Ieri, 12 giugno, la Giornata mondiale contro il lavoro minorile. Per contrastare il lavoro minorile dobbiamo puntare su un’educazione di qualità per tutti!
Oggi nel Mondo sono ancora 168 milioni i bambini, le bambine e gli adolescenti coinvolti in lavoro minorile. Il 12 giugno in occasione della Giornata mondiale contro il lavoro minorile vogliamo ricordare ancora una volta quanto questo fenomeno sia in alcuni Paesi difficile da monitorare, quantificare e contrastare. WeWorld, Organizzazione che da oltre 15 anni si occupa di garantire i diritti dei bambini e delle donne più vulnerabili, crede che solo con un’educazione di qualità diffusa a livello globale possiamo sperare che questo vergognoso fenomeno possa – magari anche lentamente - scomparire.
Chi sono questi bambini e cosa fanno? La maggior parte di loro è impiegata in attività economiche insieme ai propri genitori o per conto di terzi, nel lavoro agricolo, in quello industriale (ad esempio nel settore manifatturiero) o nei servizi (soprattutto ristoranti e hotels).
Già questo sarebbe deprecabile, considerando che sono 196 i Paesi che hanno ratificato la Convenzione sui Diritti dell’Infanzia e 168 quelli che hanno ratificato la Convenzione dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro sull’età minima per lavorare (Convenzione 138). Ma questi lavori non sono il risvolto più orribile del problema: forme più dannose sono quelle che vedono i bambini impiegati in lavori rischiosi, che mettono in pericolo il loro benessere fisico, mentale e morale (ad esempio nelle miniere in Cambogia, o nelle piantagioni di thè in Zimbabwe a contatto con pesticidi e sostanze chimiche). Per poi arrivare alle forme più gravi: il coinvolgimento in attività illecite, la schiavitù, lo sfruttamento sessuale, l’arruolamento dei bambini soldato.
Oggi insomma in varie parti del mondo sono ancora tantissimi i diritti fondamentali di bambini, bambine e adolescenti che vengono calpestati!
Anche le cause del lavoro minorile sono molteplici. La povertà è una delle principali: in molti paesi del mondo i genitori spingono i propri figli ad andare a lavorare per contribuire al sostentamento famigliare. Ma ve ne sono altre: in alcune zone dell’Africa l’AIDS/HIV provoca la morte di milioni di persone, lasciando i bambini orfani e costringendoli a guadagnarsi da vivere da soli. In altri paesi le cause del lavoro minorile, nello specifico quello delle bambine e delle ragazze, risiedono in una cultura che le discrimina: private del loro diritto all’educazione, sono relegate alla sfera domestica, vista come il luogo naturale che spetta loro, perché femmine.
Sebbene in alcune aree del mondo come l’Africa Sub-Sahariana il lavoro minorile sia più diffuso, non si deve pensare che riguardi solo i paesi più poveri (come dimostra il nostro WeWorld Index,
https://www.weworld.it/pubblicazioni/2016/WeWorld-Index2016/). Il fenomeno riguarda anche i paesi industrializzati. Qui i bambini, le bambine e gli adolescenti più a rischio sono i minori non accompagnati, quelli di origine rom, gli stranieri. Vengono impiegati in diversi settori, come l’agricoltura, l’industria (ad esempio quella del tabacco), o anche nelle strade (come nell’accattonaggio o nella prostituzione). Inoltre, l’aumento di famiglie povere a seguito della crisi economico-finanziaria del 2008 spinge a ipotizzare che il numero di adolescenti impiegati in una qualche forma di lavoro più o meno irregolare sia in aumento.
Ma purtroppo il lavoro minorile è un fenomeno nascosto e invisibile, quindi difficile da rilevare e quantificare. Questo incide in maniera negativa sulle possibilità di monitorare la sua diffusione, comprenderne a fondo cause e dinamiche, e quindi intervenire. Le stime non riescono a cogliere l’effettiva portata del fenomeno, tanto che ad esempio per i paesi europei, l’Oceania e il Nord America si tende a identificare i bambini inseriti in circuiti di lavoro minorile con quelli che non vanno a scuola (stimati in circa 2,2 milioni).
Per contrastare il lavoro minorile l’arma fondamentale è quella quindi di garantire un’educazione di qualità a tutti i bambini e le bambine.
Per questo WeWorld è impegnata da anni sul tema dell’educazione in Italia e nel mondo, perché solo garantendo l’accesso ad un’istruzione di qualità e contrastando la dispersione scolastica si può contribuire a ridurre lo sfruttamento lavorativo dei bambini e degli adolescenti. Se sono messi nelle condizioni di poter andare a scuola e se esistono strumenti di supporto al loro percorso scolastico, allora i bambini e gli adolescenti sono in misura minore a rischio di abbandonare la scuola e di venire inseriti in circuiti di sfruttamento lavorativo.
I progetti di WeWorld in Brasile, Kenya, Tanzania, Benin, India, Cambogia, e Nepal hanno proprio queste finalità: costruire edifici scolastici accoglienti, fornire materiale didattico e ludico-educativo, aiutare i bambini e le famiglie in difficoltà economiche promuovendo l’empowerment delle donne e di conseguenza riducendo le possibilità che anche i/le figli/e vadano a lavorare, sensibilizzare i genitori sull’importanza dell’istruzione e rendere i bambini consapevoli dei propri diritti.
I progetti Frequenza200 in Italia (
http://www.frequenza200.it/) si muovono nella stessa direzione: collaborare con le scuole e le famiglie per fornire un sostegno educativo a bambini, bambine e adolescenti e ridurre il fenomeno dell’abbandono scolastico. Frequentare la scuola riduce infatti le possibilità di entrare in circuiti di lavoro minorile, ma fornisce anche le competenze per ottenere lavori migliori in futuro.
Non bastano quindi Trattati e Convenzioni che riconoscano e garantiscano i diritti dei bambini a livello formale, seppur importanti e fondamentali.
È necessario anche e soprattutto partire dal basso, agire a livello di comunità, cercando di fornire un’educazione accessibile e di qualità a tutti i bambini e le bambine, sensibilizzando genitori, insegnanti, stakeholders e istituzioni sull’importanza dell’educazione, rompendo stereotipi diffusi e combattendo tradizioni e norme che non tutelano i diritti di bambini, bambine e adolescenti.