Anche i media rispondono alla geopolitica. Anche quando si tratta di raccontare un orrore che dovrebbe - e purtroppo il condizionale è d'obbligo - scuotere le coscienze in modo universale. In Medio Oriente, a conquistare ancora qualche finestra sui giornali e nei Tg è la mattanza siriana: a patto però, che a essere colpiti siano ospedali pediatrici, perché i bimbi morti sotto i bombardamenti guadagnano di più l'attenzione del pubblico - almeno per qualche minuto. Ma nell'orrore mediorientale c'è un popolo dimenticato, uno Stato fallito che non è meno devastato di Siria e Iraq. È lo Yemen. (Scopri di più su: http://www.huffingtonpost.it/-elisa-bacciotti/yemen-guerra-bambini-_b_11302654.html?utm_hp_ref=italy)
E i primi a essere vittime in questo inferno sono ancora loro, i più indifesi tra gli indifesi: i bambini. Il quadro raccolto da sei organizzazioni internazionali - tra cui Oxfam, Save the Children, Action Contre La Faim, Care, Intersos, Norwegian Refugee Council, - dà conto di una tragedia senza limiti. E a essere alla guida della coalizione, che ha perpetrato in buona parte questi crimini, è proprio un paese che fa parte del consesso delle Nazioni Unite: l'Arabia Saudita.

Da qui la richiesta urgente all'Onu di intervenire, usando tutti gli strumenti di pressione politico-diplomatica per fermare la mano a Riad e alle parti in conflitto: istituendo prima di tutto una Commissione di inchiesta indipendente per verificare le (presunte) violazioni dei diritti umani perpetrate nel paese. Nel 2015 in Yemen, secondo rapporti dell'Onu, la guerra ha colpito ben 1953 bambini: uccidendone 785 e ferendone gravemente 1.168. Il 60% di questi bambini morti e feriti sono stati causati da bombardamenti della Coalizione a guida saudita.

I quindici paesi membri del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite questo lo sanno bene. Nessuno può dire di non sapere. Perché a documentare questi "crimini di guerra e contro l'umanità" sono le stesse agenzie Onu che operano in quell'inferno. Di fronte a questi crimini la "diplomazia degli affari" deve perciò cedere il passo alla diplomazia per noi più importante: quella dei diritti umani. Diritti che in Yemen sono calpestati, violentati ogni giorno, da anni. La lunga scia di sangue che ha segnato il 2015 non si è fermata durante l'anno in corso. Un anno nel quale, nel silenzio della comunità internazionale, sono stati ripetutamente colpiti ospedali, strutture sanitarie, centri pediatrici. Le responsabilità sono state documentate, le forze colpevoli indicate con precisione. E nell'elenco non vi sono solo le organizzazioni jihadiste. Nell'elenco, ai primi posti, vi sono le forze armate di un paese, come l'Arabia Saudita, che si è insediato in Yemen trasformandolo ancor più in un campo di battaglia.

Oggi il Consiglio di Sicurezza si riunisce per discutere del rapporto annuale su "I bambini e i conflitti armati". Tra questi bambini ci sono quelli yemeniti. L'occasione non può andare persa. Non è infatti più accettabile che la "diplomazia degli affari" si spinga sino al punto di non inserire, da parte dell'Onu, la coalizione a guida saudita tra le forze responsabili dei crimini commessi in Yemen. La comunità internazionale non può più accettare questa "dimenticanza". Ognuno deve assumersi le proprie responsabilità e specchiarsi negli occhi impauriti dei bimbi yemeniti. Nel farlo, forse, in molti proverebbero vergogna. Che la dinastia Saud sia potente è cosa nota, e non da oggi. Ma a questo non può equivalere la "licenza di uccidere" impunemente. Le armi devono tacere in Yemen e prima di tutto non devono essere indirizzate contro i bambini. Tutte le armi. Anche quelle "dorate" della coalizione saudita.

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