Quando un giorno sì e uno no accadono eventi di terrore per le strade, si crea indifferenza e paura. (Scopri di più su:
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Si crea paura quando qualcosa ci minaccia, direttamente o indirettamente. La minaccia indiretta, quella della mafia, per esempio, pone chi è sotto minaccia in una condizione d’ansia incontenibile. Nei casi di questi giorni, non c’è minaccia, diretta o indiretta. Si sta creando però un’aspettativa che qualsiasi luogo possa essere pericoloso. Si può vivere così? Ci sono paesi dove da tempo questo è diventato “normale”. Invero, alla paura c'è rimedio, Marta Baggiani ce lo insegna.
All'indifferenza no, l’indifferenza è paura celata dietro l’espressione assente, lo sguardo nel vuoto, la vita quotidiana che non si stacca dall’eccezione, dallo scandalo. L'indifferenza non è solo paura. Benché l'indifferenza si ammanti di paura, essa è composta anche da pigrizia e codardia. La codardia va oltre la paura, è sentimento che induce repressione: quando ci si abitua a non far emergere il conflitto, quando non si reagisce più, quando non ci si stupisce più di nulla. La codardia, a sua volta, si accompagna alla pigrizia: sono modi di reagire alla paura.
Il sistema psicotico fa paura perché, con quel sistema, non si può entrare in conflitto, l'altro non mostra il suo volto, il colpo ti arriva di sorpresa, quando meno te l'aspetti, senza ragione. Il sistema psicotico, visto dallo psicopatico che lo costruisce, si adegua a un’orribile battuta maschile, attribuita a un proverbio cinese: “quando rientri a casa picchia tua moglie, tu non lo sai perché, ma lei sì”. Qui, ogni gesto è assassinio della madre, del padre, dei fratelli.
Ali David Sonboly spara sulla folla. Qualcuno gli grida qualcosa dal tetto, mentre lui uccide: “fatti vedere da uno psichiatra!”, lui risponde qualcosa: “sono bavarese, godo dei sussidi e sono in cura!”. Se è così, chiunque lo abbia diagnosticato depresso ha preso un grosso abbaglio. Ma, forse, la parola “depresso” esce dai media, è un modo per rassicurare tutti: se Sonboly è depresso, non c’è d’aver paura. Per favore riservate la paura ai gruppi terroristici organizzati, altrimenti qui non si capisce più nulla!
Sonboly, si suicida. Questo diciottenne sembra non avere avuto rapporti con organizzazioni fondamentaliste religiose, neppure con gruppi nazionalisti, sembra, sembra, sembra.
È certo però che ieri notte in radio qualcuno diceva che non poteva essere uno psicopatico, che doveva essere un professionista affiliato a qualche organizzazione islamica, che era troppo esperto d'armi e strategie. Anche questo serve a ridurre la paura. Non può essere una scheggia impazzita! Deve pur avere un significato quel che accade!, grida il politologo. Si sbagliava nella terminologia e nella previsione. Nella terminologia perché confondeva “psicopatico” con “psicotico”. Due patologie molto differenti.
Lo psicopatico ha un disordine dell'impulsività, mette paura davvero e ha paura a sua volta; inoltre ha pensieri ricorrenti di vendetta, spesso contro i suoi stessi fallimenti, le sue frustrazioni. Si prepara e addestra, entra in organizzazioni criminali o fondamentaliste, il suo disordine è definito anche sociopatia o disordine antisociale. Altri clinici, più sottili, assimilano alcune psicopatie a forme maligne di narcisismo. Insomma, lo psicopatico, solitario o aderente a un’organizzazione di psicopatici, è pericoloso, può anche avere successo.
Lo psicotico invece ha disturbi deliranti, allucinazioni, in generale ha disturbi gravi della coordinazione del corpo proprio, è del tutto inerme e inoffensivo, benché a volte appaia aggressivo verbalmente o fisicamente, difficile che sia in grado di usare mezzi tecnologici come un'arma da fuoco.
