Sarà captato anche a voi di avere ospiti a casa, amici stretti o conoscenti.
C’è sempre quella sorta di “ansia da prestazione” che sale: abbiamo fatto tutto il possibile? La casa è in ordine? Piacerà la cena? Ci siamo ricordati i gusti e le abitudini alimentari di tutti? Come ci vestiamo? Si sentiranno a loro agio? Si sentiranno accolti?
Iniziamo giorni, ore prima a organizzarci più o meno accuratamente in base agli ospiti che aspettiamo e all’occasione: sistemiamo, puliamo, “educhiamo” la famiglia su come comportarsi. Li accogliamo con più o meno ansia che tutto vada bene, che la nostra casa sia accogliente e che passino del tempo di qualità come fossero a casa loro.
L’ansia da prestazione non si esaurisce però con la serata, perché alcune ore dopo, ci teniamo a ringraziarli, a dirgli quanto piacere ci abbia fatto averli a casa nostra, e come sia stato bello trascorrere del tempo con loro.
Ecco… se nella vita vissuta, reale, vera ci comportiamo così, perché questo non avviene quasi mai con gli “ospiti” più importanti per le nostre organizzazioni, i donatori? Quante sono le organizzazioni che sentono l’ansia da prestazione? E che soprattutto hanno iniziato a gestirla?