La crisi economica globale ha ridimensionato le possibilità di spesa delle famiglie Italiane e non, cosicché in questo scenario si è sviluppato il fenomeno della Sharing Economy. (Scopri di più su: http://www.smartweek.it/come-nasce-sharing-economy/)
Il termine consumo collaborativo rappresenta un modello economico basato su un insieme di pratiche di scambio e condivisione di beni materiali, servizi o conoscenze. Si tratta di un modello alternativo al consumismo che riduce l’impatto ambientale delle scelte umane di consumo.

Così, la Sharing Economy promuove forme di consumo più sostenibili basate sul riuso invece che sull’acquisto e sulla possibilità di utilizzo piuttosto che sulla proprietà.

Il mezzo con cui tutto ciò è reso possibile è tramite Portali Web e APP mobile, creati da start up che investono milioni di dollari per creare sia la “piattaforma” che soprattutto la community. È quest’ultima, infatti, a determinare il successo o meno di una iniziativa di questo genere.

La diffusione della Sharing Economy è favorita dall’ evoluzione dei consumi, cosicché la domanda di molti beni e servizi secondo i modelli tradizionali è calata per via della crisi ma nei fatti essa si è semplicemente trasformata ed ha trovato terreno fertile proprio nella Sharing Economy.

Nel mondo in cui internet è alla portata di tutti, molti sono stati gli esperimenti di successo, si tratta di start up che hanno raggiunto valutazioni dell’ordine di alcuni miliardi. Come spesso accade ai fenomeni che godono di improvviso successo, all’interno dello stesso fenomeno è possibile individuare alcuni tratti caratteristici distintivi:
  • la condivisione, ossia l’utilizzo comune di una risorsa, intesa come profilo distinto dalle forme tradizionali di reciprocità, redistribuzione e scambio;
  • la relazione peer-to-peer, dove la condivisione avviene tra persone a livello orizzontale e al di fuori di logiche professionali;
  • la presenza di una piattaforma tecnologica, che supporta relazioni digitali, dove la distanza sociale è più rilevante di quella geografica e la fiducia è veicolata attraverso forme di reputazione digitale.
Tra gli esempi di maggior successo nell’ambito della Sharing Economy riportiamo alcune delle esperienze che si sono maggiormente contraddistinte.
  • TripAdvisor è stata probabilmente la prima vera azienda a credere nella share economy. Ciò che esso offre è dare la possibilità ai propri membri di poter recensire qualsiasi attività in giro per il mondo in modo da poter condividere le proprie esperienze con chi fosse interessato.
  • E-Bay, nata subito dopo TripAdvisor, è sicuramente l’azienda che più di tutte ha contributo a creare la cultura della share economy offrendo la possibilità di rivendere i propri oggetti sul web.
  • AirB&B è la startup che ha portato il processo evolutivo dell’economia condivisa ad un gradino più alto. Infatti, il servizio della startup statunitense, consente a chiunque abbia una stanza disponibile di poterla affittare ad un membro della stessa community. Bla Bla Car è il servizio che mette in contatto persone che hanno bisogno di un passaggio con chi ha una macchina e sta per percorrere lo stesso itinerario.
  • Infine, Uber, un servizio di trasporto automobilistico privato che mette in collegamento passeggeri e autisti. Una sorta di servizio taxi.
Il 2015 è stato un anno fondamentale per questo settore. AirBnb ha continuato a crescere, grazie a nuovi round di finanziamento che l’hanno portata a essere quotata 24 miliardi, una valutazione maggiore rispetto a un colosso dell’accoglienza come la catena Marriot, che vanta circa 4mila hotel in tutto il mondo. Uber ha raggiunto un successo ancora maggiore, arrivando a essere valutata 41,2 miliardi di dollari e raccogliendo una disponibilità finanziaria tale da permetterle di proseguire la sua strategia di espansione mondiale, allargando lo spettro delle sue attività a servizi paralleli al trasporto delle persone, come il trasporto oggetti. BlaBlaCar ha ottenuto una valutazione di 1,6 miliardi di dollari, diventando uno strumento sempre più diffuso.

Anche in Italia l’economia della condivisione continua ad attrarre nuovi imprenditori e innovatori, facendo parlare sempre più di sé. Il giro d’affari nel Belpaese va dallo 0,25 all’1% del Pil. Una cifra forse bassa, in rapporto al clamore che questo tema riesce a scatenare. Persiste tuttavia un grande problema: la regolamentazione di questa nuova economia.

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