Un nuovo rapporto denuncia le condizioni di sfruttamento a cui sono esposte migliaia di persone lungo la “rotta balcanica”: oltre 5 mila persone bloccate in Serbia, si moltiplicano i viaggi attraverso “rotte illegali” e i casi di abusi sulle donne da parte dei trafficanti.

L’Europa offre ancora risposte inadeguate ai bisogni delle persone in fuga: occorre una radicale inversione di rotta.
Roma. La risposta dell’Unione europea all’arrivo dei migranti sul proprio territorio sta provocando troppe sofferenze inutili alle migliaia di persone bloccate lungo la rotta balcanica o in fuga attraverso il Mediterraneo alla ricerca di un rifugio sicuro. Per questo motivo è prioritario che i leader europei cambino radicalmente il loro approccio alla gestione di questo fenomeno, sostituendo l’attuale modello incentrato sulla difesa della Fortezza Europa con una politica basata prima di tutto sul rispetto del diritto internazionale e dei diritti umani.

E’ l’appello lanciato oggi da Oxfam in occasione del Consiglio europeo in programma a Bruxelles il 20 e 21 ottobre, attraverso il rapporto Fortezza Europa, l’inadeguatezza della risposta europea alla crisi migratoria. Un documento che rende conto delle condizioni di vita degradanti a cui sono costrette migliaia di uomini, donne e bambini, a cui oggi è negata anche la sola speranza di un futuro libero dalla paura.

“La chiusura dei confini europei di fronte alle migliaia di persone in fuga da guerre e persecuzioni, le costringe a percorrere le rotte più pericolose e spesso a cadere nelle mani dei trafficanti di esseri umani. - afferma Elisa Bacciotti, direttrice delle campagne di Oxfam Italia - L’Europa deve intervenire al più presto non solo per garantire vie sicure e legali, ma anche per costruire un sistema di asilo degno di questo nome”.


Lungo la “rotta balcanica”: abusi sulle donne e respingimenti

I partner di Oxfam in Serbia e Macedonia incontrano ogni giorno da 100 a 300 migranti che fuggono dalla Grecia attraverso la “rotta balcanica” cercando di raggiungere il nord Europa, perché hanno perso la speranza che il sistema d’asilo greco possa dare una risposta alla loro situazione.

La reazione degli stati balcanici è però durissima: lo scorso aprile, 1.579 migranti sono stati arrestati dalla polizia macedone e respinti in Grecia senza la possibilità di fare richiesta d’asilo, mentre a maggio sono state rimandate indietro 3.763 persone. E anche se il numero di arresti ed espulsioni è calato nell’ultimo periodo, centinaia di casi del genere si ripropongono ogni mese.

Questi uomini, donne e bambini, di fronte alla chiusura delle frontiere di Macedonia e Serbia, spesso si trovano costretti a rivolgersi ai trafficanti di esseri umani per raggiungere l’Europa continentale. Ad oggi, oltre 5 mila persone sono bloccate in Serbia, alla ricerca di un modo per proseguire il loro viaggio. In questo contesto sono inevitabilmente le donne e i bambini ad essere più esposti al rischio di abusi e violenze. Oxfam e i suoi partner sul campo hanno raccolto testimonianze di abusi subiti dalle donne costrette a prostituirsi per sopravvivere o per ottenere riparo, cibo o la prosecuzione del viaggio. Una ragazza diciassettenne arrivata dalla Siria ha descritto così il trattamento riservato alle donne che viaggiavano con lei: “In Macedonia, abbiamo provato a entrare in contatto con dei trafficanti, ma non avevamo abbastanza denaro. Allora hanno proposto di portarci in Serbia in cambio di sesso con le donne del nostro gruppo. Eravamo terrorizzate, perché erano armati”.


L’accoglienza in Grecia: nessuno crede più nel diritto d’asilo

Le procedure d’asilo e di ricongiungimento familiare in Grecia sono spesso inefficienti e molto lente. Sono migliaia i richiedenti asilo che, senza indicazioni chiare sui passaggi da seguire, attendono per mesi di ricevere risposte riguardanti il loro status legale, trovandosi spesso costretti a sopravvivere in condizioni terribili. L’assistenza legale è pressoché inesistente, i ricongiungimenti familiari spesso impossibili anche se si hanno effettivamente parenti in altri paesi europei. Nei campi sempre più spesso scoppiano tensioni tra migranti bloccati a tempo indeterminato, che perdono la speranza di veder migliorare le proprie condizioni. Da qui la necessità di intervenire quanto prima per garantire ai 60.000 profughi presenti nel paese (secondo le stime) assistenza sanitaria, istruzione per i minori e sostegno psicologico soprattutto verso le donne, più a rischio di violenze e abusi.


In Italia: 28 minori al giorno scompaiono dal sistema di accoglienza

Sono già 19.429 i bambini e i ragazzi non accompagnati arrivati in Europa attraverso l’Italia quest’anno, contro i 12.360 arrivati nel 2015. Un significativo aumento che trova però il sistema di accoglienza italiano inadeguato a rispondere ai loro bisogni, anche i più essenziali, e rispettare i loro diritti. Solo nei primi sei mesi del 2016, 5.222 minori non accompagnati sono stati dichiarati “scomparsi” dai centri di accoglienza: ragazzi che diventano così invisibili e conseguentemente ancor più vulnerabili a fenomeni di abuso, violenza e sfruttamento.


Esternalizzazione dei confini e fallimento del ricollocamento in Europa

Attraverso gli accordi che si sono succeduti negli ultimi mesi (Conferenza de La Valletta che ha dato vita all’EU Trust Fund for Africa, accordo UE-Turchia, Partnership Framework, accordo UE-Afghanistan) è evidente che, con la promessa di stanziamenti di fondi, l’UE sta esternalizzando il controllo dei propri confini, di fatto attuando una politica estera il cui solo obiettivo è porre un freno ai flussi migratori e procedere con i rimpatri.

Per quanto riguarda le dinamiche interne all’Unione, la procedura di ricollocamento (relocation), messa a punto ufficialmente per condividere la responsabilità dell’accoglienza e alleggerire il peso dei paesi frontalieri, non è mai realmente partita. Al di là del fatto che si tratta di un sistema iniquo, perché basato esclusivamente sulla nazionalità di provenienza dei migranti e non sul loro effettivo bisogno di protezione. A settembre di quest’anno soltanto una minima parte dei ricollocamenti promessi erano state attuati: su un totale di 66.400 persone da ricollocare, soltanto 4.455 persone dalla Grecia e 1.196 dall’Italia sono state trasferite verso altri paesi europei.
Note:

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