Italia per il Dono
I dati sulle donazioni confermano che la cultura del dono sta tornando ad essere centrale nella società italiana. In quest'ottica iniziative come quelle intraprese dalla Fondazione Italia per il Dono (F.I.Do) - presieduta da Stefano Zamagni, il principale esperto di economia civile del nostro Paese - meritano di essere analizzate con attenzione in quanto, se indirizzate nella giusta direzione, rappresentano una grande opportunità per contribuire alla promozione e alla diffusione della filantropia istituzionale in Italia. Come noto, F.I.Do offre servizi di “intermediazione filantropica” mettendo a disposizione le proprie strutture e competenze a favore di persone, aziende e organizzazioni che desiderano perseguire obiettivi di utilità sociale, ma che non vogliono o non possono assumersi gli oneri collegati alla creazione di una fondazione autonoma oppure di un trust. Nata nel giugno 2014 – dopo due anni di sperimentazione del Comitato per la promozione del dono onlus, che aveva lo scopo di testare lo strumento dell'intermediazione filantropica nel nostro Paese – F.I.Do può contare oggi sul contributo e sul supporto di importanti realtà attive nel settore filantropico e non solo, quali Fondazione Allianz Umana Mente, Assifero, Fondazione italiana Charlemagne a finalità umanitarie onlus, Gruppo ERSEL Investimenti S.p.A., CFO Sim S.p.A., Consiglio Nazionale del Notariato, INTEK Group S.p.A.,
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Scopo prioritario di F.I.Do è quello di “promuovere il dono come fine e non come strumento, rendendo la filantropia alla portata di tutti”, attraverso il sostegno di singoli progetti oppure la costituzione di fondi che hanno gli stessi vantaggi di una fondazione privata, ma senza le responsabilità burocratiche e amministrative connesse alla sua creazione e gestione. F.I.Do si presenta come una struttura trasparente, in grado di garantire la completa tracciabilità di ogni singola donazione; economica perché permette al donatore di usufruire di economie di scala; semplice, flessibile e sicura perché capace di verificare - e se necessario di imporre - che le risorse erogate vengano effettivamente utilizzate per le finalità previste, raccogliendo la rendicontazione e mettendola a disposizione del donatore e delle persone da lui indicate. Questa caratteristica risulta essere particolarmente rilevante se si considera che uno dei principali ostacoli alla mobilitazione di liberalità è dato dal timore che le proprie risorse vengano spese per altri fini. Inoltre, F.I.Do è un soggetto neutrale, che si astiene dalla gestione diretta di progetti e iniziative evitando di incorrere in eventuali conflitti d'interessi.
Nel corso di quasi tre anni di attività, F.I.Do ha dato concretezza alla propria mission attraverso tre principali tipologie d'azioni: la promozione di progetti da finanziare, la costituzione di fondi e l'attuazione di interventi di advocacy a favore di tematiche connesse alla cultura del dono. Analizzando la sezione “progetti” presente sul sito web della Fondazione, è possibile registrare che al momento attuale vi sono 54 progetti destinati a finanziare una specifica iniziativa, con un incremento degli stessi nel corso del tempo: si è passati da 4 progetti avviati nel 2013, a 12 progetti iniziati rispettivamente nel 2014 e nel 2015, per arrivare a 24 progetti presentati e approvati nel 2016. Se si suddividono i progetti per tipologia di assistiti, si ottiene che 14 progetti hanno quali beneficiari diretti le persone con disabilità; 12 sono rivolti all'intera comunità; 9 si occupano di minori; 8 sono dedicati ai giovani; 4 ai malati; 2 agli immigrati; 1 alle famiglie e i restanti 4 ad altre tipologie di destinatari. Suddividendo i progetti per aree tematiche, si ricava che 27 progetti rientrano nell'ambito dell'assistenza sociale; 9 nel settore delle attività culturali e artistiche; 7 operano nel campo dell'istruzione; 4 in quello della ricerca; 3 nella tutela del patrimonio storico-artistico; altri 3 riguardano attività di tipo religioso; e 1 ricade nell'ambito della sanità. Da un punto di vista territoriale si registra una marcata dicotomia tra Nord e Sud del Paese, con 37 progetti che hanno una ricaduta nelle regioni settentrionali, 3 in quelle centrali e solo 2 nelle regioni meridionali. Inoltre 7 progetti si sviluppano sull'intero territorio nazionale, 3 non hanno una specifica area geografica di riferimento in quanto si occupano, ad esempio, dello studio di malattie rare, e 1 rientra nella categoria “fuori territorio”.
