Il Consiglio d’Europa ha lanciato un nuovo strumento per aiutare i governi a rafforzare la democrazia attraverso la Cultura: l’Indicatore Quadro su Cultura e Democrazia, detto anche IFCD (Indicator Framework on Culture and Democracy) per supportare i policy-makers nei loro processi decisionali, testando le relazioni e le dinamiche tra i diversi settori di policy. Invitata al lancio, vero e proprio test ai portatori di interesse, Ilaria d’Auria ne riassume i punti salienti per allargare il dibattito. Quale correlazione tra cultura e democrazia, in una fase storica di spinte xenofobe e radicalizzazioni? Un indicatore potrà porre il freno a politiche di chiusura? (Scopri di più su:
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Venerdi 14 Ottobre è stato presentato in anteprima a Bruxelles l’Indicatore Quadro su Cultura e Democrazia, detto anche IFCD (Indicator Framework on Culture and Democracy). Per la prima volta vengono forniti dei dataset comparativi che permettono di testare la correlazione tra cultura e democrazia. Che ci fosse un legame tra l’abbondanza dell’offerta culturale e una società aperta, democratica e fiduciosa, era un’intuizione già ipotizzata in passato: oggi questa correlazione trova nell’IFCD la possibilità di essere basata su delle osservazioni statistiche.
La presentazione dello nuovo strumento ad una platea di portatori di interesse presenti su invito è stato un test per favorire riflessioni.
Un indicatore di correlazione tra Cultura e Democrazia. Di cosa si tratta?
“Quando ti viene chiesto di sviluppare un indicatore di questo tipo, devi essere fearless (impavido)”. Con queste parole il Prof. Dr. Helmut Anheier, Presidente e Rettore della Hertie School of Governance di Berlino, ha introdotto lo strumento. “Bisogna avere un’immagine chiara di cosa si vuole rappresentare, e non costruire l’immagine sulla base dei dati disponibili”. La metafora utilizzata è stata quella del corpo in cui coesistono due sistemi, quello nervoso (la democrazia) e quello del flusso sanguigno (la cultura) che sono separati ma correlati e che in maniera indipendente, ma di concerto, contribuiscono a dare forma alla società.
Da subito è stata esclusa l’opzione del ranking: non si vuole arrivare ad una classifica dei paesi.
Vengono prese in considerazione 177 variabili che coprono un ampio spettro di tematiche rilevanti per i 37 Stati Membri del Consiglio d’Europa. Una volta definiti i concetti di Cultura (intesa come processo di produzione culturale) e Democrazia (Guidebook, pagina 11-12), è stato costruito il quadro per l’analisi delle correlazioni per la raccolta sistematica dei dati. Per ogni settore, sono state definite alcune dimensioni, a loro volta suddivise in ulteriori componenti composti da una serie di indicatori. Le dimensioni, i componenti e gli indicatori sono descritti in dettaglio nell’appendice del Guidebook (pagine 41-72). Per ogni settore, sono state individuate 4 dimensioni, tre delle quali condivise: quella civica, quella della policy e quella della libertà e dell’eguaglianza. Inoltre, il settore culturale include una dimensione economica, mentre quello della democrazia contiene la dimensione della norma di legge. 41 indicatori sono stati aggregati in 17 componenti suddivise nelle dimensioni di cultura e democrazia: il quadro che ne esce vorrebbe fornire ai policy-makers uno strumento utile per valutare il posizionamento del proprio paese e identificare gli interventi possibili per ottimizzare le politiche culturali.
Come funziona?
Una piattaforma online permette di esplorare i dati, testare le teorie sulla relazioni tra componenti democratiche e culturali, analizzare le performance relative dei paesi ed individuare azioni utili per un loro miglioramento. I supporti visuali permettono agli utenti di selezionare gli items di interesse e esaminare le relazioni con altri dati dell’IFCD. I dati sono rappresentati in un grafico radar che fa emergere la performance relativa del singolo paese per ogni dimensione e componente.
A cosa serve?
L’IFCD permette l’analisi della performance di un paese sia preso singolarmente che paragonato ad altri gruppi o altri singoli paesi, in funzione delle singole componenti o delle dimensioni della cultura e della democrazia. Utile è anche la descrizione del paese che offre un quadro riassuntivo di facile lettura. Sulla base di questa prima rappresentazione è possibile passare in rassegna le opportunità di intervento in termini di policy-making. Un elemento di particolare interesse è la “Tabella delle Opportunità” (Opportunity Table) che offre a chi deve prendere delle decisioni la possibilità di identificare su quali politiche culturali fare leva per avere un impatto potenzialmente positivo su alcuni aspetti della cultura e della democrazia nel proprio paese. Giacché un obiettivo centrale dell’indicatore è di supportare i policy-makers nei loro processi decisionali, l’IFCD può essere usato per testare le relazioni e le dinamiche tra i diversi settori di policy. Il rapporto tra gli elementi non è di causalità, ma di correlazione: la partecipazione alle attività culturali influenza quella alle attività democratiche? Un alto livello di digitalizzazione incoraggia la partecipazione culturale? Esiste una relazione tra la partecipazione culturale e democratica con il benessere? La partecipazione culturale c’entra con la fiducia interpersonale? Finanziare pubblicamente la cultura porta a un incremento della produzione dell’industria creativa? L’indicatore di correlazione può influenzare la scelta di un decisore, consapevole che – non essendoci un rapporto chiaro di causalità – può operare sia da un lato sia dall’altro dell’equazione.
