La lettura della crisi e dei suoi esiti non si legge solo per sottrazione, evidenziando cioè il calo dei consumi di beni e servizi, dei posti di lavoro, della ricchezza disponibile, della capacità di investimento. E’ necessario infatti approfondire la rimodulazione di questi fattori, in particolare dei modelli di consumo, evidenziando nuove priorità e, al tempo stesso, nuove modalità per farvi fronte. (Scopri di più su: http://workshop.irisnetwork.it/si-puo-contare-sul-valore-sociale-come-driver-nuovi-modelli-consumo-era-grande-contrazione/)

Nel caso dei consumi si tratta infatti di un processo di trasformazione lungo periodo, antecedente alla crisi e che mette in luce la crescente rilevanza delle variabili sociale e ambientale nelle scelte, contribuendo così a modificare le catene produttive e distributive.

Fenomeni come il commercio equo e i gruppi di acquisto che fino a qualche anno fa erano di nicchia e fortemente alternativi, oggi sono sempre più componenti strutturali delle scelte di consumo e delle politiche economiche mainstream, anche grazie a innovazioni tecnologiche di stampo “social”.

Una trasformazione che chiama in causa l’impresa sociale come possibile “società veicolo” per dare consistenza a un cambiamento che è sempre più paradigmatico e che, proprio per questo, attrae inevitabilmente altri soggetti sociali e imprenditoriali.

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