Oltre sei milioni e mezzo di persone in Italia fanno volontariato in modo organizzato o individuale. Ma le attività volontarie sono utili soltanto a chi ne fruisce o anche a chi le svolge? Oltre la retorica, in quale misura il volontariato contribuisce effettivamente a renderci un paese migliore? (Scopri di più su:
VolontariatoePartecipazione.it)
Questo volume, esito della sinergia tra accademia, sistema statistico nazionale e mondo del volontariato, prende in esame gli impatti sociali, psicologici, politici ed economici del volontariato organizzato e individuale, nonché i fattori sociali e istituzionali che facilitano l’attivazione.
L’indagine, pubblicata da Il Mulino nella collana “Percorsi”, dal taglio interdisciplinare, vede coinvolti alcuni dei più autorevoli studiosi italiani e applica per la prima volta su larga scala lo standard internazionale dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) allo studio delle attività di volontariato nel nostro paese. Ne emerge uno scenario composito, che arricchisce il dibattito scientifico e offre spunti di riflessione agli addetti ai lavori. «Fare volontariato» contribuisce al benessere psicologico, favorisce la partecipazione politica, genera fiducia e sembra avere anche un valore professionalizzante. D’altra parte, per quanto le attività volontarie siano una possibilità per tutti, la differenziata disponibilità di risorse economiche e culturali pesa in modo significativo sulla probabilità di essere attivi.
Riccardo Guidi è ricercatore in Sociologia generale presso il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Pisa. Ksenija Fonovic è Vicedirettore di SPES, Centro di Servizio per il Volontariato del Lazio. Tania Cappadozzi è ricercatrice all’Istat, Direzione centrale per le statistiche sociali e il censimento della popolazione.