Siamo in epoca psicotica, non è la prima e non sarà l'ultima, nessuna apocalisse. Cos'è un'epoca psicotica? Come insegna Paul-Claude Racamier (1924-1996), la psicosi – tra gli altri sintomi familiari - è la negazione di qualsiasi tipo di conflitto. Nei sistemi psicotici “conflitto”, per definizione, significa “distruzione”. Bisogna far sempre finta che tutto vada bene. Nei momenti in cui il conflitto “si mostra” - come direbbe Wittgenstein - si mostra in termini distruttivi, unica sua possibilità, giacché il resto deve essere “dialogo”. Sintassi dei sistemi psicotici. (Scopri di più su: http://www.doppiozero.com/rubriche/336/201607/la-strage-di-nizza-e-leta-psicotica)
Non è questo ciò che i politici chiamano totalitarismo? Sembra che i sistemi psicotici e il totalitarismo siano un unico soggetto visto da dentro e da fuori.

Quando, di fronte a un conflitto, anziché aprire una discussione, ci si rivolge a un'istanza superiore, preposta, nella mente di chi lo fa, ad annientare la parte “altra” del conflitto, allora siamo ai capi scala della Germania Democratica, alla buca delle delazioni.

Questo soggetto collettivo esiste e non è quel soggetto collettivo romantico che libererà l'umanità da ogni male. È narcisista e sadico. Però, questo soggetto, non è struttura patologica individuale, è sistema patologico. Non si tratta di cattiva educazione familiare; neppure di neurotrasmettitori in eccesso, o in difetto. Questa patologia è effetto di un contesto storico-sociale; un portato culturale antico, che di tanto in tanto riemerge, l'effetto di un brodo culturale.

Che differenza c'è tra Andreas Lubitz, 28 anni, Anders Breivik, 37, e Mohamed Lahouij Bouhlel, 31?

Il primo aveva superato i test psicologici per diventare pilota - segno che la psicologia non è una sfera di cristallo per divinare il futuro – il secondo è di estrema destra e si spertica in saluti nazisti ogni vola che lo fotografano, del terzo ancora si sa poco, forse era un fondamentalista religioso, forse no, il suo gesto è stato rivendicato da Isis, ma è difficile pensare a una sua affiliazione ufficiale. Breivik si è inventato un soggetto collettivo che, almeno fino alla strage, era tutto nella sua testa, Bouhlel un soggetto collettivo di riferimento ce l'avrebbe avuto, ma a posteriori. Isis ha esultato per il suo gesto.

Tutti e tre, il tedesco Lubitz, il norvegese Breivik, il tunisino Bouhlel, sono nati sulla soglia di una crisi culturale epocale. I politologi, abituati a spiegare il mondo attraverso polarità, incominciano a confondersi. Quando non si capisce più da che parte stare, si sviluppano le più svariate teorie del complotto. Come non capire che la democratizzazione post-comunista non è passata attraverso la questione dei diritti, ma attraverso quella del mercato. Che il post-comunismo è guerra di tutti contro tutti e che, se non si fa un po' di ricerca psicologica, di questi fenomeni è impossibile venire a capo con le categorie del politico?

Esiste dunque un'isteresi del soggetto collettivo, che, dopo essere uscito dal campo magnetico totalitario, ancora a lungo mantiene mentalità e caratteri totalitari, qualcuno l'ha chiamata democrazia reazionaria. Ci accorgiamo che il mondo occidentale non era visto come il luogo dei diritti e del rispetto umano, il luogo della libertà politica. Il mondo occidentale era visto come il paradiso del denaro, dell'arricchimento sfrenato. A convincere a rompere col comunismo, non era il desiderio di libertà politico-sociali, ma le calze di seta e i jeans dei turisti sessuali.

