Intervista all'avv. Andrea Gandini

Quali sono a suo giudizio i problemi che non solo imprenditori e manager ma anche gli enti no profit si trovano a dover affrontare?

Ci si misura spesso con due grossi problemi: quello della contraffazione e quello della concorrenza sleale. L’attenzione dei mass media e delle riviste di settore è quasi sempre indirizzata a denunciare la contraffazione e a individuare i rimedi anche giuridici a questo problema, che colpisce il Made in Italy.

Minore rilevanza sembra avere quello che pure è un reale problema e cioè la concorrenza sleale. Gli imprenditori sono consapevoli dell’importanza del libero mercato e ne accettano i rischi connessi. La concorrenza è il motore del libero mercato, ma deve essere leale.

Sono invece numerosi gli esempi di concorrenza sleale, contro cui gli imprenditori si sentono impotenti e giuridicamente non salvaguardati.

Quale è la posizione degli imprenditori?

Avvertono spesso che i loro sforzi in ambito di ricerca e di potenziamento del mercato vengono vanificati da un concorrente che ha messo in atto comportamenti sleali ed ha ottenuto, senza fare sforzi di ricerca o senza investimenti, e relativi costi, risultati simili che portano via spazi di mercato.

Esistono strumenti giuridici per difendersi da atti di concorrenza sleale?

Certamente: la concorrenza sleale è stata inquadrata nell’articolo 2598 del codice civile. Il codice civile descrive i comportamenti che vengono generalmente inquadrati in atti di confusione, atti di denigrazione, atti contrari alla correttezza professionale.

Possiamo chiarire meglio?

Certamente, sono gli atti in cui viene posto in essere un comportamento di imitazione volto a confondere il cliente sull’origine del prodotto, o atti di denigrazione sottile e diffusa, volti a squalificare il prodotto del concorrente, o atti contrari alla correttezza professionale, in cui rientra il vasto campo dello storno di dipendenti.

Quando c’è concorrenza sleale?

E’ evidente che, perché ci sia concorrenza sleale, deve esistere e deve essere dimostrata la volontà di recare danno all’azienda del concorrente e di togliergli uno spazio di mercato.

La concorrenza sleale riguarda, come ben sanno gli imprenditori, la concorrenza fra imprese non necessariamente operanti allo stesso livello economico o esercenti la stessa attività, essendo sufficiente l’incidenza delle rispettive attività su una stessa categoria di consumatori finali.

Come individuare se un’azienda concorrente si è comportata in modo sleale?

Per evitare errori nell’individuare se effettivamente un’impresa concorrente si sia comportata in modo sleale, occorre accertare se davvero esiste un contemporaneo esercizio di più imprenditori, in un ambito territoriale “potenzialmente” comune.

Questa definizione all’apparenza difficile è in realtà chiarissima all’imprenditore che, nel progettare lo sviluppo della sua azienda, dal punto di vista industriale o commerciale, anticipatamente individua potenziali concorrenti, non si spaventa, perché è consapevole della particolarità o diversità dei propri prodotti.

Come opporsi a tutto questo?

Prima di iniziare una causa presso i Tribunali, cosa che è “necessaria”, non dimentichiamolo, per difendere i propri diritti, occorre individuare con esattezza i termini del problema. In questo modo si evitano costi inutili e frustranti delusioni.

Che cosa occorre fare?

Occorre individuare in anticipo se la concorrenza sleale, avvertita a seguito di indagini di mercato o di risultati inferiori al previsto o di denunce da parte di persone che operano nell’azienda, abbia un fondamento.

Come si deve operare per capirlo?

Occorrerà che un consulente giuridico valuti con freddezza le testimonianze raccolte sul mercato in relazione ai successi dell’impresa concorrente che ha creato danni, chieda dati precisi sui prodotti confliggenti, accerti quale sia l’autentica datazione dell’immissione del prodotto sul mercato, richieda, in via riservata, attraverso una serie di questionari, quali siano le informazioni segrete uscite, che caratterizzavano il prodotto che è stato oggetto di concorrenza sleale.

Come proseguirà l’azione?

L’azione proseguirà anche nel verificare quale possa essere stato il terzo che ha permesso l’uscita di notizie. L’azione non è poliziesca, è solo la seria verifica attraverso il confronto di dati o di testimonianze dell’intuizione che un imprenditore o un manager hanno avuto.

Mi spiega meglio chi è questo “terzo”?

Senza entrare nel più vasto campo dello storno di dipendenti, meritevole di successivi approfondimenti, si può dire che spesso è proprio un terzo, inserito stabilmente od occasionalmente nell’organizzazione economica dell’azienda che lamenta un atto di concorrenza sleale, a tenere comportamenti o compiere atti a vantaggio di altro imprenditore, per istigazione o incarico specifico dello stesso.

E in questo modo compie atti contrari alla correttezza professionale.

Può essere individuato velocemente?

Contrariamente a quello che si pensa, può essere individuato con alto grado di probabilità, con le relative conseguenze sul piano personale e patrimoniale, a salvaguardia dell’impresa e del lavoro di molti altri dipendenti.

Contro la slealtà, allora, si può avere successo?

Nel momento in cui tutti gli sforzi dei piccoli o medi imprenditori sono volti a riorganizzare la propria azienda, a rinnovare macchinari per meglio competere, a internazionalizzare la propria presenza sui mercati, la lealtà dovrebbe essere alla base del pensiero diffuso.

L’esperienza insegna che non è così e quindi l’imprenditore deve con forza e nel rispetto delle regole ottenere che il suo sforzo economico non sia vanificato dalla furbizia imperante.

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