In una vera democrazia il Parlamento ha l’ultima parola su qualunque tipo di decisione. Eccetto che negli accordi commerciali, o almeno così sembra. Una clausola del CETA (Accordo Economico e Commerciale Globale) permetterebbe che gran parte dello stesso possa entrare in vigore senza aver bisogno dell’accordo del parlamento, inclusa la controversa protezione degli investimenti garantita dall’ISDS (Risoluzione delle Controversie tra Investitore e Stato)! (Scopri di più su:
https://stop-ttip.org/it/blog/addio-democrazia-benvenuto-ceta/?noredirect=it_IT)
Proprio in questo momento, dirigenti e funzionari di tutt’Europa stanno segretamente preparando l’entrata in vigore del CETA usando questo espediente, che consentirebbe all’accordo di decorrere dal momento in cui il Consiglio dell’Unione europea avrà dato il suo consenso, senza il bisogno di interpellare i parlamenti europei. Un espediente, il loro, che il Ministro tedesco dell’Economia ha dichiarato essere
“perfettamente democratico”.
Credete sia tutto? Reggetevi forte: grazie ad una sentenza ben nascosta a pagina 228 dell’accordo, gli Stati membri dell’Unione Europea sarebbero soggetti alle eventuali cause legali da parte delle aziende persino nel caso in cui i primi abbiano votato contro il CETA – per tre lunghi anni! L’articolo 30.8 del
CETA afferma che i ricorsi avviati in virtù dell’ISDS possono essere presentati entro tre anni dalla data di sospensione o dalla terminazione dell’accordo”.
Ricapitoliamo: i dirigenti esecutivi stanno facendo pressione per una “attuazione provvisoria” del CETA. Secondo il canadese Steve Verheul, responsabile delle negoziazioni, ciò significa che
il 95 per cento dell’accordo potrebbe decorrere se 15 sui 28 governi degli Stati membri dell’UE dovessero dare il loro consenso. Di questo 95 per cento dell’accordo farebbero parte le corti per i contenziosi con le aziende, secondo quanto ammesso da
Bernd Lange, il Presidente della commissione del Parlamento Europeo per il commercio internazionale.
In altre parole, il CETA potrebbe entrare in vigore senza il consenso del Parlamento Europeo, né di alcun parlamento nazionale!
L’accordo messo in atto in maniera provvisoria rimarrebbe definitivamente in vigore pur non essendo mai stato discusso in un parlamento, in quanto non esisterebbe alcuna scadenza entro la quale votare per redendere l’accordo pienamente vigente.
E non finisce qua! Per l’Unione Europea non vige alcun obbligo giuridico ad uscire dal trattato,
come riferito dal comitato scientifico del Parlamento tedesco. Anche se il parlamento di uno Stato membro volesse respingere il CETA, per poter abbandonare il trattato sarebbe necessario il voto del Consiglio, il quale non viene direttamente influenzato dalle decisioni parlamentari: la decisione presa democraticaticamente dal tuo Parlamento non avrà alcun peso.
Pur supponendo che i dirigenti europei tengano in considerazione la decisione presa da rappresentanti eletti (cosa che ci si aspetterebbe in una democrazia) e scelgano di sospendere il trattato, i paesi europei sarebbero ancora soggetti ad azioni legali da parte delle aziende per i tre anni a seguire, come stabilito dalla breve clausola a pagina 228!
Il caso della Russia fornisce un esempio emblembatico dei rischi di tale cavillo legale: nel 2014 fu costretta a pagare $50 miliardi per via di una causa secondo ISDS resa possibile da un trattato che il paese implementò solo in via provvisoria e che decise di abbandonare nel 2009. Tuttavia, a causa di una clausola simile a quella nel CETA, la Russia dovette pagare comunque.
Riepilogando: un accordo con gravi conseguenze per la nostra democrazia entrerà in vigore tramite attuazione provvisioria, il che comporta che non sarà discusso da alcun organismo democraticamente eletto; inoltre, anche se l’accordo venisse eventualmente sospeso, le sue clausole più rischiose non cesserebbero di esistere.