Forse l'esperienza migliore su cui costruire la propria tesi di laurea è quella che si è vissuta in prima persona. Soprattutto se quell'esperienza ti ha tenuto compagnia per quasi due decenni: i primi della tua vita, quelli in cui scolpisci la materia grezza di cui sei fatto dandole il volto di ciò che diventerai.
Annachiara Bortolotti l'ha fatto, raccontando ed esaminando la propria infanzia e la propria adolescenza in una tesi di laurea in Scienza della formazione, discussa nel 2003 all'Università di Verona. Il cuore del suo lavoro riguardava gli oltre sedici anni vissuti al Villaggio SOS di Trento, dove è entrata quando aveva diciotto mesi e che ha lasciato quando aveva diciotto anni.
Quella tesi è diventata ora qualcosa di più: un libro, che l'editore Curcu & Genovese ha mandato in stampa lo scorso aprile. E che si intitola L'altra famiglia - Storie e percorso di affido al Villaggio SOS.
In quelle pagine, dense di ricordi passati al microscopio della propria anima, Annachiara rivive gli anni vissuti accanto alla sua mamma e ai suoi fratelli SOS. Una lunga analisi personale, in cui ogni aspetto - dai momenti di felicità alle ombre del dramma personale - viene riportato alla luce dal solaio del passato e spolverato affinché, sotto una luce nuova, dia di sé un immagine definitiva.
Un libro per capirsi e capire; per dare una risposta domande centrali: cosa accade se, quando hai diciotto mesi, il servizio sociale ti allontana dalla tua famiglia per affidarti alle cure di un'altra persona? Come si vive fino alla maggiore età in una famiglia allargata, con nuovi fratelli e sorelle? Qual è l'esperienza di una ragazza che si fa donna vivendo la realtà dell'affido al Villaggio SOS di Trento?
Scrivendo, Annachiara ha tentato - e trovato - risposte che non contemplassero puntini di sospensione. In questa lucida e non facile disamina di se stessa e del proprio passato si è fatta aiutare da ragazzi e ragazze che ora, come lei un tempo, vivono al Villaggio. Li ha intervistati, e nelle loro parole ha trovato uno specchio in cui riflettere se stessa. Ha poi raccontato la vita al Villaggio - com'era e com'è -, ha affrontato il punto di vista psicologico della vicenda, ha compulsato libri su libri (come testimonia la ricca bibliografia che correda il lavoro).
Insomma, non ha lasciato nulla al caso. Piuttosto, ha tracciato sulla mappa della propria anima un percorso di sofferenza e amore, di solitudine e paura, di riscatto e orgoglio, di voglia di rileggere la complessa realtà dell'affido e di fare informazione su di essa. E ha disegnato una storia personale trasformandola nel racconto di un'esperienza collettiva.