Dalla pubblicazione del report del Consiglio d’Europa “In from the margins” (1997) a oggi è stata percorsa una lunga strada sul tema del rapporto cultura e società: la correlazione tra questi due settori è progressivamente passata dall’essere marginale a far parte di un’agenda politica più ampia, in tempi in cui le fondamenta stesse della democrazia cosi come l’abbiamo intesa negli ultimi 60 anni in Europa occidentale è messa duramente alla prova.
Quando nel 2013, alla conferenza dei Ministri della Cultura del Consiglio d’Europa, ci fu una decisione comune sul lancio di un’operazione di sviluppo di indicatori per misurare l’impatto delle attività culturali sulla democrazia e sull’efficienza economica dei finanziamenti sulla cultura, non ci si poteva immaginare che la presentazione dell’indicatore sarebbe coincisa con un momento di crisi cosi profonda del progetto Europeo. L’obiettivo espresso nel 2013 era di migliorare l’impatto delle politiche culturali e mappare i relativi trends a livello pan-Europeo avendo un’attenzione particolare all’accesso e alla partecipazione alla cultura, supportando inoltre la generazione e l’armonizzazione di indagini nazionali ed europee. Eppure, visto alla luce della situazione politica ed economica attuale, è legittimo porsi alcune domande emerse durante la discussione di Venerdi.
Un dibattito aperto…
Le oltre due ore di discussione complessiva hanno sollevato numerose domande e commenti. Era questo d’altronde l’obiettivo della giornata. Il dibattito generato dal lancio dell’IFCD si è concentrato su due punti essenziali: da un lato, le domande sull’indicatore in sé (modalità di costruzione, integrazione con altri datasets, ecc.); dall’altro, questioni più profonde legate alla necessità (e ai rischi) della misura della cultura. La platea era composta di funzionari di diverse DG della Commissione Europea, di rappresentanti del Consiglio di Europa, di esponenti di vari ministeri nazionali, e di numerosi operatori culturali di diversi settori e reti europee. Molti di loro hanno contribuito alla discussione ponendo domande che qui riportiamo:
- L’IFCD può essere usato per le teorie del cambiamento?
- Saranno organizzati dei workshop con i portatori di interesse per testare e perfezionare lo strumento?
- Come è stata garantita la neutralità politica del dato?
- L’IFCD è costruito con i dati forniti dal livello nazionale, generalmente dai ministeri. Perché non aggiungere altri fonti di dati come per esempio quelli che provengono dai social media geolocalizzati?
- L’IFCD aspira ad avere una copertura globale. Occorre usare degli indicatori diversi per dei paesi con un PIL più basso o più alto della media Europea?
- La rappresentazione (il packaging) dei dati, è rilevante quanto i dati stessi?
- Legare la cultura alla democrazia, non è un pericolo per quei paesi che non desiderano favorire società aperte, tolleranti e democratiche?
- Argomentare l’utilità della cultura utilizzando i numeri, non rischia di affievolire altri argomenti?
- Abbiamo bisogno di dimostrare (con i numeri o con altro) l’importanza del ruolo delle attività culturali per una società aperta e tollerante?
Auspichiamo che il dibattito si allarghi con un’ampia consultazione dei portatori di interesse in Europa affinché il lancio (nel 2017) possa rendere pubblico uno strumento che integra i risultati di questo esercizio collettivo. Va riconosciuto lo sforzo, più che lodevole, fatto per aggregare e armonizzare i dati nel settore culturale a livello europeo. Non è scontato. Non bisogna inoltre chiedere a questo indicatore di risolvere numerose e spinose questioni legate alle attività culturali e democratiche in Europa: non sarà l’esistenza di un indicatore in più a determinare il fatto che alcuni governi scelgano di limitare le attività culturali e favorire, di fatto, una società meno tollerante. Bisogna considerarlo per quello che è: uno strumento che per la prima volta permette di guardare in maniera più approfondita il legame tra la produzione culturale e l’apertura di una società e di valutare e paragonare la performance di un paese. Mi auguro soprattutto che questo indicatore diventi uno degli strumenti con il quale i decisori sviluppino delle politiche culturali fondate sull’analisi della situazione nazionale inserita in un’ottica internazionale. Perché, come diceva Umberto Eco, “è la cultura, e non la guerra, che cementifica l’identità europea”.
L’IFCD è stato sviluppato dal Consiglio d’Europa, in collaborazione con la Hertie School of Governance di Berlino e con il supporto della European Cultural Foundation e degli Stati Membri.
* Ilaria d’Auria Sociologa di formazione, è stata attivista nell’Associazione culturale Matera 2019 che ha lanciato la candidatura della città a Capitale europea della Cultura nel 2019. Ha collaborato con il Comitato Matera 2019 e ha fatto parte del team della direzione artistica che ha sviluppato il programma culturale del dossier. Vive e lavora a Bruxelles, occupandosi sempre di politiche europee nel settore delle tecnologie spaziali. Aspira a tornare ad operare per, con e nel settore artistico e culturale.