In Italia la tratta di esseri umani è la terza fonte di reddito delle organizzazioni criminali. I
minori stranieri non accompagnati restano i più vulnerabili: nei primi
sei mesi dell’anno raddoppiati quelli giunti via mare in Italia (10.524 a
fronte dei 4.410 dello stesso periodo del 2015). Tra i più colpiti,
ragazze nigeriane e rumene, adolescenti egiziani e minori “in transito”,
secondo il Dossier “Piccoli schiavi invisibili” 2016 di Save the
Children. L’Organizzazione attiva una nuova helpline telefonica per
aiutare i minori a rischio.
I minori vittima di schiavitù e grave sfruttamento nel mondo sarebbero, secondo le stime, un milione e 200 mila. Una vittima di tratta su cinque è un bambino o un adolescente.
Una realtà drammatica, che resta però fortemente sommersa, registrando,
al di là delle stime e delle proiezioni, un numero molto inferiore di
casi realmente identificati. Basti pensare che gli ultimi dati ufficiali
disponibili parlano di 15.846 vittime di tratta accertate o presunte
tali in Europa, di cui il 15% è un minore[1]. In Italia, sono 1.125 le persone inserite in programmi di protezione e il 7% di loro ha meno di 18 anni.
Sono
questi i principali numeri che fotografano il fenomeno della tratta e
dello sfruttamento in Italia e nel mondo che emergono dal Dossier
2016 “Piccoli schiavi invisibili – I minori vittime di tratta e
sfruttamento: chi sono, da dove vengono e chi lucra su di loro”
di Save the Children, l’Organizzazione dedicata dal 1919 a salvare i
bambini in pericolo e a promuovere i loro diritti, diffuso oggi alla
vigilia della Giornata mondiale contro la tratta di esseri umani che si celebra il 30 luglio.
La maggior parte dei minori vittime di tratta, però, non rientra in queste statistiche: quello della tratta è un fenomeno estremamente complesso, soprattutto in Italia, che spesso coinvolge minori stranieri non accompagnati, cioè senza adulti di riferimento, molti
dei quali sono in transito nel nostro Paese e si spostano da una città
all’altra, non consentendone l’emersione e il tracciamento reale. Basti
pensare che in Italia, tra gennaio e giugno 2016 sono arrivate
via mare 70.222 persone in fuga da guerre, fame e violenze. Di queste
11.608 sono minori, il 90% dei quali (10.524) non accompagnati, un
numero più che raddoppiato rispetto allo stesso periodo dell’anno
precedente (4.410 da gennaio a giugno 2015).[2]
In particolare, questi ultimi rappresentano un potenziale bacino di
sfruttamento per coloro che cercano di trarre profitto dal flusso
migratorio, speculando in vari modi sulla vulnerabilità dei più piccoli.
Il profilo dei minori vittima di tratta e
sfruttamento in Italia vede una presenza significativa di ragazze
nigeriane, rumene e di altri Paesi dell’Est Europa, sempre più giovani,
costrette alla prostituzione su strada o in luoghi chiusi. Attraverso le
attività delle unità mobili e di outreach, Save the
Children ha inoltre intercettato gruppi di minori egiziani, bengalesi e
albanesi inseriti nei circuiti dello sfruttamento lavorativo e nei
mercati del lavoro in nero, costretti a fornire prestazioni sessuali,
spacciare droga o commettere altre attività illegali. A destare
particolare preoccupazione sono i minori “in transito”, tra i quali
spiccano eritrei e somali che, una volta sbarcati sulle nostre coste, in
assenza di sistemi di transito legali e protetti, si allontanano dai
centri di accoglienza e si rendono invisibili alle istituzioni nella
speranza di raggiungere il Nord Europa, divenendo facili prede degli
sfruttatori.
