Commenti. L'editoriale di Altreconomia 182. Il papa che visita a Lesbo il "Moria refugee camp" e il fallimento del referendum del 17 aprile scorso sono i due eventi chiave dell'aprile 2016. Il primo è un gesto maiuscolo, eretico (Francesco ha portato con sé a Roma 12 rifugiati), il secondo c'ha insegnato quanto il potere sappia essere arrogante ed irrispettoso. Incapace di Giustizia, che è il significato del quadro del Mantegna esposto al Louvre. (Scopri di più su: http://www.altreconomia.it/site/fr_contenuto_detail.php?intId=5665)
  • di Pietro Raitano
Al Louvre di Parigi c’è un quadro che Andrea Mantegna ha dipinto a cavallo tra il ‘400 e il ‘500. Si chiama “Il trionfo della Virtù” ed è quasi un trattato filosofico per immagini. È una composizione complessa eppur equilibrata, una scena vibrante, quasi teatrale con alte siepi che si sviluppano in archi a fare da quinte. Dalla sinistra, armata di elmo, lancia e corazza, la dea Minerva -che rappresenta le doti intellettuali della mente umana- caccia i Vizi dal giardino delle Virtù. Poco più a destra, l’Accidia, trascinata dall’Inerzia, è raffigurata senza braccia: un’allusione alla sua incapacità di produrre. Nel cielo, la Giustizia è raffigurata con spada e bilancia, la Fortezza con la clava di Ercole, la Temperanza con una brocca d’acqua (sta per “non eccedere col bere”). In fuga, in basso a destra, l’Ignoranza -raffigurata con una corona in testa- è portata a braccia dall’Avarizia e dall’Ingratitudine.

Oltre 150 anni dopo Jan Vermeer dipinge “La pesatrice di perle”, custodito oggi alla National Gallery di Washington. La scena è domestica, intima; ma un dipinto raffigurato sullo sfondo (è un giudizio universale, in cima si staglia la figura del Cristo giudice) chiarisce che il quadro è un’allegoria della Giustizia: e la bilancia in equilibrio perfetto tenuta dalle dita della ragazza simboleggia l’imparzialità di giudizio e la capacità di soppesare ogni cosa.

Aprile ci ha dato due eventi -uno mondiale, l’altro nazionale- da studiare bene e ricordare per il futuro. Il primo è stato la visita-lampo che papa Francesco ha fatto a Lesbo, in Grecia, al “Moria refugee camp”. Era con i suoi omologhi ortodossi, il patriarca di Costantinopoli Bartolomeo e l’arcivescovo di Atene Hieronymos. “Noi andiamo ad incontrare la catastrofe umanitaria più grande dopo la Seconda guerra mondiale”, ha spiegato Bergoglio ai giornalisti. Il Papa è poi tornato in Italia con 12 rifugiati, accolti in Vaticano.

Un gesto maiuscolo, eretico, un sovvertimento del pensiero, uno schiaffo sul volto intorpidito di chi si volta dall’altra parte, e si disinteressa di quel che accade a un passo da casa sua. I professionisti dell’odio e i benpensanti razionalisti sono ancora là che balbettano.

Il secondo è il referendum del 17 aprile scorso, fallito per non aver raggiunto il quorum, ovvero perché non ha votato il 50% più uno degli elettori aventi diritto (siamo arrivati al 32%, circa 16 milioni di persone). Questa tornata elettorale ci ha insegnato molto. Nel metodo, che la macchina mistificatoria è potente ed efficace: consiste nel distrarre, nel far parlare d’altro, nell’attribuire significati diversi allontanando da quelli reali, nell’usare il particolare per attaccare il generale. Tutto questo porta lo scontro su un piano che non ha soluzione, ed è solo tafferuglio. Così non esce una posizione chiara e i fautori dell’astensione vincono. Ci ha insegnato anche che il potere è arrogante e irrispettoso.

Nel merito, ci sfida sul piano della comunicazione. Se tutti noi che siamo stati a favore del “Sì” fossimo stati più bravi a “tradurre” il quesito referendario sottolineando la vera partita in gioco, forse le cose sarebbero andate diversamente (ad esempio: “Volete che le multinazionali di gas e petrolio paghino royalties sulle piattaforme off shore e si accollino il costo di smantellamento e compensazione ambientale degli impianti, come peraltro era previsto fino al 28 dicembre 2015? Sì o no?”).

Ha scritto il professor Antonio Di Grado: “Oggi non solo il potere è polverizzato, ma è astratto, virtuale, sovrapersonale: perciò chi dice di combatterlo non sa e non può suggerire la sostituzione o la riparazione d’un suo infinitesimo e irrilevante tassello, e perdersi in un gioco illusorio di specchi. Perciò, se non è più a quelle sagome che bisogna mirare, occorrerà frantumare quegli specchi, per eliminarne il riflesso mendace sulla nostra distorta e passiva percezione del reale. Occorrerà in altre parole pensare diverso: abbandonare i vecchi ragionamenti appresi dai notiziari e dalle tribune e la logica stessa, intimidatrice e abitudinaria, che li articola”.

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