Al pari dei progetti anche la costituzione di fondi ha subito un incremento nel corso degli anni: secondo il Rapporto 20154 di F.I.Do i fondi creati al 31 dicembre 2015 risultano essere 26, mentre al momento attuale il sito web della Fondazione annovera un numero di fondi pari a 36, con 17 nuovi fondi costituiti nel 2016. Di questi, 4 sono fondi di comunità, ossia promuovono un'attenzione per un particolare territorio come auspica ad esempio “Il Fondo Insieme per la comunità”, finalizzato al perseguimento di scopi di solidarietà sociale in un ambito territoriale circoscritto al X Municipio Roma–Ostia. I fondi istituiti in ricordo di una persona cara e significativa sono 4, tra cui è possibile citare a titolo esemplificativo il Fondo “Michele Tansella” che finanzia un premio internazionale di 2000€ in memoria di Michele Tansella e del suo fondamentale contributo nelle ricerche di Epidemiologia Psichiatrica e nella valutazione dei Servizi di Salute Mentale. Infine i fondi destinati a sostenere una specifica progettualità risultano essere la maggioranza: tra i 28 fondi per progetti promossi tramite F.I.Do, merita una menzione speciale il Fondo “I love Norcia”, nato dalla volontà degli abitanti di Norcia desiderosi di continuare a vivere nelle zone colpite dal terremoto del 30 ottobre 2016. In particolare, il Fondo intende «rappresentare l'amore per questa cittadina di chiunque vi abiti, vi soggiorni o che semplicemente vi sia in qualche modo legato, raccogliendo donazioni che andranno a supportare progetti di utilità sociale proposti dai cittadini e per i cittadini che non vogliono lasciare la loro terra». Ad oggi tale Fondo può contare su una disponibilità di circa 89.000 euro. Secondo i dati contenuti nel Rapporto Annuale 2015 di F.I.Do, al 31 dicembre 2015 le donazioni raccolte attraverso i fondi erano pari a 949.892,67 euro, di cui 303.832,02 euro erano già stati erogati o ai fondi stessi o a progetti specifici patrocinati dai fondi stessi.
Sul fronte delle azioni di advocacy portate avanti dalla Fondazione Italia per il Dono, la più significativa è rappresentata dal recente accoglimento, da parte del Parlamento Italiano, di un emendamento suggerito da F.I.Do alla Legge sul “Dopo di noi” che reca “Disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità e prive del sostegno familiare”. Grazie all'intervento della Fondazione, l’art.1 della Legge prevede ora la possibilità di istituire «fondi speciali composti di beni sottoposti a vincolo di destinazione, sia disciplinati con contratto fiduciario, sia costituiti presso organizzazioni non lucrative di utilità sociale, riconosciute come persone giuridiche, che operano prevalentemente nel settore della beneficenza», in aggiunta all'istituto del trust.
Sfide e prospettive future
La capacità della Fondazione Italia per il Dono di operare sull'intero territorio nazionale, superando i vincoli geografici tipici delle fondazioni di comunità, la rende uno “strumento Paese” dalle elevate potenzialità. In virtù delle reali competenze e garanzie che la Fondazione è in grado di offrire, il suo ruolo acquisisce un peso ancor più rilevante in un contesto come quello italiano in cui, proprio perché il settore filantropico non ha ancora raggiunto una piena maturità, esistono molteplici spazi di sperimentazione per promuovere e diffondere l'idea che anche i privati possono partecipare in maniera attiva alla costruzione del bene comune. A questo proposito due campi di intervento sembrano offrire notevoli margini di sviluppo.