Se da un lato è difficile dare un
quadro numerico reale delle vittime di sfruttamento, dall’altro lo è
ancora di più quantificare il numero degli sfruttatori. Nel
nostro Paese, però, la tratta di persone costituisce la terza fonte di
reddito per le organizzazioni criminali, dopo il traffico di armi e di droga.[3]
Il numero dei procedimenti a carico degli sfruttatori, e soprattutto
quello delle condanne in via definitiva, rimane però piuttosto limitato,
per la capacità delle organizzazioni criminali di agire adeguando le
proprie strategie per aggirare gli interventi legislativi dei vari
Paesi. In Italia, in particolare, dal 2013 al 2015, sono stati
denunciati per reati inerenti la tratta e lo sfruttamento un totale di
464 individui, alla maggior parte dei quali viene contestato il reato di
riduzione in schiavitù.[4]
Per lo specifico reato di tratta di persone sono stati arrestati più di
190 soggetti di nazionalità prevalentemente rumena, albanese e
nigeriana. Secondo i dati riportati dal Ministero della Giustizia, il
12% degli autori di reati connessi alla tratta e allo sfruttamento sono
di nazionalità italiana.[5]
“Sono
tantissimi i minori che raccontano ai nostri operatori di essere
vittime di drammatiche forme di sfruttamento, nella maggior parte dei
casi assimilabili alla schiavitù, e che anche qui in Italia troppo
spesso si affidano a persone senza scrupoli”, spiega Raffaela Milano,
Direttore dei Programmi Italia-Europa di Save the Children. “È
importante che questi ragazzi trovino punti di riferimento affidabili
per decidere del loro futuro: per questo motivo, oltre alle nostre
attività di protezione dei minori migranti in frontiera Sud, a Roma,
Milano e Torino, abbiamo attivato un nuovo servizio di helpline[6]
dedicato ai minori migranti, un numero gratuito che risponde in sei
lingue, fornendo orientamento legale e psicologico, e che vuole essere
un punto di riferimento per tutti i minori che possono trovarsi in
situazioni di rischio e per tutti coloro che vogliono aiutarli.”
Le ragazze nigeriane vittime di sfruttamento sessuale
Il
numero delle minori e giovani donne nigeriane arrivate in Italia
potenzialmente ad alto rischio di sfruttamento è in continuo aumento:
nei primi sei mesi del 2016, sono state registrate 3.529[7]
donne di nazionalità nigeriana sbarcate sulle nostre coste, tutte molto
giovani, e 814 minori non accompagnati, tra cui si registra una
significativa presenza di ragazze adolescenti. Questo dato riflette un
trend in aumento che ha visto un incremento del 300% degli arrivi di
ragazze nigeriane nel nostro Paese tra il 2014 e il 2015.[8]
La maggior parte di loro sono adolescenti di età compresa tra i 15 e i
17 anni, con un numero crescente di bambine di 13 anni. Secondo le
testimonianze raccolte da Save the Children, le ragazze vengono adescate
nel circuito della tratta tramite conoscenti, vicini di casa, compagne
di scuola o spesso anche sorelle maggiori già arrivate in Italia. Una
volta reclutate, vengono costrette ad un giuramento tramite i riti dello
juju o del voodoo, con cui si
impegnano a restituire allo sfruttatore il proprio debito, che si aggira
tra i 20.000 e i 50.000 euro. Spesso vengono costrette alla
prostituzione già durante il viaggio che le porterà in Italia, mentre
attraversano il Niger e durante la successiva sosta in Libia, e arrivano
nel nostro Paese sotto il controllo dei trafficanti. Molte ragazze
vengono dunque indotte alla prostituzione già nelle aree limitrofe ai
centri di accoglienza e identificazione, oppure vengono trasferite dai
trafficanti in Campania, per essere smistate e distribuite nelle
principali città italiane.
Le vittime di tratta
devono prostituirsi per ripagare il loro debito allo sfruttatore, ma la
cifra aumenta ulteriormente perché le ragazze sono costrette a pagare un
affitto sia per il luogo in cui vivono che per il marciapiede, con un
costo per quest’ultimo che va dai 100 ai 250 euro al mese. Inoltre il
debito cresce in funzione di meccanismi sanzionatori arbitrari messi in
atto dagli sfruttatori, che “multano” le ragazze ogni volta che si
ribellano alle regole imposte dal sistema di sfruttamento. Le ragazze
sono quindi costrette a prostituirsi in qualsiasi condizioni fisica e a
costi bassissimi e ad accettare anche rapporti non protetti, con la
conseguenza di dover ricorrere all’interruzione volontaria di
gravidanza, spesso clandestina, ed esponendosi al rischio di malattie
sessualmente trasmissibili. Per riuscire a sopportare questa vita, molte
ragazze cominciano a fare ricorso a sostanze stupefacenti psicotrope,
su induzione dei loro trafficanti.
Le minori della Romania e dell’Est
Le
ragazze rumene rappresentano uno dei gruppi nazionali più esposti alla
prostituzione forzata, con un preoccupante aumento della quota delle
minori tra i 15 e i 17 anni. Spesso provengono da contesti
socio-culturali poveri e sono sin da piccole vittime di violenze
domestiche e alcolismo. Arrivano in Italia con collegamenti via terra a
costo moderato, con il miraggio di poter ottenere lavoro come bariste o
cameriere, supportate dal proprio sfruttatore, che spesso si maschera
dietro il ruolo di “fidanzato”, creando un rapporto di sottomissione con
la vittima dal quale le ragazze faticano a uscire. Oltre ai casi di
sfruttamento sessuale, le ragazze rumene sono spesso vittime di
sfruttamento lavorativo, in particolare nel settore agricolo, soggiogate
dai loro datori di lavoro – tra cui anche cittadini italiani – che ne
sfruttano la condizione di necessità per costringerle anche ad avere
rapporti sessuali.
