Per capire il mondo c’è sempre bisogno di un amico. Soprattutto quando l’amico è un siriano perfettamente integrato in Italia, che ci fa capire con grande sensibilità i drammi del suo Paese. (Scopri di più su: http://it.gariwo.net/editoriali/lamico-siriano-che-parla-a-tutti-noi-15028.html)
  • Analisi di Gabriele Nissim, presidente di Gariwo
Possiamo leggere tanti articoli di politica estera sulla grande tragedia della Siria, ma niente può sostituire il racconto personale di chi segue quegli avvenimenti, non solo per un senso di appartenenza, ma con il desiderio di renderci partecipi di una sofferenza che solo i miopi possono pensare che non ci riguardi.

Ho la fortuna di essere amico di Shady Hamadi, ma sono convinto che chi leggerà il suo ultimo libro, Esilio dalla Siria, sentirà il bisogno di ascoltare in modo diverso tutti i siriani che vivono nel nostro Paese.

Shady ci spiega subito che ha sviluppato un’identità molteplice. Figlio di un siriano musulmano perseguitato dal regime e di una donna cristiana, si autodefinisce come italiano, europeo e siriano e ci racconta che la sua fede, dopo che per anni i suoi genitori nella sua infanzia non vollero imporgli una religione, è quella di “un musulmano-cristiano”, innamorato della misericordia, di Gesù e di Dio.

Vuole così farci capire due cose fondamentali. Non esistono muri tra le identità, come pensano tanti in Europa - che hanno nostalgia delle appartenenze etniche -, ma l’identità è sempre qualcosa che si evolve e si trasforma, sia in chi arriva da noi come migrante, sia in chi accoglie con amore l’altro.

L’amicizia è sempre il ponte attraverso cui mondi differenti possono dialogare e ritrovarsi in nome della ricerca continua della verità, come aveva suggerito Lessing, al tempo dell’illuminismo tedesco, quando era il portavoce del dialogo tra ebrei e tedeschi.

Shady vive la sua fede in modo molto originale. Ha ritrovato l’Islam, perché vuole scoprire il punto comune che lo lega alle altre religioni. Ciò che è importante per lui è la ricerca di senso che può accomunare cristiani, musulmani ed ebrei, ma anche credenti e non credenti. Ecco perché se la prende con coloro che vedono nell’Islam dei migranti soltanto un pericoloso veicolo al terrorismo e alla separazione, e non invece un bisogno esistenziale a cui bisogna sapere rispondere.

Shady per la sua storia famigliare è stato capace di vedere il mondo da differenti punti di vista, come italiano, come arabo e come europeo. Ecco perché riesce, con questo sguardo allargato, a comprendere dinamiche della Siria che sfuggono alla maggioranza dei commentatori, ma forse anche a molti arabi e siriani.

Con i suoi racconti ci trasmette quella parte della rivoluzione siriana contro il potere di Assad, che oggi con l’avvento dell’Isis rischia di essere completamente rimossa.

Tutto partì nel 2011 da un grande movimento non violento che non cercava vendette, contrapposizioni, rivalse religiose, ma soltanto una grande umanizzazione del potere politico. C’erano ragazzi come Ghayath Matar e Yahiya Sharbaji che si presentavano alle manifestazioni porgendo acqua e rose ai soldati, nel tentativo di fare breccia nelle loro coscienze. Ancora nel febbraio del 2011 c’erano centinaia di giovani ad Hama che cercavano un dialogo pacifico in piazza con il Ministro dell’Interno Said Mohammad Sammour, per chiedere il rilascio di alcuni giovani arrestati.

Erano “i momenti più belli” di un’istanza di libertà e di giustizia che poteva far pensare a un cambiamento nel solco delle democrazie occidentali. Poi cominciarono le repressioni più spietate da parte di un dittatore che non solo faceva torturare gli oppositori nelle prigioni, ma che usava il gas contro la sua stessa popolazione.

Shady vuole ricordare quei momenti di gioia e di speranza non solo per sottolineare la scarsa empatia europea nei confronti di quel movimento, ma anche perché, come spiega la Arendt, ci sono momenti della vita pubblica di una nazione che se anche finiscono male possono però anticipare l’idea di un possibile mondo futuro.

Sono esempi morali universali - come è accaduto a Budapest nel 1956, a Praga al tempo di Dubcek durante la famosa primavera o a Buenos Aires con il grande movimento delle donne a Plaza de Mayo - che lasciano un segno nella storia dell’umanità, se ci sono dei testimoni che li raccontano.

L’attivista per i diritti umani - così ama definirsi Shady nella sua lotta contro l’indifferenza - polemizza con coloro che come Romano Prodi, dopo la crescita dell’Isis, continuano a ritenere che le società arabe non siano mature per la democrazia e rimpiangono i dittatori del passato come Gheddafi, fino a giustificare i vari Al Sisi n Egitto, e persino lo stesso Assad in Siria.

Sostenere che il male integralista si possa sconfiggere soltanto con la repressione dei dittatori significa togliere ai giovani arabi la speranza per un futuro normale e spingerli nella disperazione.

Shady, però, vuole anche valorizzare i momenti dell’opposizione plurale e pacifica perché è preoccupato che sulle macerie della guerra, qualora si arrivasse ad una tregua e alla fine di Assad, si possa scatenare nel Paese una contrapposizione violenta tra alawiti e sunniti, tra laici e religiosi, in una lunga catena di vendette. Se fine ci sarà alla dittatura e alla violenza, il grande problema diventerà quello della conciliazione e dell’unità del Paese.

Nelle sue ultime pagine l’autore si interroga sull’Isis, ricordando come esso sia nato dall’umiliazione e dalla sconfitta, dalla corruzione dei regimi, dall’utilizzo che ne hanno fatto non solo la Turchia e l’Arabia Saudita, ma anche Putin e lo stesso Assad, che si sente legittimato, quando massacrando l’opposizione si può presentare come il paladino laico della resistenza ai fondamentalismi.

È tutto vero, ma l’integralismo terrorista non può essere solo spiegato soltanto come un fenomeno provocato dalle colpe degli altri, che si potrà risolvere quando si troverà soluzione alle ingiustizie nel Medio Oriente o al disagio dei musulmani di fronte a molti stereotipi che circolano in Europa sulla natura della religione islamica. Il radicalismo integralista islamico rappresenta un pensiero molto forte e sofisticato che, dai Fratelli Musulmani ad Al Qaeda e all’Isis di Al Bagdadi, esercita un grande fascino in una parte dei musulmani, al pari dell’ideologia fascista e comunista nell’Europa nel secolo scorso.

Senza una grande e seria battaglia ideale sarà difficile pensare alla sua fine.

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