Anna Detheridge ha ricevuto dalla Facoltà di Medicina di Harvard il Fritz Redlich Award in Global Mental Health and Human Rights. In occasione della consegna del premio a Orvieto, ha tenuto una lectio magistrale dal titolo “Beauty and Justice in a troubled World”. Alcuni passaggi sono stati pubblicati sul numero di gennaio 2017 di Vita. (Scopri di più su:
IlGiornaleDelleFondazioni.com)
Il movimento influenza i sensi, come sapeva bene James Gibson che studiava gli atterraggi degli aerei nella seconda Guerra mondiale. La comprensione motoria sensoriale, mette a fuoco il mondo, come una realtà dinamica, insieme alla nostra prospettiva che cambia.
Il filosofo Alva Noë crede che il mondo si apra a noi attraverso l’esperienza, guardandolo e capendolo. La comprensione quindi è sostanzialmente una capacità e non l’accumularsi delle nozioni relative al mondo. La nostra presenza nel mondo è una forma di disponibilità. Ciò significa che è la situazione in cui siamo che ci forma e non viceversa. La comprensione deve essere de-intellettualizzata. Vivere e sopravvivere richiedono una serie di competenze acquistate con fatica che allo stesso tempo plasmano il nostro mondo e il mondo intorno a noi.
In modo non sorprendente Noë è affascinato dalla danza e spesso ha lavorato con coreografi e ballerini. Cosa vedi quando guardi la danza per esempio?
La danza è un modo di conoscere attraverso l’esperienza del corpo. Virgilio Sieni, coreografo e direttore artistico della Biennale di Venezia 2015-16 durante una lectio magistralis a Cà Giustinian, ha parlato della conoscenza intuitiva dei facchini veneziani che corrono per le strade affollate della città coi piedi ben piantati a terra, senza mai urtare nessuno. Come ci riescono?
La percezione motoria sensoriale dell’esperienza attraverso la vista, l’udito e il tatto produce un cambiamento sensoriale. Coloro che percepiscono devono avere una familiarità con le conseguenze sensoriali del loro ambiente. Sapere come muoversi è qualcosa che risulta naturale solo quando sei sul posto; i punti di riferimento, la visione periferica, e vari tipi di segnali fanno scattare la memoria. Vedere non è rappresentare ma è un modo di avere accesso al mondo.
La ricerca e il lavoro di Virgilio Sieni si occupano in modo marginale di produrre eventi per il pubblico. La maggior parte del suo lavoro è con le persone comuni. È convinto che I ballerini professionisti abbiano da guadagnare dall’incontro coi non ballerini tanto quanto dall’incontro con chi ha studiato danza.
Mi ha raccontato che in questo workshop dedicato alle madri e alle figlie, l’aspetto più affascinante è stato vedere come dopo la terza e la quarta lezione i ruoli si ribaltassero. “Non è possibile che una mamma competa con una bambina di 10 anni, rispetto alla memoria e all’abilità di imparare e capire il movimento”.
Virgilio Sieni, Madri e figlie Siena, Arles
Attraverso questi movimenti simultanei sperimentali guidati in direzioni diverse, i partecipanti prendono vita, i più anziani riprendono fiducia nel proprio corpo, si relazionano con rispetto, riguadagnano la bellezza, l’armonia, si riappropriano non solo dei propri corpi ma di un’interezza che era stata scordata.
In un altro workshop con la popolazione locale di Scampia, (un’area urbana nei dintorni di Napoli, colpita dalla povertà e dalla droga), intitolata L’Oro di Scampia Dignità del Gesto (The gold of Scampia. Dignity of Gesture) Virgilio Sieni descrive le azioni come dei “leggeri movimenti per essere vicini e in contatto. Il concetto è simile al coniunctu di Lucrezio o all’idea di connettere ciò che non può essere separato dalla natura del corpo; il peso, il senso di gravità, l’età e l’eventum, tutto questo accade accidentalmente a qualsiasi corpo. Ogni gesto corrisponde all’osservazione interna, ascoltando la natura materiale e il flusso di energia; allo stesso tempo i corpi, uno vicino all’altro o nel tentativo di essere così, automaticamente produce segnali coreografici e umani”.
