Come ogni anno, si sta per abbattere su tutti noi il Natale. Per fortuna c’è Non Con I Miei Soldi! che non vi lascia mai soli nel momento del bisogno. (Scopri di più su: NonConIMieiSoldi.org)

E il momento del bisogno è precisamente quello in cui in mezzo a parenti che nemmeno sospettavate di avere, indossando improbabili sciarpe che dovrete fingere di aver desiderato da sempre e affrontando quantità di cibo che sfamerebbero il terzo fucilieri e portate la cui digeribilità va dal tombino di ghisa in su dovrete sottostare alla sfilza di domande sulla finanza, perché siete il solo che ne capisce un poco, ma nessuno riesce a esimersi dal dire la sua.

Quindi ecco a voi, in esclusiva, la guida di Non Con I Miei Soldi alla cena natalizia, un indispensabile manuale per affrontare alcune conversazioni di base che, da qui a qualche ora, vi toccheranno.


La nonna Adalgisa e lo spread sul tortellindex

«Tesoro senti, sai che con il nonno avevamo sempre investito in titoli di Stato, che per carità, non ci diventi ricco, ma ci abbiamo sempre messo da parte qualcosina. A proposito, ma non li mangi altri due tortellini, della nonna?»

Tu pensi che l’ultima volta che li hai visti, su quei titoli c’era scritto Regno Borbonico, e che dovrai partire da lontanissimo. Fai fatica a comprendere il nesso logico tra i suddetti titoli e i tortellini che hai davanti. Ti interroghi poi sul significato di “due tortellini” quando sei al sesto piatto stracolmo.

Ma lo sguardo speranzoso di nonna e quello severo di tua madre dall’altro lato del tavolo ti suggeriscono di non disquisire.

«Si, nonna»
«Ecco, sono andata in banca come faccio sempre, ma mi hanno detto che i bittipi mi danno si e no l’1%, e che i bot sono addirittura sotto zero. Ma com’è possibile? Se è così, uno si tiene tutto sotto il materasso si tiene. Ai miei tempi… Ma non li vuoi due tortellini, che sei sciupato a nonna?»
«Ecco nonna, è che negli ultimi anni, con il quantitative easing…»
«Il cuantinisivi?»
«No nonna, il… Beh, negli ultimi anni hanno stampato tanti tanti soldi, per cercare di fare ripartire l’economia».
«Chi stampa i soldi? I falsari? Come quella volta che hanno provato a rifilarmi la diecimila lire falsa, ma io gli ho detto che… Ma non finisci i tortellini a nonna?»
«No, nonna, non dei falsari, la banca centrale stampa soldi, solo che poi sono troppi e devono essere investiti sui mercati, allora i rendimenti scendono e… Ecco, è come se ci fossero tantissimi tortellini in giro. E’ normale che al sesto piatto il rendimento netto sul tortellino tende a calare e quindi anche i BTP, logicamente, …»
«Stai dicendo che non ti piacciono i tortellini, a nonna?»

Vedi gli occhi inumidirsi, una prima lacrima solcarle il viso, mentre con la coda dell’occhio cogli lo sguardo di disapprovazione di tua madre.

«Sì, nonna, certo, mi piacciono moltissimo, ma tornando ai tuoi titoli di Stato, ecco, proviamo così. Siamo in quindici a tavola, e hai preparato otto quintali di tortellini. Sono buonissimi, eh, ci mancherebbe, ma è logico che in un eccesso di offerta, lo spread… Cioè, l’eccesso di liquidità…»
«È troppo liquido? Il brodo? Mettiamo ancora due tortellini, a nonna, per compensare?»
«No, nonna, non è il brodo a essere troppo liquido, è che i tuoi bittipi rendono poco, e…»
«Ecco, a proposito di rendimenti. Forse dovrei sentire il cugino Gianni. Sai, quello che è andato a Londra, a lavorare con le banche, e che ha fatto fortuna? Mi aveva detto che potevo dare a lui i nostri risparmi, di fidarsi, che mi avrebbe fatto guadagnare molto più che non con questi bittipì. Dai, finisci tutto che poi arriva il bollito, a nonna»

A questo punto vorresti dirle che: primo preferiresti otto round a mani nude con Tyson piuttosto che mangiare una qualsiasi altra cosa; secondo il cugino Gianni si è preso cinque anni per estorsione aggravata e truffa a danno di minore. Sembra l’abbiano pizzicato fuori da un asilo, mentre provava a vendere allo scoperto a un bimbo di tre anni un reverse rate swap collegato a un’obbligazione strutturata sui biscottini plasmon.

Stai per aprire bocca. Lacrima della nonna. Occhiata di tua madre.

«Beh, nonna, forse non disturberei il cugino Gianni per così poco, alla fine i bittipi sono comunque un ottimo investimento. A proposito, mi prenderei volentieri altri due tortellini».


