"Internet è un bene comune e, come tale, ci appartiene”. Dalla lettura (e successiva condivisione) di questa importante affermazione è scaturito qualche anno fa il mio desiderio di studiare e approfondire il tema della Rete come bene comune e la conseguente possibilità di gestire una infrastruttura di telecomunicazioni secondo la logica del perseguimento del bene comune. (Scopri di più su: Labsus.org)

Internet come bene comune

Per poter arrivare a definire Internet come bene comune, non solo dal punto di vista teorico ma anche pratico e di gestione, è utile approfondire, seppur velocemente, la natura della Rete stessa. Indagando sui rapporti che si instaurano nelle Rete, ci si accorge presto dell’assenza di qualsiasi requisito che possa far attribuire ad Internet una personalità giuridica. La rete non ha uno status, non è titolare di diritti né doveri, non è in grado di stipulare contratti. Non può esistere alcun soggetto in grado di avere un rapporto giuridico con Internet.

Dal punto di vista fisico, la Rete si presenta come un insieme di beni materiali (cavi, antenne) e immateriali (software), accomunate da un fatto: non esiste uno solo di questi elementi che possa essere attribuito ad Internet in quanto proprietario. Ciascun pezzo di infrastruttura risulta appartenere ad un soggetto diverso, sia esso pubblico o privato.

La Rete in quanto tale, quindi, non solo non è in grado di stipulare contratti, ma non è neppure proprietaria della sua stessa struttura.

Se da un lato può essere corretto arrivare a dire che Internet non esista da un punto di vista giuridico, dal punto di vista fisico, essa è la rete di telecomunicazioni più estesa al mondo e, a mio parere, è guardando e analizzando il funzionamento di Internet inteso come infrastruttura, che un giurista potrà essere in grado di porre le basi per una disciplina della rete in linea con quella dei beni comuni.

Per dimostrare ciò basta un semplice esempio: prendiamo un soggetto che intenda collegare il proprio computer ad Internet. Egli dovrà possedere due elementi: un computer dotato di software con particolari caratteristiche che vengono definite da un insieme di norme tecniche designate come protocolli (la più importante delle quali riguarda la designazione, per ogni computer collegato, di un indirizzo ip) e, secondo requisito, egli deve avere la possibilità di stipulare un contratto con un soggetto “Internet Service Provider” che gli fornisca la connettività. Qualsiasi soggetto dotato di questi due requisiti può connettersi alla Rete.

Internet, quindi, non è altro che uno strumento, un accorgimento tecnico in grado di consentire il collegamento (e quindi il file-sharing, la concretizzazione del diritto all’informazione e alla manifestazione di pensiero, alla conoscenza, e a tutti quei diritti oggi chiamati “della cittadinanza digitale”) tra un numero indefinito di soggetti che si trovano nelle stesse condizioni.


Governance della Rete

Ogni tentativo di definizione giuridica della Rete come bene comune, dovrà quindi prendere le mosse da questa analisi che considera Internet come infrastruttura di telecomunicazioni. Di conseguenza, riconoscere come diritto costituzionalmente garantito il diritto di accesso alla Rete (proposta dei recenti ddl 1317/2015 e 1561/2015 ), significa riconoscere la necessità di garantire un accesso, un collegamento fisico, infrastrutturale a tutte le persone. Questo aspetto solleva tutta la questione del divario digitale, della disparità e disuguaglianza di collegamento oggi persistenti sulla nostra penisola. Una delle soluzioni prospettate per risolvere il problema del digital divide, di possibile realizzazione in Italia anche grazie all’intervento legislativo del Decreto Landolfi che ha liberalizzato la tecnologia del wi-fi, prevede l’utilizzo di una architettura di rete basata su ponti radio, così da poter raggiungere anche zone impervie e disagiate che, ad oggi, risultano essere tagliate fuori per via di quei meccanismi di business degli operatori di telecomunicazioni che ovviamente investono solo là dove possono avere un profitto.

La definizione operativa che viene data di Governance della Rete come “sviluppo e applicazione da parte dei governi, nel settore privato e della società civile, nei loro rispettivi ruoli, di principi e norme che determinano l’evoluzione e l’uso di Internet” rinforza il concetto: un modello di inclusione della società civile fondato sulla collaborazione, anziché sul conflitto fra cittadini e amministrazioni.

Nel rinnovato quadro di relazioni tra istituzioni e comunità, le esperienze di sussidiarietà legate al terzo settore, alla cittadinanza attiva, alla auto-organizzazione delle comunità locali, hanno dimostrato di rappresentare forme organizzative efficaci e originali, capaci di mobilitare il capitale sociale delle comunità locali e di rappresentare autorevoli interlocutori nei confronti delle istituzioni pubbliche, al fine di ridisegnare ruoli e funzioni dei diversi attori sociali.


Una infrastruttura di proprietà dei cittadini

In Italia, partendo dalla convinzione che Internet (inteso come infrastruttura) sia un bene comune al quale tutti debbano poter accedere e partecipare, è nata Common-Net (www.common-net.org), la prima Rete di Imprese (con soggettività giuridica) che gestisce una infrastruttura di telecomunicazioni, di proprietà degli utenti stessi, e il servizio di connettività ad Internet secondo la logica non-profit e seguendo i principi di neutralità della rete (cd. Net neutrality). Common-Net rappresenta un nuovo modello di impresa per la gestione delle reti di accesso la cui governance garantisce la partecipazione di tutti gli stakeholders (utenti, imprese e enti locali) e al contempo una gestione aziendale solida e competitiva.

Una delle imprese “retiste”, è Roma Network, una Associazione di Promozione Sociale e Impresa Sociale operante nel territorio romano e avente come scopo la crescita e il rafforzamento della cultura e dell’identità locale attraverso l’utilizzo di Internet come strumento di promozione, sviluppo sociale ed economico del territorio e l’auto organizzazione dei cittadini. Lo scopo sociale di Roma Network prende concretezza nell’adesione a Common-Net per contrastare il divario digitale nel proprio territorio e garantire a tutti gli associati l’accesso alla Rete. Grazie a questa sinergia di intenti, si è creata una infrastruttura di telecomunicazioni che, tramite ponti radio e tecnologia wi-fi, collegano non solo utenti privati, ma anche (gratuitamente) istituti pubblici quali ad esempio il Liceo Scientifico Pacinotti-Archimede, sito nel III Municipio di Roma, ed un centro anziani nel quartiere di Cinquina. Questo è un esempio di come singole e differenti comunità locali si possano organizzare e collaborare per rispondere ad un bisogno concreto, quello di avere una buona connessione Internet e di superare il divario digitale presente in tantissime zone del nostro Paese, diventando al contempo proprietari di ciò che insieme costruiscono. Un tale approccio nasce dalla convinzione che piccole e grandi comunità, mosse da interessi evidentemente contrapposti a quelli delle multinazionali delle telecomunicazioni, possono contribuire attivamente alla costruzione di un altro modo di produrre e consumare, ispirato ai principi di solidarietà e cooperazione. Questo vale nella gestione di tutti i beni comuni e, quindi, anche della “Rete delle Reti”.

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