I dati parlano chiaro: a più alto livello di corruzione corrispondono meno competitività, meno investimenti, meno produttività, meno progresso tecnico, meno innovazione, meno impresa e perciò più disoccupazione. (Scopri di più su: https://www.riparteilfuturo.it/corruzione-e-disoccupazione)

Infatti un Paese corrotto non è affidabile per gli investitori, specialmente stranieri, e di conseguenza perde opportunità di business e sviluppo. A farne le spese sono soprattutto i giovani disoccupati, mentre l'inefficienza, i servizi scadenti, il peso della crisi economica, l'assenza di opportunità sono problemi comuni a tutta la società civile.

Solo combattendo la corruzione l’Italia potrà riacquistare la credibilità necessaria per attrarre capitali, italiani e stranieri, aumentare la produttività e creare nuove opportunità di lavoro soprattutto per le nuove generazioni.

Ecco la dimostrazione del perché la corruzione affligge la vita quotidiana di tutti noi, nessuno escluso.

La corruzione in Italia è un problema sistematico, difficile da mettere in relazione con altre mancanze strutturali in base a rapporti di causa e effetto. Analizzando tuttavia alcuni indicatori significativi, abbiamo osservato come questi risultino correlati alla diffusione di tangenti e malaffare. Gli indicatori presi in esame sono:

Corruzione = meno competitività. Agli ultimi posti delle classifiche

All’interno dell’Unione Europea l'Italia è al penultimo posto nella classifica globale di percezione della corruzione, (Transparency International, «Corruption Perception Index», 2015) e occupa il 18°posto nel Global Competitiveness Index (World Economic Forum, 2015) che valuta annualmente la produttività e l’efficienza dei paesi.
Confrontando questi due indicatori si nota che, di media, a maggior corruzione percepita corrisponde un minore livello di competitività del Paese in oggetto. Secondo varie ricerche infatti la corruzione indebolisce le norme antitrust, impedisce l'accesso di nuovi soggetti nel mercato e crea ostacoli alla concorrenza.

Meno competitività = meno investimenti. Una questione di (mancanza di) fiducia

Questo dimostra che la corruzione non causa solo sprechi e perdite dirette di capitale ma anche una vera e propria distorsione del mercato. In particolare disincentiva gli investimenti sia interni che stranieri: quale imprenditore di buon senso, infatti, metterebbe a rischio le proprie risorse in un Paese in cui non c’è rule of law, la normativa anticorruzione è ancora molto debole, la burocrazia è scoraggiante e i processi hanno tempi infiniti ed esiti incerti? Solo per citare un dato, i detenuti per corruzione e concussione sono appena 299 nel 2015 secondo il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria.

Tutto ciò significa che la corruzione impedisce la certezza del ritorno sugli investimenti inficiando la produttività e la competitività. Questo avviene sia per i capitali interni che per i Foreign Direct Investment (FDI).

Meno investimenti = più disoccupazione. Il futuro è bloccato

Minori investimenti comportano minori opportunità di fare impresa e creare nuovi posti di lavoro, specialmente per i più giovani: non a caso l’Italia ha un tasso di disoccupazione giovanile che sfiora il 39% contro il 22% dell’Eurozona (Eurostat, febbraio 2016).
La scarsità di FDI comporta una perdita anche in termini di trasferimento internazionale di tecnologie e know-how, misurata dalla nostra bassa prestazione nell’indice di progresso tecnico, come osserva anche l’OECD, che rappresenta un punto fondamentale della crescita a lungo termine. Inoltre la mancanza di competitività agisce negativamente sulla produttività, sull'innovazione, sulla capacità di fare impresa e sulla spesa pubblica.


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Combattere la corruzione è un passo indispensabile per far ripartire l'Italia, per questo abbiamo creato Riparte il futuro.

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