Il commercio di legname illegale sottrae all’economia
mondiale tra i 10 ed i 15 miliardi di dollari all’anno in entrate
fiscali espropriando di fatto alcuni Paesi e molte persone dei loro
potenziali redditi. Anche la deforestazione legale poi, se mal pianificata o insostenibile finisce per degradare vaste aree di foresta ricche di carbonio e di habitat vitali per la fauna selvatica, contribuendo così al cambiamento climatico e alla perdita di biodiversità. Per questo il 13 maggio è stato formalizzato dall’Unione europea e dalla Fao
un accordo per un finanziamento di 30 milioni di dollari a sostengno
di una nuova fase del programma forestale della Fao per l’applicazione
della Forest Law Enforcement, Governance and Trade (FLEGT) che sarà in vigore fino al 2020.
Circa 18 milioni di dollari saranno a carico dell’Ue, 7,25 milioni
verranno dalla Gran Bretagna e 5,3 milioni dalla Svezia con l’obiettivo
di intensificare gli sforzi congiunti per migliorare la gestione delle
foreste e promuovere il commercio del legname ottenuto legalmente nei
Paesi tropicali produttori. Un modo per “ridurre non solo l’impatto
ambientale del disboscamento illegale e mitigare il cambiamento
climatico, ma anche di far aumentare i redditi e la sicurezza alimentare
delle comunità forestali, migliorandone l’accesso ai mercati nazionali e internazionali” hanno spiegato Ue e Fao in una nota congiunta.
Per René Castro Salazar, direttore generale aggiunto della Fao per il Dipartimento foreste, “Grazie a iniziative globali come la FLEGT, dal 2002 ad oggi la produzione di legname illegale è diminuita di circa il 22%.
La nuova fase dell’FLEGT offre un’importante opportunità per
condividere le lezioni apprese attraverso tutti i settori, poiché è
diventato sempre più chiaro che saranno necessari ampi partenariati per
ridurre la perdita di foreste, la vulnerabilità alimentare e mitigare il
cambiamento climatico”. Anche secondo Veronique Lorenzo, della Direzione generale della Commissione europea per la cooperazione e lo sviluppo internazionale, “Sempre nuove prove confermano
che il Programma FLEGT ha portato ad una migliore gestione delle
foreste in tutti i paesi di destinazione. La FAO continua così a dare un
contributo significativo, fornendo assistenza tecnica e risorse alle
parti interessate. La nuova fase si prevede estenderà questo lavoro in
paesi strategici, in particolare coinvolgendo il settore privato”.
Una
parte fondamentale del finanziamento servirà, infatti, ad eliminare
alcuni degli ostacoli alla produzione di legname legale potenziando le
aziende forestali di piccole e medie dimensioni in Africa, in America
Latina, nei Caraibi e in Asia, aziende che danno lavoro a circa 140
milioni di persone. “L’idea è di aiutarli a essere legali, ad avere accesso ai mercati verdi e diventare partecipanti attivi nella gestione sostenibile delle risorse forestali”
si legge sempre sulla nota. Fino ad oggi il programma FLEGT della Fao
ha sostenuto oltre 200 progetti in circa 40 paesi tropicali produttori
di legname e alcune delle iniziative più promettenti in fase di
sperimentazione implicano l’utilizzo di nuove tecnologie per monitorare
in modo efficiente la provenienza del legno e promettono di essere un
motore per l'economia. In Colombia per esempio il programma sostiene l’uso di applicazioni Android per
rafforzare i meccanismi di tracciabilità e di controllo da parte delle
autorità ambientali, un sistema simile a quello sperimentato nei Paesi
del bacino del fiume Congo quali Camerun, Costa d’Avorio, Repubblica
Democratica del Congo e Congo.
Ma mentre l’Unione sposa così la
nuova agenda per lo sviluppo internazionale che ha incluso la gestione
sostenibile delle foreste come uno degli obiettivi di sviluppo da qui al
2030, in Polonia la Bialowieza, una delle ultime foreste millenarie intatte dell’Europa, è in pericolo.
Questa foresta situata lungo il confine tra la Bielorussia e la Polonia
ospita gli alberi più grandi del continente assieme all’ultimo grande
mammifero selvatico d’Europa, il bisonte. Solo il 16% di questa foresta è
però protetto dallo status di parco nazionale e altre piccole
percentuali sono protette dall’Unione Europea e dall’Unesco. Adesso,
come ha denunciato il network internazionale Salva le Foreste, “il nuovo ministro dell’ambiente polacco Jan Szyszk ha deciso di aprire la foresta al taglio commerciale”
visto che “il legno resta a marcire in quanto gli abeti vengono uccisi
dal Bostrico dell’abete, un coleottero che divora la corteccia
dell’abete rosso”. Per Salva Foreste però “In gioco non ci sono gli abeti rossi in decomposizione, ma evidenti interessi commerciali” visto che “gli scienziati hanno sbugiardato le ragioni scientifiche del taglio promosso dal governo polacco”.
“Se
permettiamo che diventi una foresta produttiva, perderà il suo valore e
la sua biodiversità e ci vorranno centinaia di anni per porre rimedio a
questa distruzione” ha detto Rafal Kowalczyk, direttore dell’Istituto di ricerca sui Mammiferi di Bialowieza,
ricordando che “in aree dove l’abete non riesce a rigenerare, sarà
rapidamente sostituito da altre specie, come carpine e tiglio, più
adatte alle nuove condizioni ambientali. Inoltre, una foresta naturale è
e deve essere ricca di legno morto: non è uno spreco, come sostiene il
ministro, ma un habitat essenziale per un gran numero di invertebrati e
di altri animali". A quanto pare solo il 57% degli alberi da
abbattere hanno a che fare con alberi colpiti dal famelico coleottero,
il cui legno è economicamente inutilizzabile. Le imprese del legno sono
invece interessate agli albori sani, possibilmente ai grandi alberi
secolari. Ma il guadagno dei venditori di legname è nulla se
paragonato al valore dell’ultima grande foresta di pianura ancora
intatta il cui taglio taglio anche di aree limitate rischia di spazzare
via intere specie animali.