Londra, un paio di settimane fa. Non la solita asta di beneficienza, ma un evento che, in tempi dove muri vengono eretti a dividere e impedire, ha impartito una lezione che scavalca non solo i confini geografici, ma anche quelli delle generazioni e della storia. Il protagonista di questo inatteso gesto di solidarietà che ha dato uno scossone all’opinione pubblica e al mondo dell’arte è Joan Punyet Miró, erede di un cognome che non passa inosservato e destinatario di un passaggio di testimone votato all’attenzione per il prossimo, specie se in difficoltà. Un nipote che ha scelto di staccarsi dal valore - economico e familiare - dei ricordi, mettendo in vendita le opere d’arte del nonno per una causa che - ne è certo - lui avrebbe condiviso e approvato.

La cifra raccolta alla fine della giornata organizzata in collaborazione con la casa d’aste Christie’s sfiora i 70 mila euro e per intero è stata destinata alla Croce Rossa della Catalogna, nell’intento di contribuire alla gestione dell’emergenza legata all’arrivo di profughi e rifugiati in fuga dalla Siria. Il ricavato sosterrà soprattutto progetti di integrazione e programmi educativi per i figli della diaspora.

Un momento intenso e di elevato spessore emotivo che ha onorato la memoria di Miró: le litografie messe all’asta includevano le più famose “Le Fantôme de l’atelier” (1987), “Paysanne aux Oiseaux” (1981, miglior vendita della giornata) e la serie “Les Montagnards”, ma tutte le opere sono state in realtà vendute a più di quanto stimato nella fase di pre-vendita. In effetti, anche se Miró è conosciuto per lo più per i suoi dipinti, anche i lavori litografici sono considerati parte essenziale della sua pratica artistica di sperimentatore indefesso, che rivedeva in continuazione le proprie creazioni.

Quello onorato durante l’asta londinese non è solo un debito verso uomini e donne vittime di dinamiche globali che sollevano interresponsabilità collettive prima ancora che dei singoli. E’ anche un debito personale verso la Croce Rossa, che nel 1965 salvò l’unica figlia del celebre pittore spagnolo prestandole soccorso in un incidente e cure durante la convalescenza e aprendole così il futuro a diventare madre di Joan Punyet. Il nonno aveva già in parte ritenuto di dover dimostrare la propria gratitudine regalando alla Croce Rossa l’arazzo dal titolo “Tapís de Tarragona”, ma il nipote ha sentito di doverla confermare, celebrando la memoria di un uomo che avrebbe certamente fatto lo stesso.

Proprio Miró, infatti, trascorse gran parte della sua vita in esilio, fuggendo da zone di guerra. Durante la guerra civile spagnola trovò rifugio a Parigi, dove spesso soffrì la fame, e nel 1940, con l’invasione nazista della Francia, fu costretto a ritornare in Spagna. Rimase sempre sensibile alle difficoltà vissute da migranti e profughi e si prodigò per aiutare le persone più svantaggiate e in situazioni di disagio, conscio che la vita non è sempre facile per nessuno e che non c’è cosa peggiore di un esilio forzato. Senza dimenticare un monito: quello che sta succedendo oggi in Siria domani potrebbe accadere in Spagna. O dovunque nel mondo, perché nessuno può ritenersi immune dalla minaccia delle guerre - e dalle conseguenze provocate. Basti pensare che dal 2011 quasi 5 milioni di persone sono fuggite dalla Siria e la gravità della situazione percorre ogni giorno le strade dei nostri Paesi e di quelli più vicini a noi.

Di questo probabilmente in molti ne sono consapevoli, se l’iniziativa ha avuto successo oltre lo sperato. Certo ha influito il fatto che il nome dell’artista surrealista morto nel 1983 a 90 anni fosse noto e stimato, ma la solidarietà ha avuto un peso altrettanto significativo per la buona riuscita dell’iniziativa. Lo sottolinea e conferma il commento di Lucia Tro Santafé, della casa d’aste più famosa al mondo, mettendo in luce le sfide che ci attendono, indipendentemente dall’ambito professionale in cui ci muoviamo: “le persone sono consapevoli della terribile crisi sociale che investe il nostro tempo e in tanti sentono un legame etico e morale nei confronti di istituzioni come la Croce Rossa. E’ un segnale da cogliere per lavorare di nuovo insieme”. 

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