Mettere insieme alcune delle migliori idee e delle proposte di addetti
ai lavori, studiosi, professionisti al servizio dei nuovi amministratori
locali per far rifiorire la generatività nelle nostre città. Questo è
l'obiettivo del libro-manifesto delle città del ben-vivere che
presentiamo proponendo le sintesi dei vari contributi. (Scopri di più
su:
http://benecomune.net/articolo.php?notizia=2074)
L’infelicità
e la povertà di senso della vita sono dovute spesso alla mancanza di
idee in grado di mettere in moto i desideri e la volontà. Il libro vuole
essere una ricetta contro questa pericolosa malattia e proporre ai
nuovi amministratori locali pensieri e azioni generative per le nostre
città
Dalla crisi finanziaria in poi il nostro paese è
precipitato in una sfida molto difficile e sta vivendo una vera e
propria “carestia di speranza”. La carestia di speranza è crisi di
visione di futuro e si riflette inevitabilmente in un inverno
demografico e in un crollo di domanda di investimenti perché i due
pilastri del nostro vivere relazionale e produttivo (la famiglia e
l’impresa) non nascono e sopravvivono senza fiducia nel futuro. I dati
dell’Istat testimoniano queste difficoltà indicando anche una riduzione
significativa della quota di italiani che si dichiarano molto felici. La
soddisfazione di vita non è altro che un’indicazione sintetica che
cattura il declino su numerosi fattori che incidono sul nostro
benessere: il peggioramento delle condizioni del mercato del lavoro (non
solo tasso di disoccupazione ma anche qualità e stabilità del lavoro) e
l’arretramento del benessere economico dal 2007 ad oggi in primis.
Come
ci ricorda l’ultimo Rapporto Mondiale sulla Felicità l’Italia è
l’ottavo peggior paese nel mondo come declino della soddisfazione di
vita dei suoi cittadini nell’arco degli ultimi otto anni. Sperando e
lavorando per un cambiamento delle condizioni macroeconomiche non
possiamo aspettare che sia la sola BCE a risolvere i nostri problemi.
Girando il paese in lungo e in largo siamo tutti testimoni di tantissime
buone pratiche ed idee creative che possono aiutarci, partendo dal
basso, dalla società civile e dalle amministrazioni locali.
E’ da
questa riflessione che è nata l’idea di mettere alcune delle migliori
idee di addetti ai lavori, studiosi, professionisti al servizio dei
nuovi amministratori locali per far rifiorire la generatività nelle
nostre città. Il libro-manifesto delle città del ben-vivere nasce con
queste intenzioni. Piuttosto che ragionare in astratto sul cambiamento
(cosa che come studiosi facciamo ampiamente) abbiamo pensato fosse utile
concentrare lo sforzo di chi ha contributo sintetizzando le proposte
più importanti ed innovative. Ne è nato un collage ricchissimo che mette
assieme cooperative di comunità, amministrazione di beni comuni
condivisi, fiscalità premiale che stimola le virtù civiche dei
contribuenti a costo zero per le finanze pubbliche, tavoli di
cooperazione partecipata, acceleratori di capitale sociale per il sud,
smart working, finanza etica, soluzioni per il contrasto all’azzardo,
per la sostenibilità ambientale, per le politiche sociali, sanitarie e
familiari e molto altro.
Il libro è un dono che vogliamo fare ai
nuovi eletti consapevoli della difficoltà del loro compito, nella
disponibilità a cooperare e collaborare sulle soluzioni indicate. La sua
ambizione è quella di promuovere e sostenere la rivoluzione della
sussidiarietà e dell’economia civile. Ovvero l’idea che dobbiamo passare
da un’economia a due mani (dove i cittadini sono passivi e aspettano da
mercato e istituzioni la soluzione dei loro problemi) ad un’economia a
quattro mani dove le idee ed iniziative, della cittadinanza attiva della
società civile e dei corpi intermedi aiutano il buon mercato e le buone
istituzioni a costruire società del ben-vivere orientate al bene
comune.
In moltissime delle proposte avanzate troverete infatti
un filo comune che ci propone attraverso iniziative e realizzazioni sul
campo una visione meno angusta e limitante dell’uomo, dell’impresa e
della persona aiutandoci ad allargare la mente ed uscire dalle gabbie
che ci siamo creati e che ci impediscono di dare pienezza e fertilità al
vivere sociale.
La comunità dei cittadini può essere luogo
dell’homo homini lupus, dei conflitti e delle passioni tristi degli
homines economici che pensano che la loro felicità dipenda solo
dall’arricchimento personale e dal consumo compulsivo di beni e vedono
l’altro (e lo straniero in primis) come rivale o avversario nella
contesa per le risorse e nella gara per lo status. E chiedono
l’intervento di uno Stato leviatano, forte ed autoritario che riesca
nell’impossibile compito di frenare e regolare i loro appetiti. O può
invece diventare luogo dove i cittadini si educano reciprocamente e
pazientemente a sviluppare l’arte della cooperazione e della fiducia,
producendo capitale sociale e sfruttando così le risorse della
superadditività che moltiplica il risultato dei nostri sforzi. Può
essere pertanto una comunità di cittadini responsabili e generativi che
fanno nascere attività imprenditoriali che guardano all’impatto oltre
che al profitto creando valore economico in modo socialmente,
ambientalmente e finanziariamente sostenibile.
La transizione da
un modello all’altro dipende solo dalla nostra responsabilità e dal
nostro agire. L’infelicità e la povertà di senso della vita sono dovute
spesso alla mancanza di fantasia e di idee in grado di mettere in moto i
nostri desideri e la nostra volontà. E il nostro libro vuole essere una
ricetta contro questa pericolosa malattia offrendo ai nuovi
rappresentanti dei cittadini, alle imprese, alla società civile e ai
corpi intermedi un portafoglio di idee per rendere ricche, felici e
generative le nostre città.