I minori di origine egiziana
Secondo
le testimonianze raccolte dagli operatori di Save the Children, i
minori egiziani arrivati in Italia nel corso del 2016 hanno un’età media
inferiore (14-16 anni) rispetto ai connazionali arrivati l’anno
precedente (15-17 anni) e sono in aumento i giovanissimi, tra i 12 e i
13 anni. Il viaggio verso l’Italia viene organizzato da un network di
persone note alla comunità locale, con i quali vengono stipulati dei
veri e propri contratti che prevedono un debito che varia dal 2.000 ai
4.000 euro a seconda delle aree di partenza, con picchi fino a 10.000
euro per coloro che hanno percorso la rotta balcanica.
Il
viaggio per raggiungere l’Italia dura in media tra i 7 e i 15 giorni e,
poco dopo essere sbarcati sulle nostre coste, i ragazzi si allontanano
dalle strutture di prima accoglienza per raggiungere le città del Nord e
del Centro Italia (in particolare Roma, Milano e Torino) e una piccola
percentuale di loro anche altri Paesi europei. Una volta arrivati in
queste città, spesso su indicazione di un adulto, entrano in contatto
con le autorità per essere inseriti nelle comunità per minori. In molti
casi, questo consente loro di crearsi nuove opportunità di inclusione.
Ma per i molti ragazzi che non hanno la possibilità di entrare nel
percorso di protezione – in particolare per i neomaggiorenni – si aprono
le porte dello sfruttamento e della vita in strada.
Tutti
questi ragazzi condividono l’esigenza di dover mandare soldi a casa per
pagare il debito contratto dalla famiglia prima della partenza e questo
li trasforma in facili reclute del lavoro nero, esponendoli a varie
forme di sfruttamento. A Milano e Torino, la maggior parte viene
sfruttata in pizzerie, panifici o mercati ortofrutticoli. A Roma, sono
tantissimi i minori egiziani che lavorano all’interno dei mercati
generali della frutta e verdura, nelle pizzerie, negli autolavaggi o
nelle frutterie. Vengono pagati pochissimi euro e a volte non vengono
proprio retribuiti, con la scusa che il lavoro svolto costituisca un
apprendistato. In alcuni casi, questi ragazzi sono anche vittime di
sfruttamento sessuale o coinvolti in attività illegali come lo spaccio
di sostanze stupefacenti.
I minori albanesi
I minori non accompagnati albanesi sono al secondo posto per numero di presenze tra le nazionalità più rappresentate in Italia, con 1.453 ragazzi (12,5% sul totale).[9]
Si tratta di un dato in crescita rispetto allo scorso anno, dovuto
probabilmente alla recente abolizione dei visti di entrata nei Paesi
Schengen. Sono ragazzi provenienti da famiglie disgregate con forti
difficoltà economiche o con forti disagi nelle figure genitoriali. Le
loro principali mete sono l’Emilia-Romagna e la Toscana. Sono a rischio
di sfruttamento in attività illegali, spesso anche a causa del contatto
con adulti che li fanno diventare preda di atti di bullismo, fino a
circuirli e a spingerli a commettere piccoli furti, ricettazioni e
spaccio.
I minori in transito: eritrei e somali
Tra
i minori entrati in contatto con Save the Children, uno dei gruppi più
esposti al rischio di abuso e sfruttamento è rappresentato dai minori
non accompagnati in transito in Italia per raggiungere altri Paesi del
Nord Europa. Si tratta di bambini e adolescenti giovanissimi che sin
dall’inizio del loro viaggio subiscono trattamenti disumani e
degradanti, spesso vere e proprie forme di tortura, e che vengono
scambiati tra gruppi di trafficanti come avviene nel mercato della droga
o delle armi. L’arrivo in Europa non significa per loro la fine dello
sfruttamento ma un nuovo inizio, poiché la strada che devono percorrere
per raggiungere il Paese di destinazione e la necessità di rendersi
“invisibili” li rende ancora più vulnerabili.
Tra i minori in transito, i gruppi principali sono quelli degli eritrei e dei somali.