La prozia Wanda tira la cinghia

Avete schivato nonna Adalgisa, lo spread, l’euro, la Brexit, il crollo di MPS e il ventiduesimo bis di tortellini ed è allora che la prozia Wanda sospira. È stata al suo posto per tutta la cena. Non si è mai alzata, non ha mai aperto bocca. Se non per ingurgitare ogni singola cosa le sia stata messa nel piatto. Ma ora approfitta di una frazione di secondo di calma e fa calare sulla tavola un sospiro che si vorrebbe definitivo.

«E comunque, abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità»

L’intera tavolata si gira a guardarla, con aria interrogativa. La prozia Wanda si sente autorizzata a continuare. «Troppe spese, troppi sprechi. Ora bisogna fare qualche sacrificio».

E voi state lì. Nella confusione generale avevate guadagnato la porta, quatti quatti, e pregustavate già la mezzora di pennichella nello stanzino delle scope, lontani dal frastuono e, soprattutto, dal cotechino fritto. Ma non potete trattenervi. Tornate indietro, vi sedete a tavola – di fronte alla prozia Wanda – e la osservate: notate solo in quel momento la somiglianza con Christine Lagarde.

«Zia, non è proprio così»
«Oh sì. L’ha detto la tivvì». Zia Wanda è inamovibile. Un po’ come quello che avete nello stomaco in quel momento.
«Sì zia, ma in televisione si dicono tante cose. E se ne omettono parecchie altre. Dipende cosa fa comodo raccontare, a volte»
«Quel signore era un esperto. E poi aveva una faccia da così bravo ragazzo»
«Non metto in dubbio, zia, però il rapporto tra debito pubblico e PIL è esploso tra 2008 e 2009. Prima stava diminuendo, costantemente. Quindi, secondo la teoria per cui abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità tra il 2008 e il 2009 abbiamo iniziato a spendere come matti: asili, pensioni miliardarie, sanità a livelli di eccellenza, scuole e università… Se ripenso a quegli anni non mi pare sia quello che è successo. Piuttosto, nel 2007-2008 è successa un’altra cosa, parecchio traumatica: è esplosa la bolla dei mutui subprime nel Stati Uniti e si è portata l’intero sistema finanziario sull’orlo del collasso. E per evitare questo collasso gli Stati sono intervenuti con migliaia di miliardi di euro e di dollari prima per salvare la finanza, e poi per tentare di far ripartire l’economia trascinata in una crisi senza precedenti dalla paralisi dei sistemi bancari e finanziari»
«Ma noi italiani non abbiamo speso molto per il salvataggio delle banche. Quindi abbiamo sprecato in altro modo. Vedi che aveva ragione quel signore?»
«Vedi zia, se misuriamo lo stato di un Paese in base al rapporto tra debito e PIL e la finanza provoca in tutto il mondo una recessione, quindi il PIL cala, è normale che il rapporto tra debito e PIL aumenti. Recessione significa meno consumi, meno entrate fiscali e quindi, pur senza aumentare la spesa pubblica, il debito aumenta. Poi ci sono gli Stati che si sono dovuti indebitare per salvare le banche emettendo titoli di stato. L’Italia non si è indebitata per salvare le proprie banche, è vero, però alla scadenza dei titoli di stato e con il debito che non diminuisce vengono emessi nuovi titoli di stato, a interesse più alto per poter trovare acquirenti. E quindi aumenta lo spread, i conti pubblici peggiorano, le agenzie di rating tagliano i voti, gli investitori sono sempre meno invogliati a comprare i nostri titoli di stato, quindi i tassi di interesse devono aumentare… e così via, in una spirale da cui sembra impossibile uscire. Senza contare, poi, la speculazione».
«Non dire parolacce a tavola!»
«Ma no zia, non è una parolaccia. Cioè, un po’, ma non in quel senso. Praticamente, c’è chi, per guadagnare soldi, scommette sul fallimento degli stati con degli strumenti finanziari che funzionano un po’ come contratti di assicurazione. Il suo guadagno arriva se la situazione dello stato peggiora. È un po’ come se io assicurassi la macchina di zio Pino contro gli incendi e guadagnassi il giorno in cui l’auto brucia»
«Ma è così che funzionano le assicurazioni!»
«Beh, insomma, domani prova ad andare a stipulare un’assicurazione su un’auto non tua, poi mi dici»
«Ma tutti questi sprechi, le pensioni, i costi della politica, la sanità che sperpera…»
«Se ci sono sprechi, vanno corretti, ma bisogna sapere che la crisi del debito pubblico è un prodotto della crisi della finanza privata che ha scaricato sui cittadini e sulla finanza pubblica i suoi disastri e ora siamo costretti a ingoiare misure di austerità senza che alla finanza sia stato chiesto di fermare la sua folle corsa».

