Bibata Ouedraogo, Su Changlang, Eren Keskin, Máxima Acuña, Helen Knott sono tutte difensore dei diritti umani che hanno deciso di dedicare la propria vita alla battaglia quotidiana per la realizzazione dei diritti umani di tutte e tutti noi. (Scopri di più su:
Amnesty.it)
In Burkina Faso, nella Repubblica Popolare Cinese, in Turchia, in Perù e in Canada, queste donne coraggiose, vengono minacciate, vessate, insultate, umiliate, censurate, marginalizzate, picchiate, imprigionate, perseguitate penalmente per il loro lavoro in difesa dei diritti umani; per aver sfidato gli stereotipi di genere, le strutture del potere e del profitto, le norme sociali e i valori patriarcali, religiosi e tradizionali; per aver rivendicato i diritti sessuali e riproduttivi e i diritti ambientali e dei popoli nativi.
Loro difendono i nostri diritti, noi dobbiamo difendere il loro spazio d’azione, contribuendo a creare un ambiente sicuro e idoneo in cui sia possibile difendere e promuovere i diritti umani senza timore di punizioni, rappresaglie o intimidazioni.
Perché non ci siano altre donne che muoiono per aver difeso i diritti umani – come la coraggiosa Berta Càceres, uccisa il 2 marzo 2016 per il suo lavoro in difesa della terra e dei diritti della comunità nativa in Honduras – chiediamo che il Governo italiano riconosca il ruolo di coloro che difendono i diritti umani e in particolare quello delle donne, che spesso affrontano rischi aggiuntivi sia per il loro genere che per i diritti contestati che rivendicano e che si adoperi, sia attraverso le sue missioni all’estero, che sul nostro territorio, con azioni concrete a favore delle difensore a rischio, legittimandole, proteggendole e promuovendo il loro lavoro in Italia e all’estero.