In tre anni l’OltrEconomia ce l’ha fatta: a Trento è nato un festival che racconta l’altra faccia dell’economia ed oggi è in grado di dare voce ad una società civile che dà segni evidenti di avere bisogno, attraverso la mobilitazione e la partecipazione, di strumenti attivi per la costruzione di politiche economiche alternative. (Scopri di più su: https://oltreconomia.info/documento-finale-oef16/)

L’OEF 2016 ha costruito quest’anno un discorso articolato attorno al tema delle migrazioni. Ha tentato di uscire dall’emergenzialità di un’informazione acritica per analizzare invece in profondità la dimensione bellica e geopoltica, la militarizzazione, l’attivismo e la controinformazione, la difesa ambientale e la valorizzazione del ruolo della donna, all’interno di una società in cui la democrazia è sotto lo scacco delle politiche delle privatizzazioni, delle lobby economiche, delle spinte xenofobe.

Per abbattere i confini che impediscono la libera circolazione delle persone, ed alzare i muri verso l’iniqua circolazione di capitali.

I conflitti ambientali ed economici sono causa di sfollamenti forzati, profughi e ondate migratorie violente verso luoghi ritenuti più sicuri e in cui viene riposta la speranza di una vita degna.

Oltre ai cambiamenti climatici acutizzati dall’attuale modello energetico dei combustibili fossili, le devastazioni ambientali provocate dall’uomo, il sistema economico estrattivista e accaparratore di ricchezze sono genesi di tali conflitti.

Dinamiche economiche e produttive che aprono all’interno dei singoli Stati profonde fratture del tessuto sociale, ampliano le disuguaglianze, producono devastazioni ambientali, impoverimento e conseguente spopolamento di intere regioni.

Megaopere, estrattivismo, sfruttamento intensivo agricolo e industriale, landgrabbing, modelli energetici onnivori, finaziarizzazione delle risorse e della natura, erosione degli ambiti democratici, divisione sessuale del lavoro, sono matrice e al tempo stesso strumento dello sfruttamento.

L’attuale sistema economico produttivo che, come in un unica grande guerra, si articola dal locale al globale, accaparra risorse, accumula profitti e impoverisce territori, crea disuguaglianze tra gli stati, tra le popolazioni e fra persone all’interno dei singoli stati.

A livello globale la disputa tra i poteri economico finanziari internazionali per il controllo di intere aeree strategiche al fine di assicurarsi l’accaparramento di risorse e materie prime a basso costo, in particolare energetiche, si traducono e si acutizzano in conflitti violenti e guerre.

La guerra, come ogni guerra, contiene e amplifica in sé gli elementi distintivi e politici di ogni forma di accaparramento e privazione, ed è causa di imponenti flussi di persone che partono dai territori martoriati – come Libia, Siria, Iraq e Afganistan – e giungono alle porte dell’Europa.

E i così detti “luoghi della crescita” hanno alzato barriere e fili spinati, fisiche e normative, per respingere ed escludere, per differenziare i migranti violando diritti fondamentali e attuando politiche di esclusione.

Ma un Paese chiuso tra le sue mura – concrete o intangibili, ma altrettanto reali – è un Paese fermo. Un Paese morto. E’ quindi possibile aprirsi solo attraverso la demolizione collettiva di ogni ostacolo, di ogni barriera che limita la piena riconquista dei propri spazi, dei propri diritti, della propria autonomia decisionale, della propria libertà di movimento.

E’ quindi necessario abbattere contestualmente all’interno del nostro Paese, in Europa e in ogni luogo, le mura dell’esclusione e dell’apartheid sociale, che producono ovunque disuguaglianze, devastazioni ambientali, accaparramento delle risorse, impoverimento ed emarginazione; e solo per una infinitesima parte della popolazione accumulo di risorse, ricchezza e privilegi.

Un’analisi emersa con forza dall’OEF 2016 anche attraverso la lettura della società con le lenti di genere: l’economia capitalista per ragioni storiche e politiche, è maschile e intrisa di individualismo competitivo.