In quel momento fa il suo ingresso il cotechino fritto con contorno di parmigiana di melanzane e non si parla più di tirare la cinghia.


Il cugino Ettore e i risparmi andati in fumo

Ma è verso la fine del pranzo, quando sul tavolo compaiono un numero indefinito di bottiglie di amari, grappe, limoncelli, liquirizie e unguenti che promettono digestioni miracolose che gli animi si surriscaldano.

Il cugino Ettore lancia la bomba: «Le banche fanno schifo, il nonno del cognato di un mio amico di Vicenza aveva fatto addirittura un finanziamento per comprare azioni sulle quali gli avevano promesso un rendimento con cui avrebbe pagato finanziamento e messo da parte qualcosa».

E lì vedi gli occhi dei commensali iniettarsi di sangue, lo zio Sergio gonfia il petto e tira su la cinta dei pantaloni, dall’altro lato della stanza la zia Tina si frega le mani, mentre sul tavolo volano pezzi di giocattoli che i bambini hanno deciso di vivisezionare.

E attacchi: «La questione è complessa, se cerchiamo solo di capire di chi sono le colpe non riusciremo a evitare che queste situazioni si ripresentino in futuro. Voglio dire…».

Subito il cugino alza il tono: «No ecco, non iniziamo ora a fare filosofia, quelli che gli hanno venduto quelle schifezze dovrebbero essere messi all’ergastolo».

Interviene allora lo zio Sergio, con il bottone della camicia che se si stacca rischia di fare una strage: «Io dico che se il nonno del cognato del tuo amico fosse stato meno avido non si sarebbe mai trovato in questa situazione, bastava andare alle poste e sarebbe stato più tranquillo».

Cerchi di spiegare: «Eh magari, purtroppo le persone che lavorano negli istituti finanziari ricevono pressioni e incentivi per vendere prodotti rischiosi, sui quali la banca ci guadagna di più, non è così semplice insomma».

Ed è lì che la zia Tina non ci sta, butta giù l’ultima goccia di Amaro del Frate rimasta in fondo al bicchiere e insiste: «Ma lo sa anche un bambino che non ci si può fidare di chi ti promette di fare soldi, a quel punto meglio arrangiarsi come fa mio figlio che con un corso online è diventato trader e da gennaio gestirà lui le nostre finanze».

A quel punto pensi che forse è meglio dire che è vero, sono solo poche mele marce che vanno colpite duramente, che comunque il sistema bancario italiano è solido, così solido che meglio mettere anche 20 miliardi di euro per renderlo proprio solidissimo e già che si siamo che i profughi ci rubano il lavoro.

Ma hai una dignità e scegli di buttare giù quella grappa fatta in casa dal nonno che è anche chiamata “ammazza pensieri” da tanti gradi che fa.

È Natale, lasciamo che le cose vadano come vadano, tanto c’è anche tutto il 2017 per aspettare la prossima tempesta finanziaria e continuare a sperare che qualcuno si impegni per cambiare le regole della finanza, tutelare i risparmiatori e mettere in moto l’economia reale, invece di gonfiare i portafogli dei soliti noti.


Ultimo atto

La scena rappresenta una lunga tavola di legno massello coperta da una tovaglia rossa con ricami dorati su cui giacciono bucce di arancia, montagne di gusci di arachidi, briciole di mandorlato e una sigaretta spenta su un piatto incrostato di mascarpone. Di fronte al camino, dove muoiono lentamente le ultime stanche braci, c’è una fila di calici mezzi vuoti e due bicchierini da liquore colmi di grappa di Bassano di pura vinaccia doppia rettificata.

Alzando un po’ lo sguardo dal divano, dove fai finta di dormire, scopri le teste ciondolanti del cognato Gilberto, quello che si è trasferito in Germania da piccolo ma che per qualche strano motivo ogni Santo Natale viene a fare visita ai parenti e di zio Alfonso, sessantenne scapolo, che invece non si è mai mosso dal suo paesino se non per fare il militare in Friuli.

