La crisi internazionale che attraversiamo è frutto di scelte sbagliate, funzionali agli interessi globali dei gruppi economico-finanziari che detengono gran parte della ricchezza del pianeta. (Scopri di più su: http://www.arcsculturesolidali.org/it/2016/05/05/riaffermare-il-valore-della-cooperazione-e-della-solidarieta-internazionale/)
  • di Filippo Miraglia, presidente ARCS
Si tratta di decisioni politiche messe in atto dai governi e dai soggetti internazionali che operano formalmente in nome dei cittadini o della comunità internazionale, ma che concretamente curano gli interessi dei gruppi economici ai quali spesso sono legati, direttamente o indirettamente.

Una crisi che ha aumentato la ricchezza di pochi e la povertà di tanti, ha aggravato lo sfruttamento del territorio e gli squilibri ambientali, ha favorito l’evolversi dei conflitti in forme sempre più violente e incontrollabili.

La crisi economico-finanziaria ha viaggiato quindi in parallelo alla crisi umanitaria internazionale. Le connessioni tra gli interessi delle multinazionali e i conflitti globali, soprattutto dopo l’11 settembre del 2001, sono evidenti. I cittadini e le cittadine hanno sempre meno strumenti per controllare le scelte dei governi, affidate progressivamente a organismi tecnocratici che, dietro l’apparente neutralità, si occupano in realtà di tutelare soprattutto gli interessi delle multinazionali e dei grandi gruppi economico-finanziari.

Questo scenario, che vede anche la crisi dell’idea stessa di democrazia, ci consegna una responsabilità maggiore e ci impegna a promuovere iniziative collocate in una strategia capace di produrre cambiamenti reali.

Le contraddizioni e le ingiustizie del modello di sviluppo dominante hanno conseguenze gravi sulla vita di milioni di persone.

Nel 2015 più di 60 milioni di persone hanno dovuto abbandonare le proprie case, per fuggire da guerre, disastri ambientali e persecuzioni. Un numero mai così alto dal dopo guerra.

A questa crisi umanitaria l’Europa risponde con i muri e con un’idea di cooperazione che risponde sempre più a interessi ‘interni’, di consenso o economici.

La cooperazione non è più basata sulla solidarietà ma sullo scambio, sul baratto tra interessi diversi. Quelli di Erdogan, ad esempio, che vengono sostenuti dai contribuenti europei (6 miliardi), in cambio della chiusura della frontiera greco-turca, funzionale al consenso elettorale dei governi dell’Ue. C’è bisogno di rilanciare un’idea di cooperazione e di solidarietà internazionale che sia sempre più lo strumento principale della diplomazia dal basso, la diplomazia delle organizzazioni sociali, dei militanti dei diritti umani, della pace e della giustizia sociale.

L’Arci e la sua Ong Arcs, dopo il recente congresso di quest’ultima, hanno le carte in regola per poter dare un contributo – a partire dal radicamento territoriale, dalla rete di relazioni internazionali costruite in tanti anni di lavoro, dalle competenze ed esperienze maturate nel campo della cooperazione, della cultura, dei diritti dei migranti e dei rifugiati – alla diplomazia sociale di cui c’è bisogno oggi per ridare un significato positivo alla parola cooperazione e rilanciare un’idea di solidarietà e giustizia che parta dai bisogni concreti dei popoli e non dagli interessi di ristretti gruppi di potere.

Questo sarà l’obiettivo principale del nostro lavoro nei prossimi anni.

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