Così la bellezza allevia il dolore. Aiuta il processo di guarigione, è prima di tutto un conforto. Tristemente le arti oggi stanno diventando invisibili, superflue, una ciliegina sulla torta, come lo sono per il nuovo Governo conservatore britannico che ha già abolito i diplomi in storia dell’arte. La retorica del potere non favorisce la bellezza. Il potere impedisce il riconoscimento che altri mondi siano possibili oltre ai “cerchi concentrici che assicurano il proprio solipsismo”. Viviamo in una società sempre più solipsista e autistica. Il solipsismo è sempre dietro l’angolo in tutte le forme di espressione anche nelle arti, specialmente nelle arti favorite da alcuni circuiti chiusi e mercati d’arte. Il lavoro della “finta motivazione” è formale non sostanziale: impedisce alla mente di arrivare al luogo in cui può ragionare.
A chi sembra utile il solipsismo? Allo status quo. Per essere certi che niente cambi mai, o di più, che nessuno immagini che le cose potrebbero essere diverse. Nell’ipercritico mondo moralista della destra estrema ma anche nella sinistra politicamente corretta, la percezione riempita di piacere è considerata moralmente malvagia, mentre la percezione avversiva (informarsi sulle sfortune del mondo) è moralmente positiva. L’etica moderna intende rendere tutti i sensi eticamente utilitaristi: la duratura affermazione che la bellezza ci rende poco attenti all’ingiustizia. O che la bellezza reifichi. O che l’arte sia per gli specialisti.
Quindi che speranza c’è per il mondo senza l’arte? L’arte e il suo apprezzamento intesi non come erudizione, ma come sensibilità acquisita per gli esseri umani e per il nostro ambiente, non solo accresce le nostre vite ma dà il proprio significato, soprattutto a coloro che hanno sofferto il dolore, l’ingiustizia, l’abbandono.
Gli atti di immaginazione, le pratiche creative, le capacità ricreative sono processi di guarigione.
Nel suo libro più recente “Sulla bellezza e sull’essere giusti”, Elaine Scarry fa il tentativo di riabilitare la bellezza nel mondo contemporaneo. L’abilità di percepire la bellezza è necessaria per l’abilità di occuparsi del mondo intorno a noi, per dare importanza a ciò che abbiamo, al nostro contesto osmotico vitale, all’ambiente, per proteggerci dall’abbandono, dal disintegrarsi delle cose e dei valori.
La bellezza genera impegno e attenzione. Il momento in cui si percepisce qualcosa di bello è il dono della vita, conferisce energia a chi percepisce. La bellezza è allo stesso tempo pacifica, provenendo da un patto pacifico di garanzia della vita.
Gli artisti sono sempre i nostri grandi alleati. Vedere e soprattutto rendere visibili le cose invisibili è un’abilità, una capacità come la intende Amartya Sen, una capacità che dovrebbe essere considerata indicatore di una società sana, parte del linguaggio collettivo insieme agli indicatori economici, in favore dei quali spesso parla Sen.
La correttezza significa bellezza e allo stesso tempo equità, “giustizia”, uguaglianza. La correttezza e la giustizia sono concetti abbastanza vicini in molte lingue. La definizione di John Rawls di correttezza è di “simmetria delle relazioni tra tutti”. La simmetria è un concetto estetico geometrico presente nella matematica euclidea, nel cubo ad esempio, uguale in tutti i lati, o nella sfera, la forma perfetta. La bilancia, simbolo di giustizia, è in equilibrio perfetto. Dai filosofi classici ai teologi cristiani, come Sant’Agostino, ai pensatori dell’illuminismo, ai teorici politici contemporanei come Rawls e Amartya Sen, l’invito alla correttezza etica, l’aspirazione all’uguaglianza politica, sociale ed economica, sono basati su un’immagine mentale di equilibrio come obiettivo da mantenere, dando l’autorità alle istituzioni.