Pianeta Smart. Lo Stato italiano sul banco degli imputati a Strasburgo: martedì, 17 maggio, la Corte dei diritti dell’uomo lo ha formalmente accusato di non avere tutelato la vita di 182 persone dagli effetti negativi dell’inquinamento prodotto dallo stabilimento siderurgico Ilva di Taranto. Le motivazioni: «Lo Stato non ha adottato tutte le misure necessarie a proteggere l’ambiente e la salute» dei cittadini. (Scopri di più su:
http://www.aggiornamentisociali.it/easyne2/LYT.aspx?Code=AGSO&IDLYT=769&ST=SQL&SQL=ID_Documento%3D14608)
Il riferimento in particolare è ai 9 “decreti salva-Ilva” in 5 anni (l’ultimo approvato il 12 gennaio 2016), che hanno consentito il proseguimento dell’attività siderurgica, nonostante la correlazione di questa con la morte e la malattia di centinaia di tarantini (dal 1998 al 2010 sono morte a Taranto almeno 386 persone per cause direttamente riconducibili all’emissioni inquinanti dello stabilimento).
Due considerazioni. La prima riguarda il conflitto tra diritti fondamentali, quello all’ambiente salubre - e dunque alla salute - e quello al lavoro. È inevitabile che in un contesto democratico i diritti siano spesso in concorrenza tra di loro; ma è possibile stabilire una corretta gerarchia di valori e dunque di diritti? Prevale il diritto al lavoro o quello a un ambiente salubre? I molteplici decreti a salvataggio dell’attività siderurgica sembrano mostrare che talvolta il primato della protezione della salute umana sia subordinato a quello della libertà d’impresa e del mercato.
La seconda considerazione ci porta al principio “Chi inquina paga”, cardine della politica ambientale europea e italiana, in base al quale chi è all’origine di fenomeni di inquinamento o, in senso più ampio, di danni causati all’ambiente, deve farsi carico dei costi necessari a riparare l’inquinamento o il danno.
Siamo oltre la stretta vicenda di cronaca, ma forse non dobbiamo dimenticare che ci troviamo di fronte non a due crisi separate, ambientale e sociale, bensì a una sola e complessa crisi socio-ambientale (cfr Laudato Si’, n. 139). Che sia questo il momento favorevole per includere la giustizia nel rispetto dei diritti e nella messa in pratica del principio “chi inquina paga”? Troppo spesso chi non inquina paga più degli altri, ma una svolta etica nell’affrontare la crisi socio-ambientale ha bisogno di un orizzonte in cui ai poveri venga data un’importanza strategica, per evitare di continuare ad alimentare una società degli scarti.