Perché è questo il problema: sparare per uccidere necessita di un certo addestramento tecnologico. Chi si sottopone a questo addestramento trasforma la paura in aggressività. Se so menare le mani, non ho più paura, se ho una pistola in tasca, ne ho ancora meno. La tecnologia conta. Inoltre necessita di una possibilità di accedere facilmente all'acquisto di armi. Tutti sanno che nelle aree dove la vendita delle armi da fuoco è libera ci sono molti più assassinii. Ma si fa finta di nulla, indifferenza psicotica.
Nei miei scritti precedenti –
La strage di Nizza e l'età psicotica e
Il lume del sentimento e della ragione – parlavo di un'epoca psicotica. Un'epoca psicotica funziona come un individuo psicotico, ma non a livello individuale o familiare, bensì a livello del sistema sociale. Se l'individuo psicotico è del tutto sottomesso e impotente, non è in grado di coordinarsi e delira, lo stesso accade a un sistema sociale psicotico, il delirio è collettivo e si compone di individui incontenibili. I pensieri incontenibili, si materializzano in agenti incontenibili. Che abbiano a che fare o meno con le organizzazioni politiche criminali, è meno importante, per chi voglia leggere il fenomeno sociale (non certo per le polizie, i giudici e i governi!). Schegge impazzite, loro non sono folli, folle è il sistema che li produce e li promuove. La paura dilaga ovunque, l’abbiamo tutti, ma la paura inibisce il coraggio e induce indifferenza. Viviamo dentro la commedia Piccoli omicidi di Jules Feiffer.
Sonboly si richiama a Breivik. Breivik ha un programma ideologico, ha un'organizzazione composta da lui solo, a quanto pare. Ora sono due. Con i fatti di Nizza, forse tre. Se così è, stiamo assistendo a una diversa forma di proselitismo, un proselitismo autonomo, antagonista, senza ideologia di riferimento, un proselitismo sotterraneo, subliminale, che scavalca i mass media, l'informazione.
Si sta costituendo un'estetica della violenza, qualcosa che agisce su se stesso, la violenza per la violenza. La violenza ha sempre avuto una dimensione estetica, ma prima questa era sullo sfondo di un programma politico. Fuori da tutte le giustificazioni politico-sociali, la violenza è gesto, puro gesto psicotico, scissione. Questo è ciò che incute massimamente paura.
Dalla parte delle vittime, chi muore sono giovani che stanno per le strade, liberi, che non provano ancora paura, che, se la provassero, si munirebbero anche loro di armi, come nel romanzo Si recano da scuola a casa, vanno a fare la spesa, viaggiano da un paese all'altro per studiare, fare ricerca, lavorare negli uffici, nei bar, nei ristoranti; stanno fuori, magari per fare arte di strada, convincere la gente a pagare per qualche organizzazione no profit, distribuire giornali, volantini. Che differenza c'è tra queste vittime e gli ebrei, gli armeni, i curdi, le persone uccise dalle vecchie organizzazioni terroristiche (IRA, ETA, RAF, BR, ecc.)?
Le persone che muoiono oggi non sono obiettivi da colpire, martiri da opprimere, nemici di classe, gruppi inferiori, nemici del popolo, ecc. Sono solo vittime, oggi il nemico è la vittima. Chi voleva l'autonomia antagonista l'ha ottenuta, fino in fondo. L'autonomia antagonista non sceglie neppure più un nemico specifico, il suo nemico è chicchessia, l'autonomia del soggetto antagonista è guerra di tutti contro tutti. L'individuo si fa soggetto collettivo per ricorrenze gestuali: Sonboly emulo di Breivik. Chissà che questa concatenazione del gesto criminale non trovi altre ricorrenze.
Il gesto non ha un referente a cui rivolgersi, si riferisce a se stesso, è puro spettacolo “reale”. Scioglie qualsiasi legame di rispetto, solidarietà, amore, reciprocità. Estetico, non artistico, non confondiamoci. Arte ed estetica non sono la stessa cosa. Ma è su questa differenza che nascono tutte le forme di totalitarismo psicotico.