di Angelo Pasquarella
Se
usiamo la logica industriale, basata su tempo, luogo e processo,
applicandola a lavori non governati dalla rigidità dei ritmi e
dalla rigidità del modello organizzativo, possiamo cadere nella
trappola burocratica che consiste nel proliferare di lavori e compiti
al di là della loro effettiva utilità. Si dice, ed è vero, che le
prassi burocratiche tendono a moltiplicarsi e ad occupare tutto il
tempo disponibile prescindendo dal concreto risultato aziendale che
con il lavoro si persegue. Ma come si moltiplica il lavoro
burocratico? La radice sta nella pretesa di regolare
organizzativamente, attraverso minuziose procedure, ogni attività e
la scintilla parte normalmente dagli errori e dagli arretrati che
fatalmente ne conseguono. Errori e arretrati generano sempre un certo
scandalo all’interno degli uffici afflitti dal virus burocratico in
quanto, se c’è una cosa intollerabile per la burocrazia, è la
deviazione rispetto alla prassi definita. Iniziano pertanto le
ricerche dei colpevoli che però, nelle burocrazie, non sono mai
identificabili perché i numerosi meccanismi di controllo disperdono
le responsabilità su tutta la catena di comando. Tutt’al più si
genera, si conserva e tenersi ben stretta la figura di un “capro
espiatorio”, che merita una trattazione a parte.
Di
fronte ad esempio ad un arretrato cronico la cosa più logica da fare
è quella di domandarsi che cosa stia generando l’arretrato e se
possa essere diminuito da revisione di processo (servono veramente
tutte le cose che stiamo facendo? Se servono le facciamo nel modo più
efficiente ed efficace? Esistono strade alternative per ottenere il
risultato? Cosa possiamo semplificare per ottenerlo? ecc. ecc.)
Questi
ragionamenti, nella logica burocratica, vengono però accuratamente
evitati.
L’attenzione
insomma non si concentra sul risultato pratico da conseguire bensì
sull’attività da svolgere e l’arretrato da smaltire. Il più
delle volte se ne deduce che vi sono troppe attività da svolgere e
che quindi è necessario assumere un aiuto. Così si rende più
complesso il sistema che quindi richiedere impalcature aggiuntive per
i conseguenti “necessari controlli”.
Si
perviene insomma a esiti paradossali: frenetiche attività senza
nessuna utilità.
Chi
effettua analisi organizzative non smette di sorprendersi, partendo
dal risultato atteso e dal valore che a questo risultato è
associato, di quante siano le incrostazioni presenti accumulatesi
negli anni, dei controlli e dei ruoli che le contornano e soprattutto
dell’ignoranza del perché molte attività debbano essere svolte.
Si lavora moltissimo per non produrre niente …
Il
grande antropologo Bronislaw Kaspar Malinowski descriveva un simile
comportamento tipico delle tribù trobriandesi, nel libro del 1922:
“Argonauti del Pacifico occidentale”, che può essere una
metafora di quanto può accadere anche nelle nostre aziende:
“Il
trobriandese lavora spinto da motivi assai complessi di natura
sociale e tradizionale, mirando a obiettivi che non hanno certo molto
a che vedere con la soddisfazione di desideri presenti o con il
raggiungimento immediato di fini utilitari… Il lavoro non viene
eseguito sulla base del principio del minimo sforzo, ma , al
contrario, molto tempo e molte energie vengono spese per sforzi del
tutto inutili da un punto di vista pratico. Inoltre, il lavoro e lo
sforzo, invece di essere semplicemente mezzi in vista di un fine,
costituiscono in un certo senso dei fini in sé”.
Una
perfetta definizione di burocrazia…