«Comunque vi lamentate della situazione in Italia, ma non è che in Germania siano tutte rose e fiori, eh? Tu che ne pensi?»
«Eeehh?». Apro sospettoso metà dell’occhio sinistro come una tapparella nei pomeriggi afosi di luglio.
«No, dico la Germania. Io ho ancora ce l’ho il conto in Deutsche Bank»
«Gilberto, santamadonna, ma proprio adesso? Beviti quel grappino e lasciaci dormire»
«Nouuu, nouu, adesso gli dai retta», irrompe Alfonso biascicando.
«Anche tu Alfonso, anche tu!»
«Sì, solo che non è la cara, vecchia Deutsche Bank di quando ero giovane. Allora sì che ci sapevano fare con le banche i tedeschi»
«Sì, Gilbé, tu invece non ci hai mai saputo fare con le tedesche…»
«Ancora con questa storia! Ho sposato Rosanna e fedele sono»
«Tsé, nei secoli fedele», sbotta Alfonso con la sua cantilena vicentina.
«Oggi è tutto finito, caro mio. Oggi la Deutsche Bank sta crollando a pezzi. Oh, l’ho letto sullo Spiegel, dalla parrucchiera»
«Ah sì? Io dal barbiere se permetti leggo altro. Anzi, guardo solo le figure»
«Beh, lo Spiegel ha detto che Deutsche Bank è falsa e incompetente e superba e decadente. E arrogante»
«Gilbertino caro, ma sono dieci anni che te lo dico. E tu niente, ascoltarmi mai, eh? Ora con permesso chiudo gli occhi un attimo. Non ha senso parlare con zucconi come te. È da quando hai sposato mia sorella Rosanna che ti dico di chiuderlo quel maledetto conto»
«Sì, sì, chiudi pure gli occhi, tanto la Deutsche Bank non può fallire. La salva la Merkel»
«Eh, sì, con i soldi delle tue tasse. Sei proprio furbo come un furetto Gilbertino»
«Scusa, allora cosa dovrei dire io che ho tutti i miei risparmi da Montepaschi?», rialza la testa Alfonso che intanto era collassato sul piano di marmo del camino.

No, anche Montepaschi, no, non ce la puoi fare.

«Alfonso, tanto han fatto che ora la salveremo noi anche quella. Io e te dico e milioni di altri fessi come noi»
«Eh no!», tuona Gilberto che dall’agitazione rovescia metà della grappa sul pavimento in cotto cerato. «Eh no!»
«No cosa??? Su, con parole tue Gilbertino»
«Eh no, no, no», barcolla e poi si fissa allo stipite della porta. «Montepaschi, insomma, è stata Deutsche Bank. I derivati glieli ha venduti la Germania»
«E avanti col dare la colpa alla Germania, avanti così. Come se a Siena non fossero già stati bravi da soli a mandare tutto a puttane»
«Eh, Ehm», tossisce fintamente nonna Adalgisa che sta ascoltando tutto da dietro la porta.
«Sì, nonna, sì, prostitute, meretrici, scusa»
«Tanto, tanto la Germania resta in piedi comunque»
«Sì, però tu se continui così mi sa di no Gilberto. Finisci quella grappa e siediti una buona volta»
«Ma certo che resta in piedi, la Germania rimane sempre in piedi», si sente in dovere di aggiungere Alfonso che intanto è stato fuori a fumare un altro quarto di toscano e il freddo l’ha ringalluzzito. «Qui abbiamo avuto Banca Etruria, il no al referendum, la Brexit, Donald Trump, ormai i fuoriclasse giocano solo nella Liga spagnola o in Inghilterra, è chiaro che sta per crollare tutto. Anzi, sai che ti dico? È già crollato tutto, ma non ce lo vogliono dire. L’ho letto sull’internet che se vinceva il No la Germania si comprava tutto a sconto. Non è successo niente, lo so. Ma solo per adesso»
«Alfonso mi sembra che tu stia un po’ confondendo le cose. E poi su internet, ma fammi un piacere, lo sappiamo tutti che lo usi solo per guardarti i video porno»
«Eh, Ehm», tossisce di nuovo fintamente la nonna.
«Sì, nonna, sì, adesso però vai a vedere il concerto di Capodanno, su, su»
«Ma se è Natale?»
«Appunto, guardati quello dell’anno scorso che l’abbiamo registrato, tanto è sempre lo stesso alla fine»
«Comunque alla fine ai mondiali ai tedeschi gli facciamo sempre vedere i sorci verdi, eh?», dice un redivivo Alfonso. «Boninsegna, Burgnich, Riva, Rivera, Beccalossi»
«Che c’entra Beccalossi?»
«Ah, non ha segnato?»
«Ma fammi un piacere, zio Alfonso, prenditi la copertina e stenditi sulla poltrona che danno la settima replica dell’ispettore Derrick»
«Sì, però, ma nell’ottandue?», rilancia Gilberto.
«Eh, l’urlo di Tardelli, mi ha segnato la vita», devi ammettere anche tu.
«E Grosso. E Del Piero e BA-LO- TE-LLIIIII!», urla Alfonso scandendo le sillabe.
«Dai alla fine chi se ne frega delle banche, tanto alla fine arriva il salvataggio»
«In qualche modo l’Italia ce l’ha sempre fatta»
«Nonna! Il concerto, su, Strauss! Mettiti le cuffiette, su»
«Ma c’è ancora grappa?»
«Sì, via, un altro giro per tutti. Finalmente si ragiona».
E se siete arrivati fin qui…

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