Le cooperative rappresentano in tutto il mondo un settore dotato di grande forza e valore. Fondate sulla partecipazione democratica delle persone, sull'inclusione e sulla sostenibilità, le imprese cooperative occupano una posizione rilevante anche nell'economia italiana. Come messo in evidenza dal Bilancio Sociale di CoopCulture, questa forma imprenditoriale ben si presta ad operare nel campo dei beni e delle attività culturali. Un ambito in cui le cooperative potrebbero crescere e prosperare, favorendo lo sviluppo imprenditoriale dell'intera filiera culturale. (Scopri di più su:
http://www.ilgiornaledellefondazioni.com/content/le-cooperative-come-agenti-di-cambiamento-lo-sviluppo-del-settore-culturale?)
- Autrice: Vittoria Azzarita
Il 02 luglio 2016 è stata celebrata in tutto il mondo la Giornata Internazionale delle Cooperative, un evento promosso dalla International Co-operative Alliance1 e patrocinato dalle Nazioni Unite. Istituita nel 1923, l'iniziativa intende richiamare l'attenzione sui benefici economici e sociali generati da un modello imprenditoriale incentrato sulla partecipazione democratica delle persone, e capace di garantire una maggiore sostenibilità economica, sociale e ambientale.
In linea con i valori e i principi fondativi del settore cooperativo, il tema scelto per le celebrazioni di quest'anno è stato «Cooperative: il potere di agire per un futuro sostenibile», con cui si è voluto enfatizzare il contributo delle imprese cooperative per il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile fissati dalle Nazioni Unite. Le cooperative si presentano infatti come un partner ideale per mettere in campo azioni volte a contrastare la povertà, combattere le disuguaglianze e risolvere le problematiche connesse ai cambiamenti climatici, in virtù della loro propensione ad agire in maniera inclusiva e democratica nel rispetto dell'ambiente e degli altri. Un concetto ribadito anche dal Segretario Generale dell'ONU Ban Ki-Moon, che nel messaggio divulgato in occasione della Giornata Internazionale delle Cooperative ha scritto: «Come gli obiettivi di sviluppo sostenibile, le cooperative sono centrate sulle persone. Di proprietà e gestite dai loro soci, le cooperative sono fortemente impegnate a favore delle comunità in cui operano».
La rilevanza economica delle cooperative
Ban Ki-Moon ha ricordato che «le cooperative svolgono un ruolo importante in molte società». A questo proposito le Nazioni Unite stimano che una persona su sei è socia o cliente di una cooperativa, e che in tutto il mondo sono attive circa 2,6 milioni di cooperative che impiegano complessivamente 12,6 milioni di persone, generando un fatturato annuo di circa 3 miliardi di dollari. Nel settore finanziario, le cooperative servono più di 857 milioni di persone, dimostrando così di essere un comparto in espansione in grado di resistere alle avverse condizioni economiche degli ultimi anni.
In Italia, la rilevanza e l'evoluzione del settore cooperativo sono state analizzate nel rapporto «Economia Cooperativa»2 redatto da
Euricse, l'istituto di ricerca con sede a Trento che promuove l’innovazione nel campo delle imprese cooperative, sociali e non profit per la produzione di beni e servizi. Prendendo in esame le varie fonti disponibili, il volume stima che le cooperative attive in Italia a fine 2013 risultano essere circa 70.000, di cui 67.062 cooperative, 376 banche di credito cooperativo e 1.904 consorzi. Confrontando questi dati con quelli dei Censimenti ISTAT, l'Euricse ha rilevato che le cooperative attive nel 2011 avevano un fatturato pari a 105 miliardi di euro, cui si aggiungevano i 25,1 miliardi delle società controllate da cooperative, per un totale di 130 miliardi. Applicando a questi valori il tasso di crescita registrato tra il 2011 e il 2013, contenuto ma comunque positivo (4,9%), gli esperti hanno calcolato un fatturato complessivo per il 2013 pari a circa 136,5 miliardi di euro. «Un valore superiore a quello di qualsiasi impresa italiana, pubblica o privata, e pari a quasi tre volte quello della più grande azienda privata italiana, la Fiat».
Il Terzo Rapporto Euricse sull'economia cooperativa offre una stima anche per ciò che concerne l’occupazione: secondo i dati INPS nelle 53.314 cooperative - incluse le banche di credito cooperativo - e nei 1.369 consorzi che avevano denunciato nel corso dell’anno almeno una posizione previdenziale, erano occupati, a fine 2013, 1.257.213 lavoratori. Se si considerano però tutte le posizioni lavorative attivate nel corso dell’anno - compresi, quindi, sia i lavoratori stagionali che i casi in cui lo stesso posto di lavoro è stato coperto durante l’anno da lavoratori diversi - il numero di persone che hanno lavorato in una cooperativa sale a 1.764.976. Sulla base dei risultati ottenuti dal settore, l'Euricse evidenzia come «il sistema cooperativo italiano ha raggiunto la rilevanza economica e occupazionale quantificata in precedenza dopo oltre un ventennio di crescita continua e superiore a quella delle altre forme di impresa, crescita che neppure la crisi scoppiata nel 2008 ha interrotto. Secondo i dati censuari, tra il 2001 e il 2011 le cooperative attive sono cresciute del 15%, contro un aumento del totale delle imprese dell’8,5%. Nello stesso periodo gli occupati nelle imprese cooperative sono aumentati del 22,7% contro il 4,3% del totale delle imprese. […] La cooperazione ha così svolto una decisa funzione anticiclica di cui hanno beneficiato soci, occupati, utenti e, non da ultimo, il bilancio pubblico a seguito delle maggiori entrate fiscali e delle minori spese per ammortizzatori sociali che ne sono derivate».
