Si è tenuta sabato 22 ottobre la quinta tappa di un inedito
giro d’Italia da Sud a Nord organizzato dalla
Fondazione Con il Sud per festeggiare il decennale dalla sua istituzione, quando la virtuosa convergenza di capitali di origine privata ha liberato le energie propulsive di Fondazioni bancarie, Terzo settore e Volontariato organizzato. (Scopri di più su:
Blog.ConfiniOnline.it)
Questa prova di investimento comune di risorse private ha consentito di animare per un decennio una missione per l’infrastrutturazione sociale del Mezzogiorno guidata da un’ambiziosa visione strategica. Una visione che riconosce nella società civile e nella sua capacità di generare sussidiarietà orizzontale la forza in grado di alimentare il progresso civile attraverso un cambio di paradigma che scuota la civiltà attuale, subalterna, nei fatti, a una concezione economicistica della crescita, vero e proprio Moloch della società Occidentale.
Cambio di paradigma
Cambiare paradigma, appunto; questo in estrema sintesi risulta essere il motivo che incalza e allo stesso tempo alimenta l’azione della Fondazione a dieci anni dalla sua creazione.
Ma che cosa fare, e come fare per cambiare paradigma? Una piccola organizzazione non profit, piuttosto che una realtà della business comunity o della pubblica amministrazione che operi nei medesimi ambiti della Fondazione può aderire alla stessa visione?
Se un ente dalla grande capacità organizzativa e dalla comprovata legittimità politica come la Fondazione Con il Sud si trova ben lungi dall’aver innescato un reale cambio di paradigma come può augurarselo un semplice volontario in possesso soltanto del proprio tempo come capitale di partenza?
Ebbene, la risposta a queste domande arriva proprio dalla stessa Fondazione che ha organizzato le celebrazioni del suo decennale arricchendo il valore simbolico della ricorrenza con quello educativo offerto dalla riscoperta di personalità che hanno fatto la storia del Welfare nostrano.
I cinque personaggi scelti per le altrettante tappe celebrative rappresentano ancor oggi fonti vitali in grado di sgorgare nuova linfa per l’impresa sociale nella sua sfida senza quartiere per l’innovazione sociale.
La tanto agognata innovazione sociale potrebbe infatti disvelarsi nel momento in cui l’impresa odierna, sia essa Fondazione, Volontariato, pubblica amministrazione oppure azienda privata, si mostri capace di dotarsi di quel sovrappiù di umanità che i cinque, Danilo Dolci, Renata Fonte, Adriano Olivetti, Don Lorenzo Milani e Franco Basaglia hanno saputo incarnare.
Ma che cos’è questo sovrappiù di umanità?
Danilo Dolci. Consiste nel suo stile educativo maieutico-reciproco capace di favorire nei più deboli la presa di coscienza del bisogno, la conoscenza delle cause e infine la scoperta delle risorse per affrontarlo. Egli rappresenta un modello valido per colui che, educatore sociale, si trovi ad organizzare il proprio lavoro nei termini della relazione d’aiuto.
Renata Fonte. È rintracciabile nel movente dell’impegno civile in difesa del bene comune, lo stesso che anima l’azione del cittadino e volontario che si trovi ad affrontare e rispondere alle cause strutturali della disuguaglianza investendo il proprio tempo per rendere un bene e/o un servizio comune, universalmente accessibile.
Adriano Olivetti. È riscontrabile nella sfida di responsabilizzare il lavoro d’impresa – al di là di esperienze discontinue di CSR – nei confronti del contesto in cui viene esercitato. La sua esperienza mostra come il sistema complesso di un’azienda non possa considerarsi funzionale senza il riconoscimento del rapporto biunivoco che lo lega all’ambiente sociale, politico, culturale, urbanistico e architettonico circostante.
Don Lorenzo Milani. La sua esperienza si riconosce nell’impresa sociale della formazione e nella necessità che essa sia pensata in stretta e leale cooperazione col mondo del lavoro. Ne sanno qualcosa le realtà aderenti al Servizio Civile Nazionale, un’opportunità di avviamento al lavoro e di sviluppo della cultura di cittadinanza attiva dedicata ai giovani e che, in caso di successo pieno, coronerebbe la sfida di civiltà lanciatà negli anni Sessanta dal priore di Barbiana con l’obiezione di coscienza al servizio militare di leva obbligatorio.
Franco Basaglia. Nella sua vicenda è riscontrabile infine nell’impresa di innovazione sociale meglio riuscita sul territorio italiano. La liberazione dei pazienti dalle istituzioni manicomiali e la loro e delle loro famiglie successiva riorganizzazione all’interno di servizi di cura autonomamente gestiti rappresenta un caso manualistico di impresa sociale: dentro c’è tutto. Vi si riconosce l’impegno a far emergere diritti umani, sociali e civili prima disconosciuti, l’organizzazione di strutture in grado di difenderli, tutelarli e quindi promuoverli, infine il loro riconoscimento giurico e degli enti preposti a gestirli attraverso la Legge 180/78, “Legge Basaglia”, la Legge 266/91 sul Volontariato e la Legge 381/91 sulla cooperazione sociale.