Tutti e tre questi gruppi compiono lunghissimi viaggi prima di arrivare
in Italia, attraverso rotte molto diverse, ma tutti sono vittime di
sfruttamento e abuso una volta arrivati nel Paese, mentre cercano di
pianificare i loro spostamenti verso il Nord Europa, anche a causa della
necessità di reperire ulteriore denaro per pagare i trafficanti che li
porteranno oltre frontiera.
“Consideriamo indispensabile che l’Europa attivi subito la procedura della “relocation”
almeno per i minori soli e più vulnerabili: è indispensabile garantire
ai ragazzi che devono raggiungere familiari in altri paesi europei un
percorso legale e protetto. È davvero inaccettabile che questi minori
una volta giunti in Europa debbano mettersi nuovamente nelle mani dei
trafficanti, alimentando il mercato dello sfruttamento,” commenta
Raffaela Milano.
Il profilo degli sfruttatori
Per la prima volta, il dossier approfondisce il profilo non solo delle vittime, ma anche degli “offender”, cioè gli sfruttatori. Il
profilo degli sfruttatori è molto vario e va dal singolo fino alle
organizzazioni criminali, che gestiscono la tratta di persone come
attività propedeutica e funzionale a traffici illeciti più lucrativi,
come ad esempio quello di droga. I gruppi transnazionali più complessi
hanno cellule in tutta Europa e riescono a spostare e gestire un numero
notevole di persone, arrivando a muoverle da un Paese all’altro del
continente, a seconda della domanda di lavoro forzato o di prostituzione
che si creano di volta in volta.
Nel caso degli sfruttatori individuali,
particolarmente frequente per le ragazze rumene e dell’Europa orientale
costrette alla prostituzione, spesso la condizione di subordinazione e
assoggettamento viene messa in atto da una persona con cui la vittima ha
una relazione di parentela (cugine o sorelle) o un vincolo
sentimentale. Il vincolo di dipendenza affettiva, emotiva ed economica
tra sfruttatore e vittima fa sì che quest’ultima non percepisca con
chiarezza lo sfruttamento in atto. Lo stato di prolungato sfruttamento,
l’asservimento psicologico, la continua frequentazione di connazionali
coinvolti nel traffico di persone, nonché la normalità che assume la
violenza nella vita quotidiana, fa sì che le ragazze nel tempo vengano
indotte a partecipare al business della prostituzione, assumendo anche
dei ruoli attivi.
Le reti informali giocano
un ruolo importante nel fenomeno del traffico di persone. In generale,
queste tipologie di reti non perseguono l’obiettivo finale di sfruttare i
migranti dopo il loro arrivo a destinazione, eppure sono frequenti i
casi in cui i migranti, soprattutto le donne e i minori, durante o dopo
il viaggio, si trovano intrappolati in forme di grave sfruttamento. Come
risulta dalle testimonianze dei minori stranieri non accompagnati
giunti in Italia, queste reti vengono attivate solitamente dalla stessa
famiglia o da un conoscente del ragazzo e lavorano sostanzialmente come
una sorta di ‘agenzia di viaggio’.
È il caso
emblematico dei minori egiziani, le cui famiglie contraggono un debito
nei confronti dei trafficanti che deve essere ripagato una volta giunti
in Italia. La necessità di onorare il debito contratto è molto sentita
dai ragazzi egiziani, in quanto sono consapevoli che se la loro famiglia
rimane insolvente potrà incorrere in problemi di natura penale,
pressioni sociali o anche violenze da parte dei trafficanti stessi.
Nel traffico dei giovani afgani, la figura dell’intermediario, chiamata anche garante,
ha invece il compito di tenere i rapporti con il trafficante allo scopo
specifico di tenere bloccato il pagamento finché il minore non giunge
al Paese di destinazione.
Per i viaggi via mare, tra le altre figure tipiche del traffico di persone, vi è quella dello scafista. Come riportato sia dai minori egiziani che da quelli afgani, si può trattare addirittura di loro pari
costretti ad adempiere a questo compito per pagarsi una parte del
viaggio. L’utilizzo dei minori per la traversata garantisce ai
trafficanti di non esporsi al pericolo del viaggio via mare o al rischio
di venire arrestati e incriminati dalle autorità italiane.
Le organizzazioni criminali che
gestiscono la tratta di persone perseguono invece lo scopo specifico
dello sfruttamento e assoggettamento delle vittime, al fine di trarne
dei benefici economici o altri vantaggi. Questi modelli organizzativi
son ben inseriti nel territorio italiano: è il caso dei boss nigeriani
che, in accordo con le mafie locali, gestiscono oggi importanti segmenti
del traffico e dello spaccio di droga tramite una elevata capacità di
controllo sul territorio e sulle persone[10].
