Non è fermando, ma è solo mettendo dentro una nuova qualità di vita, dei nuovi interessi, delle nuove attenzioni, che le cose possono cambiare. (Scopri di più su: http://theway.uidu.org/storiedautore/giovani-e-dipendenze-quale-sara-laspirina-per-il-disagio/#.V1piU-So3_n)
Chi è problematico oggi? Il giovane che arriva a compiere atti trasgressivi, inspiegabili e improvvisi, il genitore che nel suo percorso di vita fatica a dare al figlio delle sicurezze e un porto sicuro in cui rifugiarsi o la cultura sociale che continua a illuderci che l’importante è stare al passo con i tempi senza dare la necessaria fiducia nel futuro?

Penso a Lucia e Annalisa, due ragazzine di 15 anni che per un mese sono uscite di casa per andare a scuola accompagnate dai loro genitori fino all’ingresso dell’istituto scolastico, invece di entrare, frequentavano con altri ragazzini i parchetti a bere alcolici… Ma che cosa bevono? Bevono una vita piena di stanchezza e noia?

Penso a Michel nel silenzio di quel bosco che non ha trovato un modo per urlare il suo malessere, a cui forse lui stesso faticava a dare un nome, affidando ai mille interrogativi di chi è rimasto il compito di ricomporre il puzzle dei suoi pensieri e delle sue angosce di adolescente.

Penso a Giorgio dentro la sua stanza eternamente collegato alla rete, chiuso all’interno della sua stanza e delle sue menate, stanco di tutto e di tutti con l’unica speranza di non essere mai staccato da quel mondo virtuale che mescola realtà e finzione, dove lo specchio dell’anima diventa quella chat che continuamente cattura la mente rendendola desktop, immerso in un’esperienza dove nessuno lo capisce e dove nessuno vuol far entrare.

Penso a Filippo che, disperato e all’insaputa dei genitori, bussa alla porta chiedendo aiuto per suo nonno che è stato catturato da quelle malefiche macchinette e ora trova nel nipote quindicenne l’unica speranza di essere considerato ancora un uomo.

Devastati e assuefatti dalla vita già a 14 anni: soldi che non mancano, sostanze reperibili ovunque a basso costo, poco controllo, troppo da dire… Faticano a raccontarsi a esprimere ciò che provano, a dare un nome alle loro emozioni, ed è chiaro che quel che al momento viene loro proposto come ipotetica fonte della loro libertà è ciò che immediatamente li attanaglia e li schiavizza.

È difficile capire dov’è la soddisfazione in questa vita artificiale e virtuale che spesso si creano, eppure da qualche parte qualcosa trovano, anche se fatichiamo a comprenderlo con i nostri occhi e con il nostro pensiero lineare e razionale. ‘Mi spaventa il silenzio’ ci dicono ‘ho paura quando sento il mio malessere interiore e allora ciò che conta per me è non stare senza fare’.
  • Ma nel prossimo futuro quale sarà l’aspirina per il disagio?
Come intervenire per dare risposte alla disperazione della mamma che vede giorno per giorno spegnersi a soli 17 anni quel suo figlio tanto desiderato? Quando penso a quella famiglia distrutta, a quei minori che vivono in casa propria senza che nessuno si accorga di loro, non posso fare a meno di chiedermi che cosa penseranno nella loro solitudine, mentre non trovano risposte ai loro bisogni.

La grossa difficoltà è stare nel rapporto con l’altro, avvicinarsi alla sua disperazione, ma non lasciarsi vincere o travolgere. Si fatica e questa fatica a volte necessita di sguardi che vanno al di là di quell’orizzontalità umana a cui siamo abituati.

I loro sentimenti, le loro emozioni, i loro pianti nascosti spesso messi in rete chi mai li incontra? Eppure sono tutti segnali e richieste di aiuto che inviano attraverso bottiglie gettate in un oceano in balìa delle onde e della corrente, sperando che qualcuno le raccolga e insieme a esse raccolga anche tutta la loro disperazione che ancora non riescono ad esternare direttamente.

E allora che fare? Oggi i giovani non riescono più a comunicare, perché faticano a trovare qualcuno sintonizzato sulla loro stessa frequenza e che si metta in condizione realmente di capire, di ascoltare e di prevenire…

Mentre li ascolti, facendoli ragionare su tutto ciò, scopri che nei loro pensieri, nei loro racconti, vi è un grosso potenziale al quale dobbiamo per primi credere e sostenere per poter cambiare questo mondo che perdutamente ci porta a una chiusura di rapporti e di relazioni e ci conduce in una realtà che non riconosciamo e non ci soddisfa, perché manca di espressioni di contentezza e di felicità.

Incontrare i giovani e stare nella relazione con loro necessita una preparazione non solo specialistica e nozionistica, ma umana e spirituale. È questo che si porta all’altro durante l’incontro ed è questo che resta all’altro quando ci si lascia.

I giovani devono poter intravedere il modo non solo di mettere in discussione fino in fondo il loro stile di vita, ma anche di prefigurarsi delle ipotesi di cambiamento, costruirsi quell’ “alternativa” essenziale per abbandonare definitivamente i loro schemi e diventare così consapevoli di sé, delle proprie scelte, delle proprie emozioni e del mondo che ci circonda, soggetti d’esperienza e protagonisti attivi della propria vita. Spesso trovare in quel giovane che ti sta accanto le risorse è la strada paradossalmente più efficace e sconvolgente per noi e per loro. È fondamentale saper guardare oltre ciò che noi vediamo di sbagliato nei loro comportamenti e atteggiamenti e rivalutare la persona con le proprie capacità e ricchezze.

Per fare ciò dobbiamo anche imparare a fare silenzio dentro di noi, toccare e far vibrare la frequenza del cuore. È cosa ardua, ma necessaria e che non può non essere ricercata oggi quando stiamo con loro.

Quanto è distante il mondo sommerso del potere da quello drammaticamente concreto e reale della gente. Dal basso tanto si sta muovendo, le persone sono stanche di non poter decidere e agire, di essere governate da questi burattinai invisibili.

Più stiamo con i giovani e più ci accorgiamo che il tempo è poco e non basta. Dobbiamo aggredire il disagio, ma facendo in fretta perché ciò che ti riportano oggi i giovani domani potrebbe essere troppo tardi da affrontare!

Oggi è fondamentale rimboccarsi le maniche in prima persona e pensare di dedicare loro del tempo, a volte in maniera non prevedibile, perché il malessere delle persone ti coinvolge completamente e a volte si fatica a capirne il limite.
  • Non è fermando, ma è solo mettendo dentro una nuova qualità di vita, dei nuovi interessi, delle nuove attenzioni, che le cose possono cambiare.
Solamente insegnando nuove rotte di navigazione e rendendo le loro imbarcazioni più solide i nostri giovani potranno costruire una nuova cultura vincente e dominante.


*Simone Feder. Psicologo, lavora da anni nelle strutture della comunità Casa del Giovane di Pavia dove è coordinatore dell'Area Giovani e dipendenze. Giudice onorario presso il Tribunale per i Minorenni di Milano.

Partner della formazione

ConfiniOnline fa rete! Attraverso la collaborazione con numerosi enti profit e non profit siamo in grado di rivolgere servizi di qualità a costi sostenibili, garantendo ampia visibilità a chi supporta le nostre attività. Vuoi entrare anche tu a far parte del gruppo?

Richiedi informazioni