L'Istat misura il senso civico. Oltre il "familismo amorale"? L'Istat scende in campo per rilevare il senso civico degli italiani. (Scopri di più su: http://www.labsus.org/2016/03/il-senso-civico-degli-italiani/)
L’Istat scende in campo per misurare il senso civico (civicness) degli italiani. L’indagine sugli “Aspetti della vita quotidiana”, che fa parte di un sistema integrato di indagini sociali – le Indagini Multiscopo sulle famiglie – rileva le informazioni relative alla vita quotidiana degli individui e delle famiglie e quest’anno si arricchisce di elementi nuovi.

Dalle informazioni generali sull’indagine pubblicate sul sito dell’Istat emerge che sono state inserite due sezioni delle quali una (la 31) mira a misurare il senso civico, mentre la seconda (la35) misura i valori generali. A queste si aggiungono sezioni specifiche volte a verificare l’atteggiamento verso singoli comportamenti quali, copiare a scuola (sezione 32), la percezione dei cittadini rispetto alla possibilità d’influenzare le decisioni locali (sezione 33), l’atteggiamento rispetto all’inclusione sociale (sezione 34), l’atteggiamento verso la corruzione (sezioni 36 and 37).

Le domande principali sono poste in maniera tale da sondare la propensione a giustificare l’eventuale deroga, in determinate circostanze, alle più comuni regole del vivere civile: non pagare il biglietto sui mezzi pubblici, gettare i mozziconi in terra, parcheggiare in divieto di sosta, non pagare le tasse. Non manca il riferimento ad attività che riguardano le giovani generazioni (copiare a scuola) perché forse il senso civico se non si costruisce fina dalla giovane età, difficilmente potrà essere recuperato in seguito.


Che fare?

A riprova del fatto che il senso civico non è un percorso a senso unico e non implica solo un “non” fare qualcosa, ma anche un atteggiamento propositivo, il questionario prevede due domande interessanti: una inerente l’impegno diretto da parte dell’intervistato nel cercare di risolvere i problemi o migliorare la zona in cui abita e l’altra inerente la possibilità di influenzare le decisioni degli amministratori locali.

L’Istat sembra voler verificare la possibilità che si sia innescato un corto circuito che unisce la disaffezione per la cosa pubblica allo scarso civico, attraverso un percorso che passa attraverso la sfiducia nella possibilità di poter cambiare le cose, sia attraverso l’impegno personale che quello delle istituzioni.


Oltre il familismo amorale?

A partire dall’accusa di “familismo amorale” lanciata da Banfield nella sua opera Le basi morali di una società arretrata (1958), recentemente ripubblicata dal Mulino, e dal lavoro di Putnam, Le tradizioni civiche delle regioni italiane (1993) il senso civico degli italiani è stato più volte oggetto di osservazione da parte degli studiosi. Ragioni storiche e culturali sembrerebbero essere alla base dello scarso senso civico degli italiani, evidenziando come quelli che per certi aspetti sono i tratti caratterizzanti della società italiana, possono facilmente tramutarsi nei suoi punti deboli.

Ciò che l’indagine Istat potrebbe evidenziare è che rispetto al passato (o forse in linea con esso), si ha l’impressione che il senso civico degli italiani sia vittima di un percorso non virtuoso che lo lega indissolubilmente ad uno scarso senso della cosa pubblica e, in alcuni casi, ad una scarsa presenza dello Stato. La tendenza ad assolversi nel compimento di determinate azioni – mi sento autorizzato a gettare il mozzicone in terra se “per terra è già sporco o se non ci sono cestini dei rifiuti” – potrebbe essere rivelatrice dell’assenza di un rapporto virtuoso che unisce i cittadini italiani alle istituzioni e alla ricostruzione del quale sarebbe opportuno lavorare.

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