Dobbiamo uscire dall'illusione politologica che, caduto un sistema oppressivo e corrotto, si possa ottenere finalmente la democrazia. Vediamo oggi i disastri ottenuti dalle cosiddette “guerre di liberazione”, prodotte dall'interno o introdotte dall'esterno. Dobbiamo rassegnarci a constatare che i governi abbattuti hanno prodotto regimi altrettanto, se non più, autoritari e oppressivi. Tutto ciò insegna che esiste un inconscio sociale, che il soggetto collettivo è abitato da una assenza costitutiva, da una follia radicale, da una mancanza incolmabile.

La democrazia è, in primo luogo, una forma mentis difficile da mantenere, facile da screditare. Il democratico odierno è come il clown Augusto descritto da Freud. Forse la democrazia è un privilegio di minoranze.

Il mondo, come voleva Hobbes, sembra andare nella direzione opposta. Oggi questo spostamento verso il totalitarismo avviene per opera di un soggetto collettivo radicalmente antagonista, che non si esprime in politica, ma in ambiti differenti: fede, delirio politico, gesto “estetico”. Non più dissenso, solo guerra, non avversari, solo nemici. Da giorni gira su internet questo video sulla differenza tra John McCain e Donald Trump a proposito dell'avversario Obama.

Trump fa parte di quella vasta schiera di personaggi che popolano l'occidente da tempo, seguono il soggetto collettivo narcisista, che squalifica, discredita, distrugge il nemico. McCain fa parte di quella minoranza che crede nel conflitto, nella divergenza, anche radicale, di opinione, senza passare attraverso la demonizzazione dell'avversario.

Da dove viene questa patologia del sistema sociale? A diversi livelli e con differenze di contenuto, questa patologia trasversale sta producendo i nuovi serial killer. Paradossalmente dipende dall'idea di autonomia come antagonismo. Si è pensato, per anni, e tutt'ora si pensa, che il soggetto antagonista sia autonomo. Al contrario di ciò, la sottomissione è parte costitutiva dell'antagonismo, il soggetto antagonista è un suddito. Un facchino che, mentre protesta, porta sulle spalle i bagagli del padrone. L'esperienza storica del secolo scorso è la prova lampante di questa terribile verità, la promessa di un mondo nuovo si è rivelata nel terrore.

Penso che Michel Foucault, quando scrisse Bisogna difendere la società intendesse precisamente questo: dobbiamo difendere l'esercizio del parlar franco, il free speech, la parresia. Dobbiamo difendere e proteggere Platone nel suo rientro per nave da Siracusa ad Atene, impedire che Dionisio lo faccia uccidere per il fatto di avere parlato francamente.
Penso che la minaccia, per tutti, venga da una mentalità che sta fuori dalla destra e dalla sinistra. Il soggetto antagonista, di destra, di sinistra, di centro, politico, religioso, qualunquista si sta manifestando, oltre che presso le grandi organizzazioni del terrore, o nelle reazioni golpiste, anche in maniera autonoma, come gesto “estetico”.

Quando un Anders Breivik colpisce, gioisce un'organizzazione neo-nazista, quando colpisce un Mohamed Lahouaiej Bouhel, gioisce un'organizzazione islamica fondamentalista. C'è sempre stato, nel fondamentalismo, il gesto solitario, “estetico”: infilarsi il passamontagna e avere un orgasmo, sessualità infantile. C'è sempre stato un Lee Harvey Oswald, un Shiran Shiran, un James Earl Rey, un Ygal Amir dei quali mai si saprà se hanno, o meno, agito da soli o per conto di un'organizzazione fondamentalista. Quel che si sa è che chi ha gioito per l'eliminazione dei Kennedy, di Martin Luther King e di Yithzak Rabin rappresenta il soggetto collettivo antagonista del quale è urgente liberarsi.

Oggi chi muore è persona che, a sua volta, rappresenta un soggetto collettivo. Soggetto fatto di volti sconosciuti, ai quali non è neppure possibile erigere un monumento, erano lì per puro caso. A loro vanno dedicati i versi di Emily Dickinson:

Safe In their Alabaster Chambers-
Untouched by Morning
And Untouched by Noon-
Sleep the meek members of the Resurrection-
Rafter of satin, And Roof of stone

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