La cultura e il turismo come «bacini di innovazione cooperativa»
Tra gli ambiti produttivi maggiormente promettenti nel campo della cooperazione, il turismo e la cultura occupano una posizione di primo piano nel nostro Sistema Paese. Una ricerca condotta da Jacopo Sforzi, Flaviano Zandonai e Chiara Carini sulle imprese cooperative quale modello di innovazione sociale3, ha preso in esame le cooperative costituite negli anni della crisi economica al fine di offrire una disamina dei settori che hanno visto la nascita di nuove cooperative nel periodo compreso tra il 2008 e il 2011. Concentrandosi sulle dinamiche che caratterizzano lo sviluppo recente di queste imprese, gli autori inseriscono tra i bacini di innovazione cooperativa, oltre a comparti più tradizionali come l'istruzione e il welfare, anche il turismo e il settore culturale. Nello specifico, lo studio evidenzia che sebbene le nuove cooperative si concentrino soprattutto nei settori dei trasporti (34,9%) e dell’istruzione (20,4%), si registra al contempo un sorpasso dei comparti considerati «storici» nel contesto cooperativo - come l’agricoltura e il welfare - da parte di settori quali la manifattura (20,3%), gli altri servizi (20%) e il turismo (19,6%)4.
Nel caso del turismo, che si colloca al quinto posto per numero di nuove cooperative tra i mercati analizzati, la ricerca sottolinea che le forme collaborative «potrebbero meglio di altre tipologie d’impresa svolgere attività strettamente legate al territorio, come la riqualificazione e valorizzazione di luoghi d’interesse storico, artistico e paesaggistico, il recupero e la gestione di strutture fisiche e beni pubblici a valenza ambientale da destinare a servizio della popolazione». Allargando l'analisi anche al settore culturale, gli autori fanno notare che nonostante il numero di nuove cooperative nate in questo comparto sia piuttosto basso (238 nuove cooperative) - sia rispetto agli altri settori sia in rapporto al totale delle cooperative operanti nel settore “cultura” (2.456 cooperative), dove le nuove realtà rappresentano solo il 9,7% - vi siano comunque numerosi spazi per nuove attività imprenditoriali. Sforzi, Zandonai e Carini considerano la cultura un settore «la cui produzione non è generalmente finalizzata solo ed esclusivamente al profitto, ma è legata all’interesse per l’attività in sé, ad accrescere il benessere collettivo, offrendo al contempo interessanti possibilità occupazionali». In virtù della capacità della cultura di influenzare positivamente anche altri settori, come quelli del commercio, del turismo, dei trasporti, dell’edilizia e dell’agricoltura, essi suggeriscono che la creazione di forme imprenditoriali innovative in campo culturale potrebbe derivare non solo dall’esternalizzazione di una parte dei servizi attualmente gestiti dallo Stato, ma anche attraverso la promozione «di processi trasformativi a favore di realtà associative e gruppi informali intenzionati a sviluppare un’attività imprenditoriale in questi ambiti».
CoopCulture: un esempio di sostenibilità economica, organizzativa, sociale e culturale
Parlando di cultura e imprese cooperative, l'esperienza di CoopCulture merita una menzione speciale per il percorso di crescita compiuto in questi anni che «l’ha portata dalla pura e semplice fornitura di servizi al porsi come interlocutore e promotore di forme di partenariato pubblico-privato e di relazioni stabili con i vari territori in cui opera», come spiega Cristina Da Milano nella Nota Introduttiva al Rapporto di Sostenibilità 20155 della più grande cooperativa attiva nel settore dei beni e delle attività culturali in Italia. Nata formalmente nel 2009 dalla fusione di Pierreci e di Codess, CoopCulture è presente oggi in quasi tutte le regioni d'Italia e offre i suoi servizi in musei, biblioteche, fondazioni, siti archeologici e reti territoriali integrate.
Le attività svolte da CoopCulture spaziano dalla gestione di importanti sedi museali alla progettazione e realizzazione di circuiti tematici e territoriali; dallo sviluppo di supporti multimediali per la fruizione culturale alla fornitura di servizi alle biblioteche; dall'organizzazione di congressi all'attivazione di piattaforme di booking e ticketing online, solo per citarne alcune tra le più rilevanti. I dati riportati dall'ultimo Rapporto di Sostenibilità parlano di una realtà imprenditoriale consolidata che presenta una crescita costante nel corso del tempo, con un fatturato che è passato da 37 milioni di euro nel 2010 a più di 49 milioni di euro nel 2015. In particolare, confrontando i risultati ottenuti nel 2015 con quelli dell'anno precedente, CoopCulture fa registrare un incremento del valore della produzione del 14%; un aumento del numero di lavoratori pari a 267 unità, per complessivi 1.235 dipendenti; una spesa maggiore del 39,7% in comunicazione e promozione, studi e ricerche, e innovazione tecnologica.
