A
meno di una settimana dalla riunione di New York, dove gli stati membri
delle Nazioni Unite dovrebbero raggiungere un accordo su un Global
compact sui rifugiati, un'improbabile ed eterogenea alleanza tra
Australia, Cina, Egitto, India, Pakistan, Regno Unito e Russia rischia
di compromettere l'unico tentativo attualmente in corso a livello
mondiale per provare concretamente a fermare la crisi globale dei
rifugiati, che riguarda oggi 20 milioni di persone, e a prevenire
analoghe crisi in futuro.
Il documento da approvare a fine luglio
sarà poi sottoposto all'adozione da parte del Summit delle Nazioni
Unite in programma a settembre.
"Mentre
manca poco tempo per finalizzare un accordo che potrebbe e dovrebbe
cambiare la situazione, molto è ancora in bilico. Milioni di rifugiati
sono in disperato bisogno d'aiuto: l'86 per cento di loro si trova in
paesi a basso e medio reddito spesso dotati di insufficienti risorse per
ospitarli mentre molti dei paesi più ricchi del mondo sono tra quelli
che meno ne accolgono e poco s'impegnano" - ha dichiarato Salil Shetty, segretario generale di Amnesty International.
"Al
Summit delle Nazioni Unite di settembre, oltre 150 capi di stato e di
governo getteranno le basi di un nuovo quadro globale per affrontare la
crisi dei rifugiati. Dovremmo essere alla vigilia di un evento di
portata storica e invece quello che si profila all'orizzonte è un
fallimento di analoghe proporzioni, a causa della priorità che alcuni
stati sono intenzionati a dare ai loro interessi egoistici nazionali a
scapito dei diritti dei rifugiati" - ha aggiunto Shetty.
"Ma
c'è ancora tempo per fare un passo indietro dal precipizio. Insieme a
milioni di nostri sostenitori nel mondo, noi di Amnesty International
diremo chiaro e tondo ai leader mondiali che un fallimento non sarà
accettato" - ha sottolineato Shetty.
È dal novembre 2015 che
il segretario generale Onu Ban Ki-moon chiede un nuovo approccio
rispetto ai grandi movimenti di rifugiati e migranti. Nel maggio 2016,
in un rapporto all'Assemblea generale, ha presentato una serie di
proposte tra cui quella di un Global compact condiviso a livello
internazionale sui rifugiati e sui migranti. Il piano finale verrà
approvato a fine luglio per essere adottato il 19 settembre, al primo
vertice di alto livello sui rifugiati e sui migranti convocato
nell'ambito dell'Assemblea generale, descritto come "un'opportunità
storica per definire una migliore risposta internazionale".
Un aspetto centrale del nuovo
accordo è la condivisione globale delle responsabilità: nessuno stato
dovrebbe ospitare più della sua giusta quota di migranti e rifugiati e
tutti gli stati dovrebbero riconoscere la loro responsabilità,
legalmente vincolante, di rispettare i diritti umani delle persone
costrette a lasciare le loro terre a causa della guerra o della
persecuzione.
Attualmente, alla condivisione delle responsabilità
molti stati preferiscono la delega della responsabilità: un'idea di
corto respiro e, a lungo termine, perdente.
Amnesty International
ha proposto agli stati membri delle Nazioni Unite un piano in cinque
punti sulla condivisione delle responsabilità per quanto riguarda
un'ospitalità e un'assistenza eque, basate su criteri oggettivi tra cui
il prodotto interno lordo e i livelli di disoccupazione.
Tuttavia,
i governi paiono sul punto di respingere gli obiettivi del summit di
settembre per tutta una serie di ragioni e persino la frase
"condivisione delle responsabilità" è a rischio. Il risultato è che il
Global compact sui rifugiati sarà rinviato al 2018 perché alcuni stati
insistono che debba essere data assoluta priorità a un Global compact
sull'immigrazione.
Dietro tutte le scuse si rivelano, secondo
Amnesty International, una mancanza di volontà politica, la
predisposizione a tollerare la sofferenza del tutto evitabile di milioni
di persone, la costruzione di ulteriori barriere e il desiderio di
lasciare che tutto resti così.
"Ma il
tempo perché tutto resti così è ampiamente cessato. Di fronte alla
realtà che i paesi ricchi non fanno abbastanza per ospitare e assistere i
rifugiati, è arrivato il tempo della condivisione delle responsabilità
che è alla base del Global compact. I paesi ricchi e influenti devono
smetterla di avanzare scuse e di far valere il loro peso" - ha detto Shetty.
"In
passato, la comunità internazionale è stata unita quando si è trattato
di reagire a crisi dei rifugiati e di recente le Nazioni Unite hanno
individuato meccanismi condivisi per affrontare sfide globali di eguale
dimensione. Un meccanismo concreto di condivisione delle responsabilità
potrebbe salvare milioni di persone dalla miseria e dalla morte per
annegamento o malattia, offrendo ai rifugiati percorsi reali, legali e
sicuri di fuga dalla guerra e dalla persecuzione" - ha concluso Shetty.
Ulteriori informazioniLa
Dichiarazione politica che dovrebbe essere approvata al summit di
settembre e il Global compact sulla condivisione delle responsabilità
relative ai rifugiati che dovrebbe derivarne nel 2018 non
rimpiazzerebbero il sistema di protezione istituito dalla Convenzione
sullo status di rifugiato del 1951 e dal suo Protocollo del 1967.
Piuttosto, rafforzerebbero questo sistema creando un sistema duraturo
nel tempo per affrontare crisi di lungo periodo o improvvise in tema di
flussi di rifugiati.
Amnesty International da molto tempo fa
pressioni sui governi del mondo affinché condividano maggiormente le
responsabilità per proteggere i diritti dei rifugiati e, a settembre,
lancerà una nuova campagna sulla crisi dei rifugiati.
I soci e i
sostenitori di Amnesty International continueranno a premere sui
rispettivi governi per sostenere il principio di una condivisione equa e
autentica delle responsabilità, che possa dare ai rifugiati la speranza
concreta d'iniziare una nuova vita in condizioni di dignità e
sicurezza.