Un mondo in preda al dogma dell’accumulazione ha creato rigide barriere economiche, politiche e culturali.

Tanto nel cosiddetto Sud del mondo, come nel Nord, la divisione sessuale del lavoro è statisticamente rilevante, con le donne relegate in posizioni subordinate nell’economia e nella società: un modello economico capitalista e patriarcale che ha a lungo reso invisibile e devalorizzato tanto la natura quanto le donne, e che può essere definito come una della chiavi di volta della crisi ecologica in atto.

Ma le crisi, evidentemente parti strutturali del sistema produttivo, attraversano il nostro tempo e rendono visibile un protagonismo femminile che disegna un’alternativa possibile: la valorizzazione del ruolo della donna vuole oltrepassare il concetto stesso di competizione, le attuali regole di mercato e di potere.

La crisi ecologica in particolare racconta di donne in prima linea per la difesa dell’acqua, della terra, della vita, in molti territori di conflitto.

Alternative possibili, quindi, che vogliono abbattere i muri esistenti, che mirano al superamento della dicotomia di produzione e riproduzione così come quello tra uomo e donna.

Abbattere i muri interni, qui e in ogni luogo, significa organizzare, qui e in ogni luogo, quei conflitti sociali, quelle mobilitazioni diffuse e plurali che, da un lato, erodono le cause stesse delle guerre, delle migrazioni, delle disuguaglianze e dell’impoverimento dei territori, dall’altro, attraverso le pratiche del comune, ampliano la sfera dei diritti sociali, la difesa dell’ ambiente, la partecipazione democratica e inclusiva dei territori.

L’OltrEconomia si conferma, perciò, uno spazio importante di dibattito e confronto in grado di analizzare in profondità i processi economici, sociali e culturali in corso; al tempo stesso, il festival, promuove e rilancia alcune proposte e iniziative politiche in atto a livello locale e globale.
  • Assumiamo l’impegno di proseguire il percorso attorno all’equità di genere, strettamente connessa alle lotte contro lo smantellamento del welfare e dei servizi pubblici e l’accaparramento delle risorse.
  • Sulla base degli stimoli e spunti delle esperienze di attivismo che operano nelle diverse zone di frontiera nello spazio europeo e che sono emerse dall’Oef 2016, proponiamo di strutturare un lavoro di monitoraggio e supporto dei migranti lungo l’asse del Brennero. Da Verona fino al confine con l’Austria lo scopo principale sarà quello di fornire informazioni legali ai migranti e verificare che non ci siano abusi e violazioni dei diritti, rivendicando nel contempo la loro libertà di movimento. Inoltre rilanciamo quelle mobilitazioni a livello nazionale ed europeo, come il No Border Camp di Salonicco, che vogliono cambiare radicalmente le politiche europee sull’immigrazione, attivando pratiche solidali con i migranti in tutto il loro percorso migratorio, per aprire canali umanitari che mettano fine alle morti in mare e per garantire un’accoglienza dignitosa.
  • Sosteniamo inoltre le prossime mobilitazioni in difesa dei diritti sociali, dell’ambiente e dei beni comuni in atto nel nostro Paese. Come la raccolta firme arrivate a 300 mila per sostenere i Referendum Sociali contro la Buona Scuola, gli inceneritori, le trivelle, e la petizione popolare contro il decreto Madia sulla privatizzazione dell’acqua e dei servizi pubblici locali.
  • Rilanciamo, a livello internazionale, la lotta contro la firma del TTIP il Trattato transatlantico di libero commercio tra Stati Uniti e Unione Europea, le cui fasi di negoziazione entreranno nella fase finale tra luglio e ottobre. Una articolata fase di mobilitazione è prevista a Bruxelles a luglio. In autunno una manifestazione europea di tutti i movimenti e forze sociali impegnate in questa battaglia tenteranno di riportare nelle mani delle popolazioni la capacità di decidere sul proprio futuro: per dire NO al TTIP, per dire No a ogni muro e barriera, e per aprire, senza confini, ogni territorio alla ricomposizione sociale.
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