E' nelle librerie "Senso e misura. La valutazione nelle organizzazioni", un libro di Gianluca Cepollaro e Ugo Morelli. (Scopri di più su: Generatività.it)


Presentazione

Nelle istituzioni pubbliche e nelle imprese si è ripreso recentemente a parlare di valutazione: più si avverte la crisi dei modelli tradizionali di gestione, più scarseggiano le risorse, più si riducono i margini economici e più la valutazione acquisisce centralità sulla scena. La valutazione è stata caricata di crescenti aspettative ed è spesso proclamata come soluzione di tutti i problemi legati al funzionamento delle organizzazioni. Da qui il rischio di essere trasformata in un mito sostenuto da un’ideologia non manifesta. Di volta in volta la valutazione è stata presentata come opportunità per migliorare la gestione, per sollecitare il cambiamento, per premiare il merito, per garantire equità. Tante di queste promesse però non sono state mantenute, o forse si è trattato solo di false promesse che non era possibile mantenere.

Il management, mutuando le sue premesse dalla scienza classica e da un modo di intendere il lavoro subordinato al perseguimento esclusivo dell’efficienza economica, ha tradotto la valutazione essenzialmente nella verifica della rispondenza delle prestazioni a quanto prescritto dalle mansioni. Questa visione della gestione, cadenzata da stimoli e risposte misurabili, ha rappresentato una potente metafora, tuttora molto affermata, in cui l’azione manageriale ha corrisposto essenzialmente all’idea di trasmettere informazioni.

In questo libro si propone un’idea di valutazione come processo relazionale, che non si esaurisce nella trasmissione di misurazioni certe dai valutatori ai valutati, ma si qualifica in termini di partecipazione alla costruzione di senso e significato mentre si lavora. Partendo dalla critica alle fallimentari retoriche del management, che sembrano non riconoscere il lavoro come esperienza fondamentale della vita delle persone e delle comunità, la valutazione può diventare occasione per orientare le decisioni, riflettere sull’esperienza organizzativa, progettare il futuro: un momento di riconoscimento reciproco, uno spazio di scoperta e di invenzione.


La struttura del libro

Il testo è idealmente diviso in tre parti. Nella prima la valutazione è presentata come fenomeno relazionale. Seguendo le indicazioni che derivano dalla convergenza della ricerca neuroscientifica con la prospettiva fenomenologica si evidenzia la necessità di dover trattare i processi valutativi assumendo la relazione come unità di analisi fondativa delle soggettività e superando qualsiasi impostazione dualista che tende alla separazione tra materiale e mentale, osservatore e osservato, qualitativo e quantitativo, fatti e valori. La riflessione sui sistemi di valutazione istituzionalizzati deve partire e sapersi connettere, quindi, con i fondamenti naturali e di matrice prevalentemente spontanea del valutare generalmente inteso.

Nella seconda parte si sostiene la necessità di un radicale cambiamento di prospettiva che implica il superamento di una visione che riduce la valutazione all’applicazione di una tecnica che permette la misura di un risultato in funzione di un obiettivo. Nei sistemi di valutazione ciò che vagamente chiamiamo misura è in realtà una stima, densa di soggettività e incertezza, non essendo il contributo delle persone a lavoro misurabile in termini certi come può essere misurabile con un metro l’altezza di un tavolo. Connettere l’esperienza, l’apprendimento e il loro riconoscimento non si conclude in un’operazione relativa ai metodi e agli strumenti che usiamo per misurare ciò che è avvenuto in una situazione professionale. La relazione, l’esperienza e il linguaggio sono contemporaneamente la principale fonte e la principale possibilità per valutazione. Nelle attuali forme di lavoro organizzato i processi relazionali e comunicativi, sovrapponendosi a quelli tradizionalmente produttivi, generano, così come in molti altri campi della società e della cultura, quella “svolta linguistica” che pone il linguaggio e la capacità di costruire significati condivisi al centro di ogni esperienza umana. La “svolta linguistica” nella valutazione richiede una transizione “dalla misura al senso della misura” ossia uno spostamento dell’attenzione dall’esito della misurazione alla relazione che si intrattiene con essa, agli scambi e alle negoziazioni che la misurazione sollecita, fermo restando la cura ed il rigore del processo attraverso il quale quella misurazione si genera. Lo slittamento “dalla misura al senso della misura” invita a rivedere alcune categorie quali l’ambiguità e l’incertezza, il potere e il conflitto, presenti in ogni relazione valutativa. L’importanza della dimensione logico-formale dei processi valutativi va perciò combinata con una dimensione sintagmatica relativa al senso e al significato.

Nella terza, ed ultima, parte ci soffermeremo su alcuni tratti contingenti dell’evoluzione organizzativa contemporanea caratterizzata da processi di dematerializzazione del lavoro, dalla frammentazione delle relazioni e dalla caduta del legame nelle istituzioni e nelle imprese. Proprio in virtù dell’attuale evoluzione è avvertito un forte bisogno di valutazione che nasce dall’esigenza di ricercare punti di riferimento e occasioni di contenimento delle aspettative e delle progettualità. La valutazione, per essere momento di apprendimento e di formazione, richiede tempo, impegno, senso di appartenenza e coinvolgimento; richiede, in altre parole, la creazione di contesti caratterizzati da una “attenzione relazionale” attraverso la quale affrontare la frantumazione del rapporto tra individui e organizzazioni. Attraverso tale attenzione la valutazione può, quindi, favorire la consapevolezza di un soggetto non ripiegato su se stesso ma in continua tensione tra l’individuazione e la socializzazione, che riconosce la possibilità del poter esprimere la propria competenza al lavoro in modo dipendente dalle relazioni in cui è coinvolto attraverso la partecipazione ad un “gioco” fondato su reciprocità e riconoscimento.


Gli autori

Gianluca Cepollaro è vice-direttore della tsm-Trentino School of Management presso la quale dirige la step-Scuola per il governo del territorio e del paesaggio. Sul tema della formazione e delle competenze ha pubblicato La formazione tra realtà e possibilità (2014 con G. Varchetta), Le competenze non sono cose (2009), Dirigere le banche di credito cooperativo (2003, con U. Morelli), Il lavoro senza confini (2003, con M. Casagranda), Competenze e formazione (2001).

Ugo Morelli insegna Psicologia del lavoro e delle organizzazioni all’Università di Bergamo e presiede il Comitato Scientifico del Master World Natural Heritage Management - UNESCO presso la step-Scuola per il governo del territorio e del paesaggio. Tra i suoi saggi: Il conflitto generativo (2014), Contro l’indifferenza (2013), Mente e paesaggio (2011), Mente e bellezza, 2010, Incertezza e organizzazione (2009), Conflitto. Identità, interessi, culture (2006). Presso le Edizioni ETS ha pubblicato nel 2013 Il codice materno del potere. Autorità, partecipazione, democrazia (con L. Mori).

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