Il Sud Sudan sta affrontando un peggioramento esponenziale della crisi umanitaria, dopo la nuova impennata del conflitto che sta lacerando il Paese e impedendo alle organizzazioni umanitarie di fornire aiuti ai milioni di persone colpite dall’emergenza. Nel frattempo episodi di violenza continuano nella capitale Juba e si stanno estendendo anche ad altre aeree del paese, nonostante il fragile cessate il fuoco raggiunto da poco.

E’ l’allarme lanciato oggi da Oxfam e altre 9 organizzazioni umanitarie al lavoro nel paese – CARE, International Rescue Committee, Mercy Corps, Christian Aid, Danish Refugee Council, Global Communities, Internews, Jesuit Refugee Service, and Relief International – che fanno appello al Governo e all'Esercito di Liberazione del popolo sudanese (SPLA/IO), per un pieno rispetto del cessate il fuoco nella capitale Juba e nell’intero paese. Chiedendo inoltre al Governo e alle forze di pace dell’ONU (UNMISS), di garantire che le organizzazioni umanitarie possano operare in sicurezza per portare aiuti alla popolazione colpita dal conflitto.
 

IL PEGGIORAMENTO DEL QUADRO UMANITARIO

Metà della popolazione dipende ormai dagli aiuti, mentre già qualche settimana fa - prima del riaccendersi del conflitto, alla vigilia del quinto anniversario dell’indipendenza dello scorso 7 luglio -  si contavano 2,5 milioni di sfollati e 4,8 milioni di persone rimaste senza cibo. Gli scontri, solo nella capitale Juba, hanno già causato almeno 300 vittime e decine di migliaia di sfollati, lasciando molte più persone senza cibo, acqua e riparo.

“Se le condizioni di sicurezza peggioreranno, fornire aiuti sarà logisticamente impossibile. – spiega Alessandro Cristalli responsabile per il Corno d’Africa di Oxfam Italia – A oggi siamo riusciti a scongiurare la carestia nelle aree più difficili da raggiungere, ma se non avremo modo di operare a pieno regime le conseguenze saranno catastrofiche”.

A causa del recente peggioramento della situazione, molte organizzazioni hanno dovuto infatti ridurre temporaneamente il loro personale nel paese. Mentre scorte di cibo, acqua e materiali di primo soccorso sono stati saccheggiati anche dopo il raggiungimento del cessate il fuoco. In un paese che ha soltanto 200 chilometri di strade asfaltate, il conflitto in corso e le restrizioni imposte sui voli interni impediscono alle agenzie di portare aiuti alla popolazione e rifornire i punti di distribuzione dei beni e materiali necessari.

“Ancora una volta, rischiamo di abbandonare il Sud Sudan nel momento di maggior bisogno. - ha dichiarato Kate Phillips-Barrasso, Senior Director of Policy and Advocacy per l’International Rescue Committee -  Molte agenzie di aiuto hanno dovuto sospendere o limitare il lavoro di primo soccorso a causa degli scontri, e sono proprio le persone più vulnerabili a pagarne il prezzo. La comunità internazionale deve raddoppiare i suoi sforzi per trovare una soluzione alla crisi, lo status quo, semplicemente, non è abbastanza”.

Da qui l’appello al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, affinché assicuri la protezione dei civili, garantendo che le organizzazioni umanitarie possano lavorare in sicurezza in tutto il paese.

“L’incapacità delle forze di pace delle Nazioni Unite di proteggere i civili genera insicurezza nel paese e impedisce alle organizzazioni umanitarie di portare i soccorsi necessari alla popolazione. - ha detto Frederick McCray, Country Director di CARE in Sud Sudan - UNMISS deve rispettare il suo mandato: proteggere i civili e il personale umanitario per favorire gli aiuti”.

In questa direzione diviene perciò necessario il raggiungimento di un cessate il fuoco duraturo tra le parti in conflitto.

“Il Sud Sudan ha bisogno di una pace duratura. – conclude Deepmala Mahla, Country Director di Mercy Corps in Sud Sudan - È perciò essenziale che le parti in conflitto rispettino il cessate il fuoco e lavorino insieme per trovare una soluzione. La popolazione del Sud Sudan ha già sofferto troppo e per troppo tempo”.

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