In occasione della visita in Cina della cancelliera tedesca Angela Merkel, l'Associazione per i Popoli Minacciati Internazionale (APM) ha chiesto alla rappresentante della Germania di affrontare apertamente la questione dei diritti umani nel paese asiatico e in particolare la tutela della cultura e religione tradizionale tibetana. "Chiediamo alla Cancelliera che si dimostri coerente con le dichiarazioni del Governo tedesco secondo cui la Germania, pur non sostenendo l'indipendenza del Tibet, sostiene però la tutela della cultura e religione tradizionale tibetana" - afferma un comunicato di APM.
L'insediamento in Tibet di centinaia di migliaia di cinesi Han, la dislocazione forzata di 700.000 nomadi tibetani, le nuove restrizioni nell'esercizio della propria religione e la nuova ondata di persecuzioni di monaci e monache buddiste, le limitazioni nell'insegnamento della lingua tibetana mirano chiaramente ad aumentare le pressioni persecutorie sulla popolazione tibetana. Lo stesso Dalai Lama, capo spirituale del Buddismo tibetano, ha voluto ricordare con preoccupazione all'opinione pubblica che la prosecuzione dell'attuale politica cinese in Tibet significa la scomparsa del Tibet entro non più di 15 anni - nota l'associazione bolzanina.
La cancelliera tedesca, alla sua seconda visita a Pechino, ha sollecitato oggi la Cina a promuovere un'azione più efficace contro il cambiamento climatico e una maggiore protezione dei diritti di proprietà intellettuale. Il premier Wen Jiabao ha detto che farà di tutto per combattere la pirateria ma sulla questione ambientale ma ha replicato che "la Cina è parzialmente responsabile del mutamento climatico da soli 30 anni, mentre le altre nazioni sono cresciute vertiginosamente per 200 anni". Il governo cinese ha fissato come proprio obiettivo di ridurre del 10% le emissioni inquinanti fra il 2006 e il 2010, ma gli indicatori sull'inquinamento, tuttavia, dal 2006 sono aumentati.
Angela Merkel ha poi fatto presente che le regole di fondo per l'approvvigionamento di risorse devono essere uguali per tutti e ovunque: un'implicita critica alle relazioni tra la Cina e il regime del Sudan. Nel Paese africano sono enormi gli interessi di Pechino che finora non ha prestato ascolto alle pressione internazionali affinché tenga un atteggiamento più critico nei confronti di Khartum: molti denunciano che con gli aiuti cinesi il regime sudanese alimenta la violenza nella devastata regione del Darfur.
Al riguardo Amnesty International mostra oggi nuove prove fotografiche del dispiegamento di apparati militari, tra cui aerei di provenienza russa e cinese, nel Darfur. "Il governo sudanese continua a lanciare attacchi aerei sui civili del Darfur" - denuncia Amnesty che ricorda come la Cina ha fornito fino al 2006 al regime di Khartoum i caccia Fantan e missili aria-terra. In un rapporto presentato lo scorso maggio all'Onu, Amnesty International ha accusato Cina e Russia di violare l'embargo sulla vendita al Sudan, armi che sarebbero usate "per compiere attacchi indiscriminati nel Darfur". Amnesty riferisce che dal 2005 il Sudan ha importato dalla Cina equipaggiamenti militari per circa 42 milioni di euro, armi e munizioni per 18 milioni e elicotteri e aerei per oltre 2 milioni di euro. [GB]