In primo luogo, il “mercato dei lasciti testamentari” rappresenta un settore destinato ad acquisire un'importanza sempre maggiore nel mondo della filantropia se si tiene conto del fatto che nei prossimi anni aumenterà il numero di persone senza figli ed eredi, e che contestualmente stiamo assistendo a un allentamento dei vincoli familiari e a una maggiore sensibilità per le tematiche sociali. Per farsi un'idea del valore che la pratica del “testamento solidale” sarebbe in grado di generare, è possibile consultare le stime sui lasciti testamentari destinati al Terzo Settore elaborate dall'Osservatorio della Fondazione Cariplo5, diretto da Gian Paolo Barbetta. Secondo queste stime, nel 2020, il valore del patrimonio potenzialmente disponibile a favore del Terzo Settore, al netto della quota riservata agli eredi legittimi, sarebbe pari a 86 miliardi di euro complessivi. Il numero di famiglie italiane i cui patrimoni potranno essere potenzialmente disponibili per lasciti alle istituzioni del Terzo Settore passeranno dalle oltre 62mila del 2020 alle quasi 424mila del 2030. Come messo in evidenza dallo studio, nonostante il periodo di forte crisi economica e finanziaria, il patrimonio detenuto dalle famiglie italiane ha continuato a crescere, passando da 7.915 a 9.518 miliardi di euro (+20% per il totale nazionale). Le stime elaborate dalla
Fondazione Cariplo dicono che nell’arco dei prossimi 15 anni, è destinata a essere trasferita mortis causa circa un quinto della ricchezza netta del Paese, prevedendo che nel 2030 saranno più di 6 milioni le famiglie in cui si verificherà una successione. All’interno di tale flusso, appare ragionevole immaginare che il valore potenziale dei lasciti alle istituzioni del Terzo Settore possa rappresentare un ammontare significativo, corrispondente a circa l’1% della ricchezza complessiva. Pertanto in Italia, il valore economico di tale ricchezza potrebbe oscillare fra i 100 e i 129 miliardi di euro.
Anche se la Fondazione Italia per il Dono non ha ancora formalmente aderito al
Comitato Testamento Solidale, che riunisce prestigiose organizzazioni non-profit che operano in Italia e nel mondo per promuovere la cultura del testamento solidale nel nostro Paese, esiste un interesse verso questo campo d'applicazione come testimonia la partecipazione di F.I.Do all'incontro organizzato in collaborazione con il Consiglio Notarile di Milano, che si è tenuto mercoledì 22 febbraio presso la sede di Ciessevi, e intitolato “I lasciti testamentari solidali. – Quanto può fare un testamento? La guida dell’Ordine dei Notai e l’esperienza unica di Fondazione Italia per il Dono”.
Altro settore da non trascurare è, dal nostro punto di vista, quello degli investimenti a favore della cultura. Anche in questo caso, combinando i risultati ottenuti dallo strumento dell'Art Bonus con la propensione a donare dei grandi donatori, emergono vasti bacini di risorse non ancora sfruttate che potrebbero essere intercettate nei prossimi anni, senza tralasciare la grande opportunità offerta dalle collezioni private di opere d'arte in termini di potenziali lasciti testamentari a favore di musei e spazi espositivi statali e privati. Dall'analisi dei dati sull'Art Bonus6 si evince che nonostante le persone fisiche rappresentino la maggioranza dei donatori (66%), i privati cittadini incidono solo per il 5% se si considerano le somme complessivamente erogate, lasciando spazio ad ampi margini di miglioramento in termini di risorse elargite. Allo stesso tempo, il World Giving Index 20167 stima che il 91% tra gli italiani HNWI (High Net Worth Individual) ha effettuato una donazione nel 2015 (+11% rispetto al 2014) e il 27% ha aumentato le proprie elargizioni (+13%). Sono inoltre aumentate le donazioni superiori ai 10.000 euro l’anno e la percentuale di chi ha donato tra 51.000 e 100.000 euro (15% dal 3% del 2014), mentre per la prima volta si è registrato un 1% di HNWI con donazioni superiori a 100.000 euro (UNHCR e Gruppo Kairos 2016)8, offrendo un'ulteriore prova della crescita della propensione a donare anche da parte di chi detiene grandi patrimoni.
L'Individual Philanthropy Index 20169 evidenzia che la maggioranza dei filantropi (61%) considera le persone, gli enti e le società che forniscono consulenze di tipo professionale necessari per raggiungere risultati sostenibili, oltre ad essere tra le fonti che offrono i consigli più efficaci insieme a parenti e familiari, e al confronto tra pari. Tale aspetto, come è facile intuire, apre molteplici possibilità di intervento alle strutture di intermediazione filantropica in grado di offrire servizi e competenze ampiamente richiesti dai filantropi attuali e potenziali. In tal senso, la promozione della cultura del dono all'interno del complesso scenario italiano potrebbe essere agevolata dal lavoro degli intermediari filantropici, che oltre a fare da ponte tra i donatori e le comunità di riferimento, potrebbero creare le condizioni per lo sviluppo di nuove professionalità all'interno di un settore in grado di generare valore condiviso e di contribuire alla creazione di una società solidale e sussidiaria.