Occorre de-strutturare e ricomporre una nuova visione, adeguata ai cambiamenti. Serve ricombinare la domanda d’innovazione con l’offerta delle startup. Anche di questo ne parleremo a Sharitaly il 15 e il 16 novembre 2016. (Scopri di più su:
http://www.collaboriamo.org/leconomia-delle-relazioni-e-il-valore-dei-luoghi-%E2%80%A8/)
- di Paolo Venturi* e Matteo Serra**
Una relazione è dinamica, mai statica, sempre in evoluzione. Le relazioni sono costruite dalle persone intorno ad idee, visioni e anche luoghi. “Relazioni” e “luoghi” sono connessi da un nuovo modo di stare al mondo, da una naturale propensione alla cooperazione, aumentata dalla tecnologia, che sta cambiando le cose intorno a noi. In questo processo la tecnologia stessa sta mutando. Ed è per questo che l’innovazione è sempre sociale, perché mutano le regole, nascono parole e significati, cambiano i comportamenti, le decisioni e le prospettive.
Il cambiamento principale riguarda il superamento delle ormai obsolete nozioni sia di uguaglianza dei risultati (caro all’impostazione socialdemocratica) sia disuguaglianza delle posizioni di partenza (l’approccio favorito dalle correnti di pensiero liberali). Piuttosto si tratta di declinare la nozione di eguaglianza delle capacità (nel senso di A. Sen) mediante interventi che cerchino di dare risorse (spesso relazionali e di senso) alle persone affinchè queste migliorino la propria posizione di vita e riescano ad attivarsi per trasformare le capacità in azione (capacitazione).
L’approccio basato sulle capabilities al benessere e allo sviluppo, suggerisce di spostare il fuoco dell’attenzione dai beni ai beni relazionali che si intendendo porre a disposizione del portatore di bisogni ed in particolare alla loro effettiva capacità di fruizione. Questo significa che i “beni primari” (Rawls) sono mezzi per la libertà, ma non costituiscono la libertà stessa a causa della diversa capacità delle persone di “trasformarli” in effettivi spazi di libertà, di “fioritura umana”. Dentro questa prospettiva, la dimensione relazionale acquisisce quindi un valore duplice: da un lato infrastruttura il valore in quanto “sense making” e dall’altro dà “prospettiva ed energia all’azione”.
Il potere dell’economia delle relazioni, è visibile nei nuovi “luoghi” che attraverso il protagonismo di quei giovani e/o comunità e grazie ad una innovazione aperta e cooperativa, generano o ri-generano nuovi percorsi di sviluppo locale e di occupazione: una nuova offerta che trasforma gli spazi in luoghi e dove le relazioni acquisiscono una primato che la PA che si propone di fare policy “evolute” non può far altro che riconoscere e accompagnare.
Un primato che si misura sulla qualità dei processi (piuttosto che sulla congruenza a linee guida pre-costituite) e che tende a produrre impatto (piuttosto che output). Lo Spazio Pubblico (inteso nella concezione di Hannah Arendt) diventa così la palestra per sperimentate nuove istituzioni (alternative e spesso ibride) dove la felicità è nel percorso, e non alla fine di esso.
La nuova manifattura, i makers, i designer dei servizi, i community manager, sviluppatori, tutto il popolo di coloro che faticano ad attribuirsi un codice ATECO, sono i protagonisti di nuove storie (non narrazioni) che riprendono in mano “oggetti” antichi come la Casa, la Scuola, la Fabbrica, la Comunità, il Quartiere, li de-strutturano per liberarli da recinti burocratici e li socializzano dandogli una vocazione esperienziale, legata al genius loci di quel territorio.
E’ il solco dell’innovazione sociale. Un solco ancora fragile nei numeri ma profondo nei meccanismi di produzione del valore. Le economie della varietà e della personalizzazione proposte da
Stefano Micelli, che fanno uso delle più sofisticate tecnologie, per superare le secche delle tradizionali economie di scala, non possono far a meno di questa sensibilità e coesione territoriale. Una coesione prodotta dalla possibilità di concentrare e incontrare altri imprenditori come emerge da un recente paper
“Learning Entrepreneurship From Other Entrepreneurs” (Guiso-Pistaferri-Schivardi). Dal contributo emerge in maniera chiara come le capacità imprenditoriali possano essere, almeno in parte, «learnable» attraverso contatti sociali con altri imprenditori. A far la differenza è quindi la densità imprenditoriale e la possibilità che questa possa essere comunicata e condivisa (in questo senso l’educazione imprenditoriale è imprescindibile). Del cambio di prospettiva ne è prova il diverso orientamento verso i percorsi di “scaling” legati alle startup. Ci si è convinti (finalmente) che la strada più adeguata per le caratteristiche peculiari della nostra infrastruttura produttiva, è quella di creare occasioni di “cross fertilization” fra startup e imprese mature. Tra le tante parole sprecate su temi legati a ecosistemi, innovazione e le stesse startup, la concretezza di una nuova attitudine alla collaborazione e alla cooperazione su temi specifici (che possono anche essere trasversali) ci porterà alla naturale ricerca di contaminazione tra il “piccolo” e il “grande”.
La sfida da cogliere è per le imprese consolidate perché le “piccole” hanno già iniziato a suonare la sveglia. Attraverso nuove conversazioni gran parte delle imprese possono diventare “incubatori” o attori d’innovazione ricombinando la propria domanda d’innovazione con l’offerta delle startup (all’Open Innovation Summit ci si è dati come obiettivo quello che il 5% delle oltre 200mila imprese italiane “adotti” una startup innovativa). Ecco che quindi relazioni, luoghi e
nuove economie coesive disegnano nuovi scenari per lo sviluppo del nostro paese. Segnali forti che nascono da legami deboli (domanda di partecipazione e condivisione), nuovi percorsi circolari e ibridi che richiamano, ormai a gran voce, una politica mainstream sull’innovazione sociale.
- *Paolo Venturi – Direttore di AICCON, Centro Studi promosso dall’Università di Bologna e dall’Alleanza delle Cooperative Italiane e direttore di The FundRaising School, prima scuola italiana sulla raccolta fondi. Componente del Comitato Scientifico della Fondazione Symbola, del CNV – Centro nazionale per il Volontariato, della Social Impact Agenda per l’Italia e di Social Value. Collabora con start-up come Social Seed e Maam e con le regioni Emilia Romagna e Toscana. Scrive su blog e su carta stampata (Nòva de IlSole24ore, Vita Non Profit), ha pubblicato articoli e saggi su innovazione sociale, impatto e cooperazione, e ha curato con Flaviano Zandonai le ultime due edizioni del «Rapporto sull’Impresa Sociale in Italia” e “Imprese ibride. Modelli d’innovazione sociale per rigenerare valori” (Egea).- @paoloventuri100
- **Matteo Serra. – Esperto in comunicazione. Ha contribuito a fondare nel 2001 la prima web radio indipendente pugliese (RadioPaz) e nel 2005 Pazlab studio cooperativo di comunicazione e design, di cui oggi è Presidente. Da oltre 10 anni porta avanti progetti legati alla cooperazione, al design della comunicazione e all’innovazione sociale. Tw: @matteoserra