Se ne è parlato molto nel corso del 2016 e alla fine il grande giorno è arrivato: è infatti entrato in vigore il 25 gennaio 2017 il provvedimento relativo al recepimento della Direttiva UE 95/2014 che rende obbligatoria la rendicontazione non finanziaria per le imprese di interesse pubblico con più di 500 dipendenti. (Scopri di più su:
OsservatorioSocialis.it)
In contemporanea l'Osservatorio Socialis pubblica uno studio del Dipartimento di Scienze dell’Economia dell’Università del Salento, che ha stilato una classifica delle "informazioni non finanziarie" redatte dalle aziende destinatarie della norma in merito a politiche di genere, diversità, ambiente, lotta alla corruzione, diritti umani.
"La norma rappresenta certamente un passo avanti - commenta Roberto Orsi, Direttore dell'Osservatorio Socialis, che ha seguito l'iter di recepimento fin dalle prime battute -. Riguarda società che nei fatti non sono del tutto estranee alla comunicazione delle informazioni non finanziarie. Per loro questa Direttiva significa dover fare di più – o meglio – parte di quanto già stanno facendo. Secondo lo studio il 25% di queste imprese è già molto avanti, per il restante 75% c'è tutto il 2017 per adeguarsi, il che vuol dire far crescere la cultura della CSR al proprio interno, coinvolgere il personale, migliorare le performance sociali e di sostenibilità e imparare a comunicare ciò che si fa".
Lo studio del team di ricerca, coordinato dal professor Andrea Venturelli, e intitolato "L’impatto della Direttiva Non Financial Information e di diversità sui bilanci delle imprese quotate italiane. Alcune prime evidenze empiriche", ha calcolato il «Non Financial Score» applicando le linee guida pubblicate nel giugno 2016 dalla «Commissione Sostenibilità e Corporate Reporting» del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili, assegnando un punteggio alle informative non finanziarie prodotte dalle aziende prese in esame, informative presenti nei bilanci pubblicati.
Il campione oggetto di analisi è composto da 134 società quotate presso Borsa Italiana (altrimenti definite Enti di Interesse Pubblico) che presentano un numero di dipendenti non inferiore a 500 unità. Il campione, se si escludono le banche, le compagnie assicurative e le altre società finanziarie, nonché le multinazionali, rappresenta la totalità delle imprese quotate italiane.
Analizzando l'informativa non finanziaria di queste imprese relative all'esercizio 2015 il team ha assegnato a ogni azienda un "non financial score", ovvero un punteggio percentuale costruito utilizzando queste variabili:
- Descrizione del business model aziendale, ovvero l’analisi delle informazioni relative al rapporto tra l’azienda e gli stakeholder
- Descrizione della politica adottata dall’azienda in tema di sostenibilità
- Descrizione dei rischi non finanziari e delle eventuali strategie adottate per farne fronte
- Descrizione dei Key Performance Indicator
- Descrizione della politica in tema di diversità.
La ricerca ha messo in luce alcune evidenze empiriche:
- Il dato complessivo sul non financial score dell’intero campione è pari al 43%.
- L'informativa migliore è quella che riguarda il modello di business delle aziende.
- L'informativa peggiore è quella che riguarda la descrizione delle politiche in tema di diversità (di genere, di età, culturale, ecc...)
- Il settore più virtuoso è Oil & Gas. Le aziende presentano un livello d’informativa migliore rispetto alle altre imprese del campione soprattutto sul tema dei rischi di sostenibilità. Il Non financial score si attesta al 68%. Molto distanziato troviamo il settore consumer services (46%) telecomunicazioni con il 41%, quindi health care e consumer goods entrambi con un punteggio pari a 41%. A seguire il settore industrials (38%). Chiude la classifica il settore basic materials con il 25%.
- Il 41% delle imprese ha pubblicato bilanci di tipo volontario (report sociali, ambientali, di sostenibilità e report integrati). In queste imprese il dato sul NF_score si raddoppia.
- 34 aziende su 134 (il 25%) hanno conseguito un Non financial score superiore all'80%. Ciò significa che i report del 2015 erano, secondo gli indicatori utilizzati dai ricercatori, già in linea con la nuova normativa.
Le imprese che presentano un non financial score più alto sono quelle che:
- presentano un numero di dipendenti più alto
- redigono già un modello di bilancio su base volontaria (report di sostenibilità e report integrato)
- presentano un’asseverazione in tema di informativa non financial
- utilizzano lo standard internazionale GRI (G4 o G3).
“Il dato più alto dell’intero campione in tema di descrizione del business model – chiarisce il Professor Andrea Venturelli, coordinatore del team di ricerca - conferma un orientamento al mercato che prende in considerazione prevalentemente lo shareholder, come portatore di interesse, e di rado altri stakeholder (come invece richiesto dal framework IIRC). La scarsa informativa in tema di rischi non-financial denota una carenza nel top management che non considera strategici i rischi ambientali e sociali. Il sistema degli indicatori è il segnale evidente dell’assenza in circa il 60% delle imprese del campione di un sistema di sustainability control system. In ultimo, la scarsa attenzione al tema della diversity è legato essenzialmente ad una governance ancora poco aperta ai temi della diversità se messo a confronto con altri Paesi diversi dal nostro”.