Le raccomandazioni di Save the Children
Nel rapporto, l’Organizzazione delinea una serie di raccomandazioni chiave per garantire una più rapida emersione, identificazione e assistenza ai minori vittime di tratta e sfruttamento e la piena attuazione dei loro diritti. “Finalmente è stato approvato in Italia il primo Piano Nazionale d’azione contro la tratta e il grave sfruttamento degli esseri umani;
ora è indispensabile passare all’attuazione del piano, prevedendo
specifici interventi per le vittime minorenni”, afferma Raffaela Milano.
“Per prevenire i rischi di sfruttamento chiediamo inoltre al Parlamento
di approvare, senza ulteriori indugi, il disegno di legge sul sistema
nazionale di accoglienza e protezione dei minori stranieri non
accompagnati,[11]
che finalmente ieri ha ripreso il suo iter alla Commissione Affari
Costituzionali della Camera dopo un lungo periodo di stallo. Un sistema
di protezione organico e diffuso su tutto il territorio nazionale, può
rappresentare una risposta concreta per ridurre i rischi di tratta e
sfruttamento per i minori in arrivo.”
I progetti di Save the Children per la protezione dei minori a rischio di tratta e sfruttamento
Tra i principali progetti d’intervento, Save the Children ha avviato nel 2012 il progetto Vie d’Uscita,[12]
volto a rafforzare la protezione dei minori vittime di tratta e
sfruttamento sessuale attraverso percorsi di accoglienza e reinserimento
sociale, con l’attivazione di borse studio e/o lavoro, e
l’accompagnamento all’autonomia abitativa. Vie d’Uscita prevede inoltre
la realizzazione di attività di primo contatto con i minori vittima di
tratta e sfruttamento attraverso: informativa, consulenza legale,
accompagnamento ai servizi territoriali e socio sanitari, mediazione
linguistica e socio-culturale. Nel corso del 2015 sono state raggiunte
più di 350 ragazze, e ad oggi il progetto continua a garantire
l’accoglienza ed il supporto a minori e neomaggiorenni in condizioni di
forte vulnerabilità. Vie d’Uscita nasce grazie al sostegno delle
Profumerie La Gardenia, a cui si è aggiunto dal 2013 il contributo delle
Profumerie Limoni. A partire da settembre 2014 il progetto ha ottenuto
supporto anche da L’Orèal Paris.
Dal maggio 2008, Save the Children è impegnata in un programma rivolto ai minori in arrivo via mare
in Sicilia, Puglia e Calabria. In particolare, Save the Children svolge
attività di informazione, consulenza legale e mediazione culturale per i
minori migranti in tutte le aree di sbarco della frontiera Sud,
identifica i loro bisogni di protezione, contribuisce a far conoscere le
condizioni di accoglienza e a sviluppare un sistema efficace per
l’identificazione, la protezione ed il referral dei minori stranieri.
A Roma, Milano e Torino, l’Organizzazione opera attraverso il progetto Civico Zero,
che include unità mobili di strada e centri diurni a bassa soglia volti
a rintracciare, fornire supporto, orientamento e protezione a minori
stranieri e neo-maggiorenni in condizioni di marginalità sociale e a
rischio di devianza, sfruttamento e abuso. A Roma è operativo anche il centro notturno “A28” per i minori migranti in transito realizzato in partnership con Intersos.
Nel luglio 2016, Save the Children ha lanciato una Helpline telefonica dedicata
a fornire supporto e orientamento ai minori stranieri non accompagnati
in Italia, informazioni sui loro diritti, assistenza legale e
psicologica, attivazione di contatti con i servizi sul territorio.
L’Helpline vuole essere anche un riferimento per i familiari, residenti
in Italia e in altri Paesi, per gli operatori di strutture e comunità,
per operatori pubblici, volontari e cittadini. Il servizio telefonico
multilingue (italiano, arabo, inglese, francese, tigrino, somalo, farsi)
è attivo dal lunedì al venerdì, dalle ore 11 alle ore 17, e risponde al
numero verde 800 14 10 16 (per Lycamobile: 351 2 20 20 16).
Il rapporto Piccoli Schiavi Invisibili è disponibile alla pagina: www.savethechildren.it/pubblicazioni
L’infografica sulle rotte della tratta dalla Nigeria all’Italia è disponibile al link: https://we.tl/dV4WwZVz3E
Le foto tratte dal rapporto sono disponibili al link: https://we.tl/V0OGoghEqU