Andando oltre la sostenibilità economica, il Bilancio Sociale di CoopCulture si sofferma anche sulla sostenibilità organizzativa, sociale e culturale con l'intento di fornire un resoconto il più possibile esaustivo dell'evoluzione e dei risultati conseguiti nei diversi ambiti di intervento.
Dalla lettura del documento traspare un'attenzione crescente nei confronti delle persone, siano esse soci, lavoratori, fornitori, partner, oppure fruitori, e della condivisione di conoscenze e competenze «per incentivare sinergie e scambi utili al consolidamento dell’imprenditorialità cooperativa nella gestione dei beni culturali e nella promozione di progetti da e per il territorio». Come messo in evidenza da Giovanna Barni, presidente di CoopCulture, un'impresa culturale apporta un'utilità sociale che va ben oltre la redditività derivante dagli incassi, in termini di gettito fiscale diretto e indiretto, valore aggiunto distribuito sul territorio, creazione di nuova occupazione, ampliamento della partecipazione culturale, maggiore inclusione sociale, valorizzazione dell'intera filiera produttiva, e sviluppo di nuove forme imprenditoriali basate sulla collaborazione e sulla partecipazione attiva e democratica delle persone.
Cooperative e servizi aggiuntivi museali
Nel panorama italiano, il modello cooperativistico alla base del successo di CoopCulture, è stato indicato in molteplici occasioni come una delle tipologie imprenditoriali più congeniali alla gestione di un patrimonio culturale diffuso, fatto di grandi attrattori ma anche di una miriade di siti minori spesso dimenticati. Una forma d'impresa che ben si adatta in modo particolare alla gestione dei servizi aggiuntivi museali, un settore che affidato ai privati tramite la Legge Ronchey e le successive integrazioni e modifiche, vive ormai da quindici anni in una situazione di stallo, con molti dei principali monumenti e musei amministrati in regime di proroga a causa della mancata emanazione di nuovi bandi di gara o dei numerosi ricorsi che si sono succeduti nel corso del tempo.
Con l'intento di porre fine al periodo delle proroghe delle concessioni dei servizi aggiuntivi nei luoghi della cultura statali, e di favorire la cooperazione tra le migliori risorse pubbliche e private per garantire la fruizione e la valorizzazione del patrimonio culturale italiano, nel febbraio 2015 il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo ha annunciato, con un documento intitolato «La cultura delle gare nelle gare per la cultura»6, l'avvio di «una collaborazione con Consip mirata ad assicurare meccanismi trasparenti ed efficienti per gli affidamenti dei servizi da svolgere nei nuovi musei autonomi e nei poli museali regionali».
Inoltre, al fine di garantire risparmi della spesa pubblica e di razionalizzare le società strumentali, a marzo 2016 il MiBACT ha promosso la fusione delle proprie società in house Ales e Arcus in un'unica Spa. La creazione di questa nuova realtà imprenditoriale è avvenuta in attuazione delle disposizioni contenute nella legge di stabilità 2016, con l'obiettivo di «assicurare al meglio l'erogazione di servizi culturali, le attività di valorizzazione del patrimonio e le attività di fundraising». A questo proposito, il Ministro Dario Franceschini ha dichiarato al quotidiano «Il Sole 24 Ore»7 che oltre alla gestione dell'Art Bonus e del personale da impegnare in progetti culturali, la nuova Spa si occuperà anche «della gestione dei servizi aggiuntivi» attraverso un'apposita divisione che dovrà essere creata in tempi stretti, introducendo in questo modo un concorrente pubblico in un mercato prevalentemente privato. A questo proposito il Ministro ha commentato di non avere «niente contro i privati, che continueranno a essere della partita. Semplicemente – ha spiegato - in campo ci sarà un nuovo soggetto. Il direttore del museo potrà scegliere se affidare alcuni servizi, o anche tutti, ai privati mediante gara oppure riservarli alla nuova Ales attraverso l’affidamento diretto, visto che si tratta di una società in house del ministero».
Un provvedimento che al di là della sua efficacia manageriale – che andrà in ogni caso verificata – sembra aggiungere ulteriori elementi di complessità in un ambito che ha delle ripercussioni dirette sulla qualità e varietà dei servizi offerti, sulla stabilità occupazionale dei lavoratori coinvolti, e sull'insieme delle conoscenze e competenze necessarie per garantire una gestione sostenibile della cultura. In attesa di capire se quella individuata dal Ministro Franceschini possa essere una strada realmente percorribile, la promozione di modelli evoluti di partenariato pubblico-privato e l'adozione di forme d'impresa basate sulla partecipazione democratica, sull'inclusione e sulla sostenibilità, si presentano come gli strumenti migliori per mettere al centro le persone e il lavoro, e per consentire uno sviluppo imprenditoriale del settore culturale.